La differenza tra slavina e valanga
Sostanzialmente non c'è: si usano due parole per definire lo stesso fenomeno, ma per evitare confusione gli esperti consigliano di usare "valanga"
Negli ultimi giorni per raccontare la situazione all’Hotel Rigopiano, agenzie di stampa e giornali (compreso il Post) hanno utilizzato indistintamente i termini “slavina” e “valanga” per descrivere il distacco dal versante della montagna di una grande quantità di neve e di detriti che ha coperto l’albergo, nel quale si trovava una trentina di persone. I due termini sono sostanzialmente sinonimi e possono quindi essere utilizzati per descrivere la stessa cosa: una massa di neve (o ghiaccio) che d’improvviso si muove su un pendio, compromettendo la condizione di equilibrio nello strato nevoso fino a causare il distacco di grandi quantità di materiale, che inizia a viaggiare velocemente verso valle. Le cause del distacco possono essere numerose e diverse: naturali – per esempio dovute a un aumento della temperatura, a infiltrazioni d’acqua o a forti venti – oppure umane nel caso di passaggio di sciatori o veicoli in un punto meno stabile del manto nevoso.
Per evitare confusioni, l’Associazione Interregionale Neve e Valanghe (AINEVA) ha deciso e consiglia di utilizzare sempre “valanga” per descrivere il fenomeno, per lo meno nei suoi documenti tecnici e di divulgazione. L’AINEVA è una sorta di coordinamento tra le regioni e le province autonome dell’arco alpino: si occupa dello studio e della promozione della ricerca sulle valanghe, contribuendo anche alla formazione di chi si occupa di sicurezza in montagna.
Come fa notare la stessa AINEVA in uno dei suoi documenti, a “valanga” e “slavina” viene attribuito più o meno lo stesso significato dai principali dizionari ed enciclopedie.
Lo Zingarelli 2000
Valanga: massa di neve o ghiaccio che si stacca dalla sommità di un monte e precipita a valle slittando sui pendii, accrescendosi di volume durante la caduta.
Slavina: da lavina, massa di neve che scivola da un pendio montano.
Dizionario Garzanti della Lingua Italiana (1966)
Valanga: massa di neve che precipita a valle ingrossandosi progressivamente e trascinando con sé tutto quello che incontra.
Lavina: frana di neve bagnata che scivola da un pendio montano, di solito in primavera.
Enciclopedia Generale De Agostini Compact (1988)
Valanga: massa di neve che precipita lungo un pendio di una montagna ingrossandosi sempre più, trascinando seco altra neve e detriti e abbattendo tutto ciò che incontra. Le valanghe possono essere causate dal vento, da vibrazioni acustiche, dalla pressione dei piedi di un animale, ecc.
Slavina o Lavina: non citato.
I due termini, più la variante lavina, derivano dal Latino, come spiega Colin Fraser nel libro L’enigma delle valanghe, citato sempre nel documento della AINEVA:
Le origini dei nostri attuali termini “valanga” e “slavina” sono da ricercarsi nella lingua latina. Nei testi antichi erano chiamate “labinae” o “lavanchiae”. Lavanchiae è probabilmente di origine pre-latina, forse ligure, ed ha la stessa radice di “lave” che significa scorrere di fango o lava. Molto più tardi la confusione con il vocabolo francese “aval” (che significa “verso valle, all’ingiù”) produsse l’attuale vocabolo “avalanche”, usato in inglese e francese, da cui deriva “valanga” in italiano. Il termine si potrebbe applicare alla caduta di qualunque
materiale, ma quando lo si usa senza specificazioni ci si riferisce sempre alla caduta di neve. L’altro vocabolo latino labinae deriva da “labi” che significa “slittare, scivolare giù”. In seguito la parziale intercambiabilità delle lettere b, v e u originò molti termini propri di particolari regioni alpine come lauie, lavina, lauina e infine l’attuale vocabolo tedesco lawine, introdotto nell’uso corrente da Schiller e Goethe, da cui deriva il termine italiano “slavina”.