Il video di un incontro tra Giulio Regeni e l’uomo che lo denunciò
L'ha trasmesso ieri la televisione egiziana: mostra Mohammed Abdallah chiedere soldi a Regeni, che spiega di non poterglieli dare
Il 22 gennaio la rete televisiva egiziana Sada El Balad ha mostrato per la prima volta un video, girato il 6 gennaio 2016, in cui si vede Giulio Regeni – il dottorando italiano ucciso al Cairo un anno fa circa – mentre parla con Mohammed Abdallah, uno dei leader del sindacato indipendente egiziano dei venditori di strada, che qualche settimana fa ha detto di avere denunciato Regeni al ministero degli Interni egiziano, perché «faceva domande strane e stava con gli ambulanti per le strade, interrogandoli su questioni che riguardano la sicurezza nazionale».
Il video fu girato di nascosto da Abdallah, dura quasi due ore ed è stato acquisito mesi fa dagli inquirenti italiani che si occupano della morte di Regeni. L’estratto al momento disponibile online è invece di circa quattro minuti e si sente Abdallah che cerca di convincere Regeni a dargli parte dei fondi che Regeni aspettava di ricevere da una fondazione inglese, per finanziare le sue ricerche. Regeni – parlando in arabo – spiega di non poterlo fare perché quei soldi andrebbero appunto destinati alle sue ricerche. Regeni spiega di essere invece interessato ad avere informazioni sul sindacato dei venditori di strada.
Nel video Abdallah dice di avere una «situazione familiare disagiata» e Regeni risponde: «Questi soldi non sono i miei. Non posso utilizzarli a mio piacimento perché sono un accademico e non posso comunicare all’istituto britannico che intendo usare i soldi per fini personali». Regeni sparì a fine gennaio 2016 e fu trovato morto il 3 febbraio. I giornali scrivono che il video fu girato con una piccola telecamera nascosta che Abdallah ricevette dalla polizia egiziana, che gliel’avrebbe data per provare la sua denuncia nei confronti di Regeni. Inizialmente si era detto che Abdallah aveva denunciato Regeni il 7 gennaio; sembra invece che lo fece qualche giorno prima (e questo spiegherebbe perché il 6 gennaio aveva già quella telecamera).
Quando è stato ucciso, Regeni si trovava in Egitto per una tesi sui sindacati egiziani: in passato non aveva mai avuto problemi con la legge o legami con associazioni radicali. Sul suo corpo sono state trovate tracce di tortura, ma le indagini sono state spesso rallentate dall’ostruzionismo della polizia egiziana. Le prime ricostruzioni della polizia del Cairo parlavano di un incidente stradale, mentre nelle settimane successive, quando la morte di Regeni era diventata già un caso internazionale, il governo egiziano aveva dato un’altra versione dei fatti, sostenendo che Regeni fosse stato ucciso da una banda di rapinatori che prendeva di mira gli stranieri.
Le autorità e i giornali italiani sospettano invece che Regeni sia stato ucciso a causa del suo lavoro: furono i sindacati indipendenti a organizzare le rivolte e gli scioperi nelle industrie che portarono alla rimozione dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak, nel 2011, e due anni dopo furono di nuovo i sindacalisti a sostenere le proteste di massa che si conclusero con un colpo di stato contro Mohammed Morsi, il successore di Mubarak e leader dei Fratelli Musulmani.