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  • Martedì 17 gennaio 2017

Pep Guardiola si è ingolfato

Perché uno degli allenatori più vincenti nella storia del calcio sta avendo molte difficoltà alla sua prima esperienza nel campionato inglese

Pep Guardiola a bordo campo durante l'incontro di Premier League tra Everton e Manchester City (Michael Regan/Getty Images)
Pep Guardiola a bordo campo durante l'incontro di Premier League tra Everton e Manchester City (Michael Regan/Getty Images)

La prima esperienza come allenatore in Inghilterra di Pep Guardiola è iniziata ufficialmente in estate, e nel migliore dei modi. Il suo Manchester City ha stravinto i preliminari di Champions League contro la modesta Steaua Bucarest e ha vinto pure le prime sei partite di campionato – tra cui il derby di Manchester – portandosi al primo posto in classifica. A inizio stagione in molti credevano che, nonostante la qualità delle altre squadre di Premier League e dei loro allenatori fosse molto alta, il City di Guardiola potesse ugualmente vincere a mani basse il campionato, grazie a una delle rose più forti della Premier, a cui bastava solamente un maestro della tattica come Guardiola per fare un ulteriore salto di qualità e diventare irraggiungibile per le avversarie. E invece, dopo sei mesi di campionato, il City di Guardiola è alle prese con una crisi di risultati che riflette direttamente i problemi incontrati da Guardiola nel suo ambientamento nel calcio inglese, profondamente diverso da quello dei posti in cui ha allenato finora. Il risultato: un uomo considerato già oggi come uno dei più importanti allenatori nella storia del calcio sta venendo criticato per il suo approccio al calcio inglese, mentre solo pochi mesi fa l’idea di mettere in dubbio le sue capacità non era passata per la testa a nessuno.

Il Manchester City ha accolto Guardiola in estate con una squadra di per sé già in grado di vincere, con grandi giocatori come Kevin De Bruyne, David Silva, Raheem Sterling, Vincent Kompany e Sergio Agüero. All’inizio del campionato il centrocampista spagnolo Xavi – considerato uno dei calciatori spagnoli più forte di sempre, e che conosce molto bene Guardiola dai tempi del Barcellona – aveva scritto un articolo sul Guardian per spiegare che secondo lui Guardiola era perfetto per il Manchester City, proprio per l’abbondanza di giocatori forti e molto tecnici in rosa.

Dopo le prime sei vittorie in campionato, e precisamente dalla sconfitta per 2 a 0 subita dal Tottenham a inizio ottobre, Guardiola ha visto nascere tutta una serie di problemi a cui probabilmente non era adeguatamente preparato, o a cui non aveva dato il giusto peso. Questi problemi hanno riguardato sia i singoli giocatori che l’assetto tattico della squadra.

Il portiere cileno Claudio Bravo, comprato in estate dal Barcellona perché Guardiola voleva un portiere bravo anche a giocare la palla con i piedi, non ha disputato una prima parte di stagione all’altezza delle aspettative, commettendo anche diversi errori decisivi per l’andamento di alcune partite. Il City inoltre gioca da inizio stagione senza il suo capitano, il difensore belga Vincent Kompany, alle prese con vari problemi fisici, e ha dovuto fare a meno per diverse partite di uno dei suoi giocatori più importanti, Sergio Agüero, perché squalificato in due diverse occasioni per sei giornate complessive in seguito a comportamenti antisportivi. L’ultima assenza di un certo peso è stata quella del centrocampista tedesco Ilkay Gündogan, che oltre ad aver saltato alcune partite per dei problemi a un ginocchio, a dicembre si è rotto il legamento crociato e ora dovrà stare fuori parecchi mesi.

Le settimane successive alla sconfitta con il Tottenham sono state le più difficili per Guardiola: per sei partite non ha più vinto, sia in Premier che in Champions League. Poi, da novembre, il City si è ripreso ed è tornato a vincere con regolarità, continuando però a pareggiare troppo per una squadra che ha l’obiettivo di vincere ogni torneo a cui partecipa. Il primo novembre il City ha sconfitto il Barcellona in casa per 3 a 1, dopo aver perso l’andata in Spagna per 4 a 0. Al termine della partita vinta in casa, Guardiola si era detto stupito dal risultato, perché a suo parere il City aveva giocato molto meglio la partita di andata.

Un mese dopo la vittoria contro il Barcellona, il City ha perso in campionato contro il Chelsea, pur meritando di vincere per quello che si era visto in campo per la maggior parte dell’incontro. Nella giornata successiva il City ha perso di nuovo, questa volta però contro il Leicester City di Claudio Ranieri, una squadra tornata alla normalità dopo l’ultima surreale stagione in cui ha vinto a sorpresa il suo primo titolo nazionale. Anche dopo le prestazioni più negative, Guardiola non ha mai criticato i suoi giocatori e ha ricondotto i cattivi risultati della squadra alle sue difficoltà nell’adattamento e nella comprensione del calcio inglese. Nella conferenza stampa al termine della partita persa contro il Leicester City, Guardiola ha detto: “Il modo in cui abbiamo giocato durante la stagione – eccetto qualche partita – è stato abbastanza buono, quindi non posso dire che i giocatori abbiano giocato male”.

Con il passare delle settimane e dopo altri risultati non entusiasmanti, la tranquillità di Guardiola nel giudicare la condizione del City è sembrata trasformarsi in un profondo senso di irritazione, soprattutto durante le interviste dopo le partite. Il 2 gennaio, dopo una sofferta vittoria per 2 a 1 in casa contro il Burnley, piccola squadra di bassa classifica, Guardiola si è presentato davanti ai giornalisti visibilmente irritato, rispondendo a monosillabi alle domande del giornalista che aveva di fronte e recriminando su alcune decisioni arbitrali, dicendo però di doversi abituare all’arbitraggio inglese. In quella partita il City aveva dovuto giocare per quasi un’ora con un uomo in meno e, a detta di Guardiola, l’arbitro non aveva fischiato molti falli a favore del City.

Il 6 gennaio, dopo aver vinto 5 a 0 contro il West Ham nella FA Cup, Guardiola, visibilmente più rilassato e sereno rispetto alle interviste rilasciate nelle ultime settimane, aveva detto: “Non ho intenzione di cambiare l’Inghilterra e, naturalmente, sarà l’Inghilterra a cambiarmi. È il motivo per cui sono venuto qui, per cambiare. È una bella cosa. Nella mia carriera da allenatore ho fatto sempre le stesse cose, per quindici o vent’anni, ed è noioso”. “Sono venuto qui e mi sono detto mille milioni di volte di cercare di adattarmi al calcio inglese nel modo in cui credo sia possibile farlo. Ma alla fine è sempre 11 contro 11, qui i campi sono più piccoli – o sembra che lo siano rispetto ad altri posti – e l’intensità del gioco, l’aggressività e la libertà di giocare per più tempo e con meno falli fischiati rende tutto un po’ più difficile”.

Prima di arrivare a dire questo, Guardiola ha dovuto capire il modo in cui si arbitrano le partite in Inghilterra (dove l’arbitro tende a non fischiare troppi falli), ha dovuto trovare una soluzione all’impossibilità di gestire il possesso della palla nel modo in cui era abituato al Barcellona in Spagna e al Bayern Monaco in Germania, perché in Inghilterra la palla resta molto più tempo per aria e le azioni sono più rapide, e si è trovato in difficoltà nel conciliare i ritmi elevati delle partite del calcio inglese al suo stile di gioco, che si basa su passaggi molto fitti tra i giocatori, sul controllo assoluto del centrocampo e degli spazi tramite il continuo movimento dei giocatori senza palla, che così forniscono sempre più di una alternativa al giocatore in possesso della palla. Il gioco di Guardiola subisce costantemente innovazioni tattiche, a seconda della squadra che allena e del paese in cui si trova, senza però mai sconvolgere il suo stile: in Inghilterra però questa formula non l’ha ancora trovata.

Dopo la vittoria contro il West Ham, domenica scorsa il City di Guardiola ha subìto un’inaspettata sconfitta per 4 a 0 contro l’Everton, che ha riportato la squadra al centro di critiche e discussioni. Lo stesso Guardiola sta ricevendo critiche da alcuni commentatori che lo reputano non abbastanza versatile per essere considerato uno dei migliori allenatori nella storia del calcio. “So che molte persone non sono d’accordo con me, ma controllare il gioco significa avere il possesso della palla per creare sufficienti occasioni da gol e concederne il minor numero possibile. Ed è quello che è successo. Ma quando l’Everton è arrivato per la prima volta davanti alla nostra porta ha fatto gol: Clichy ha perso la palla, loro sono partiti in contropiede e la nostra linea difensiva era impreparata. Per evitare che accada devi portare la palla in avanti. Ma a quel punto si perde il possesso, perché i nostri attaccanti sono i nostri attaccanti – piccoli di statura e molto tecnici, non il profilo di giocatori in grado di controllare lanci lunghi e dare il tempo alla squadra di salire – e ci troviamo con dieci uomini dietro il pallone”.

Contro l’Everton il City ha mostrato una certa difficoltà nel concludere le azioni d’attacco, cosa che accade da alcuni mesi e per cui Guardiola non sembra avere una spiegazione. Guardiola ha aggiunto poi che per il City non ci sono possibilità di rientrare nella corsa per il titolo, perché il distacco dal Chelsea è di 10 punti, che sono parecchi. Guardiola ha concluso la conferenza stampa dicendo: “Voglio vedere la squadra migliorare e migliorare e tornare ad avere confidenza con il gol. Quando questo accadrà soffriremo meno in difesa e i nostri attaccanti diventeranno più sicuri. Ora è dura per i giocatori. Io sono stato un giocatore e capisco quanto dura sia ora per loro. Stiamo provando qualsiasi cosa”.

Ora che Guardiola sembra aver individuato i principali problemi della squadra, ci vorrà del tempo prima che trovi anche delle soluzioni adatte. Negli ultimi dieci anni Guardiola ha sempre allenato le squadre più forti dei loro campionati e non ha mai affrontato tante difficoltà come ora. È probabile che il passaggio dalla Germania all’Inghilterra sia stato più complicato di quanto aveva immaginato, perché oltre al diverso stile di gioco si trova in un campionato con almeno sei squadre di altissimo livello, composte da alcuni dei migliori giocatori al mondo, allenate dagli allenatori più brillanti e capaci in attività.