Il “Buongiorno” della Stampa passa a Mattia Feltri
Il giornalista terrà da lunedì la storica rubrica in prima pagina di Massimo Gramellini, che lascia il giornale dopo 28 anni
Il Buongiorno, storica rubrica tenuta da 18 anni da Massimo Gramellini sulla prima pagina della Stampa, passerà da lunedì al giornalista Mattia Feltri, tra i più apprezzati del quotidiano. Secondo quanto aveva scritto il sito Prima Comunicazione, Gramellini passerà al Corriere della Sera per tenere una rubrica analoga al Buongiorno, ma intitolata il Caffè. Gramellini e Feltri hanno parlato sulla Stampa di com’è stata la rubrica fino ad adesso e di come cambierà: Feltri vorrebbe per esempio «dire ai propri lettori che c’è qualcosa che non va anche in noi, e non soltanto in chi comanda».
Gramellini: «Ero a Torino, sul tram. Un signore stava leggendo un mio articolo che partiva dalla prima pagina. Quando tentò di girare la pagina, spero per leggere il seguito, il giornale gli cadde per terra e lui sacramentò. Pensai: se riuscissi a essere così sintetico da restare dentro le venti righe, chiuderei il pezzo in prima e questo signore sarebbe più sereno. Il modello era, e rimane, Michele Serra. Poi ci fu il grande coraggio di Marcello Sorgi, direttore di allora, di farlo davvero: il Buongiorno prese forma in piazza San Carlo durante un pranzo con lui.
Il Buongiorno non è l’editoriale. È un pezzo strambo, che prende una storia che nessuno ha trattato o un aspetto laterale della storia principale. Venti righe, poi, sono comode da leggere ma complicate da scrivere. C’è una lettera in cui Voltaire dice a un amico: “Scusa se ti ho scritto tre pagine, ma non ho avuto abbastanza tempo per scrivertene una sola.”
All’epoca vivevo a Roma, non mi resi conto che tra i lettori della Stampa il Buongiorno era diventato un’abitudine. Lo compresi di colpo tre anni dopo, quando presentai a Torino la prima raccolta della rubrica all’Unione industriale. C’era una coda infinita per entrare e io chiesi: “Ma chi parla stasera nell’altra sala?”. Mi spiegarono che la coda era per me. Scrivevo sulla Stampa da una vita, tantissime volte in prima pagina, ed ero stato persino inviato di guerra in Jugoslavia. Eppure un signore del pubblico mi domandò: “Ma lei fino a tre anni fa che lavoro faceva?».
Feltri: «Quel libro io ce l’ho a casa con dedica e autografo di Massimo che me lo mandò prima che arrivassi alla Stampa. Di sicuro non ne leggerò neanche una riga, un po’ mi è venuta la tentazione, ma rimarrà negli scaffali. L’errore più grande che potrei commettere è quello di cercare di imitare Massimo. Ho imparato, anche per mie vicende personali, che l’unico modo di fare bene le cose è farle per come si è capaci. Se si prova a scimmiottare qualcun altro è un disastro assoluto. Quindi io cercherò di fare un disastro, ma non un disastro assoluto».