Gli errori di Salvini sui rifugiati
Dice che solo poche migliaia di migranti hanno diritto a restare, ma i numeri veri sono molto più alti
L’Italia non ha mai respinto così tante richieste d’asilo come nel 2016, ma ne accetta comunque molte di più di quante sostengono numerosi esponenti del centrodestra, tra cui il segretario della Lega Nord Matteo Salvini. Secondo i dati pubblicati giovedì dal ministero dell’Interno, nell’ultimo anno sono state esaminate in primo grado 90.473 richieste d’asilo e ne sono state respinte il 61,3 per cento, la percentuale più alta degli ultimi cinque anni e una delle più alte in Europa (qui il ministero dell’Interno ha pubblicato gli ultimi dati). Le domande accolte sono state circa 35 mila, che però sono molte più delle poche migliaia di cui parlano spesso politici e giornali di centrodestra. A queste peraltro andrebbero aggiunte le domande respinte in primo grado ma accolte nei gradi successivi. Il ministero dell’Interno non ha mai voluto pubblicare questi dati.
Salvini e i giornali più vicini al centrodestra sembrano giocare sull’ambiguità del termine “rifugiato”. Se solo il 4-5 per cento dei richiedenti vengono considerati rifugiati, sostengono spesso più o meno apertamente, allora tutti gli altri devono essere considerati clandestini. È un ragionamento sbagliato per due motivi. Il primo: un numero sconosciuto di richiedenti asilo riceve lo status di rifugiato dopo aver fatto appello contro la decisione in primo grado. Non sappiamo quanti sono, ma secondo il presidente della Commissione nazionale asilo circa il 60 per cento dei ricorsi viene accolto.
Il secondo: oltre a quello di rifugiato (una persona che «rischia persecuzioni per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche»), le commissioni che si occupano di asilo possono concedere alle persone straniere altre forme di protezione che gli consentano di risiedere legalmente in Italia. Per esempio possono concedere la protezione sussidiaria. Ha diritto a questo status chi «rischia di subire un danno grave», come morte o tortura, in caso di rientro nel proprio paese. L’Italia è uno dei paesi europei che fa più ricorso a questo strumento: circa il 15 per cento delle domande ricevono questa risposta, contro una media europea di circa il 10. In Europa è molto più frequente assegnare lo status di rifugiato vero e proprio: in media poco meno del 40 per cento dei richiedenti riceve questo status, circa dieci volte più di quanti lo ricevono in Italia.
Infine lo straniero può ricevere la protezione umanitaria, se la commissione che si occupa del suo caso ritiene che lo straniero abbia diritto a rimanere in Italia per «altri motivi umanitari». In Europa soltanto Slovacchia e Italia utilizzano in maniera significativa quest’ultimo tipo di protezione. Nel 2016 più di metà della richieste di protezione internazionale accolte hanno avuto come esito la concessione della protezione umanitaria. Il numero di protezioni umanitarie concesse è cresciuto costantemente negli ultimi anni, a scapito delle protezioni sussidiarie e della concessione dello status di rifugiato vero e proprio.
In blu la percentuale di domande rifiutate, in giallo scuro gli status di rifugiato concessi, in giallo chiaro le protezioni sussidiarie e in arancione le protezioni umanitarie.
Questi numeri mostrano che negli ultimi anni le commissioni sono diventate progressivamente più severe nei loro giudizi. Tra il 2012 e il 2016 le decisioni sulle richieste di protezione internazionale sono più che triplicate, passando da 27 mila nel 2012 a 90 mila nel 2016. Contemporaneamente le domande accettate sono aumentate di appena un terzo. Nel 2012 erano state accolte 22 mila domande, passate nel 2016 a 35 mila. Secondo Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione, la causa di questa maggiore severità è in parte causata dalla tipologia di immigrazione che arriva nel nostro paese: «In Italia sbarcano pochi siriani, afghani e iracheni, che rischiano gravi persecuzioni nei loro paesi, ma arrivano molti pachistani, nigeriani e gambiani, i cui paesi di origine sono in una situazione di sicurezza molto più ambigua». Per molti di loro è difficile determinare con chiarezza se hanno diritto a qualche forma di protezione internazionale; anche per questo spesso si utilizza la protezione umanitaria, la meno forte delle tre, che deve essere rinnovata ogni anno.
Secondo Schiavone, ci sono anche cause politiche: «In Italia non possiamo parlare di commissioni effettivamente indipendenti: è una critica che facciamo da sempre. Le commissioni sono coordinate dal ministero dell’Interno e tra coloro che siedono al loro interno, uno è il prefetto e un altro è un componente della polizia di stato». È possibile che, di fronte all’aumento delle richieste di asilo, il ministero dell’Interno abbia chiesto alle commissioni un giro di vite sull’accettazione delle domande: «L’input politico, però, non verrà mai ammesso».