La sinistra francese sceglie il suo candidato perdente
Giovedì c'è stato il primo dibattito delle primarie tra i sette candidati: ma quello che vince sarà messo malissimo alle elezioni vere
Tra meno di dieci giorni in Francia ci sarà il primo turno delle primarie della sinistra per la scelta del candidato che si presenterà alla elezioni presidenziali del prossimo 23 aprile. Giovedì 12 gennaio c’è stato il primo dibattito televisivo tra le sette persone che sono state ammesse alle primarie e, secondo diversi osservatori, non è stato entusiasmante: non è una buona notizia visto che, dopo cinque anni di Hollande, la sinistra è considerata in grande svantaggio rispetto alla destra. I prossimi due dibattiti si terranno il 15 e il 19 gennaio.
Le primarie e i candidati, intanto
Le primarie saranno il 22 e il 29 gennaio. Saranno primarie aperte alla “sinistra di governo”: oltre al Partito Socialista, i partiti che stanno collaborando all’organizzazione e che possono partecipare sono l’Unione dei democratici e degli ambientalisti, il Fronte Democratico e il Partito dei Verdi.
Alle primarie potranno votare tutti i cittadini e le cittadine francesi iscritti nelle liste elettorali, dovranno versare un euro al seggio e firmare un foglio in cui si dice che «si identificano nei valori della sinistra». Domenica 22 e 29 gennaio saranno aperti dalle 9 del mattino alle 7 di sera circa 8 mila seggi in tutta la Francia. Le richieste di candidatura sono state esaminate e approvate ufficialmente il 17 dicembre e quello è stato anche il giorno dell’inizio della campagna elettorale.
Ci sono diversi problemi e timori intorno a queste votazioni interne: saranno molto costose e c’è il rischio che l’affluenza non sarà molto alta. La sinistra francese è da tempo in crisi e i sondaggi dicono che c’è un’alta probabilità che il candidato socialista non arrivi al ballottaggio delle presidenziali: il fatto che da queste votazioni potrebbe dunque non uscire il futuro presidente della Repubblica non contribuisce né a renderle interessanti né a favorire la partecipazione. Un recente sondaggio dice che il 42 per cento degli intervistati è interessato alle primarie della sinistra, ma solo il 10 per cento è fiducioso che queste votazioni potranno migliorare l’immagine del Partito Socialista e del candidato che le vincerà.
La situazione delle primarie è poi piuttosto affollata. La principale ragione è che a differenza di molti altri presidenti del passato (Giscard d’Estaing nel 1981, Mitterrand nel 1988, Chirac nel 2002 e Sarkozy nel 2012) il presidente uscente François Hollande – che alla fine ha deciso di non presentarsi nemmeno – non è riuscito a imporsi come “candidato naturale” della sua area politica di riferimento per un secondo mandato, creando di fatto negli ultimi mesi una situazione di incertezza politica che ha favorito la crescita di altri candidati.
I sette candidati ammessi sono Jean-Luc Bennahmias, François de Rugy, Benoît Hamon, Arnaud Montebourg, Vincent Peillon, Sylvia Pinel e Manuel Valls. Dopo Valls, primo ministro fino a qualche settimana fa (si è dimesso proprio per candidarsi), i candidati più conosciuti sono Hamon e Montebourg. Arnaud Montebourg è l’ex ministro dell’Economia che dopo la crisi di governo del 2014 era stato sostituito, e Benoît Hamon è un ex ministro dell’Istruzione che ha 49 anni: entrambi rappresentano l’ala più a sinistra del partito e sono considerati dei “frondeur”, cioè interni al partito ma critici del governo di Valls e di Hollande. Jean-Luc Bennahmias, 62 anni, rappresenta l’Union des démocrates et des écologistes, e François de Rugy, 43 anni, è vice presidente dell’Assemblea nazionale e presidente di un piccolo partito ecologista. Sylvia Pinel, unica donna, è stata ministra nei governi Ayrault e Valls tra il 2012 e il 2016 ed è presidente del Parti radical de gauche. Vincent Peillon è un ex ministro della Pubblica Istruzione e ha 56 anni: nel 2014 ha smesso di fare politica per insegnare filosofia in Svizzera e scrivere romanzi polizieschi. La sua candidatura è stata una sorpresa: Peillon ha spiegato di voler evitare che Manuel Valls si affermi come nuovo leader del partito.
Il primo dibattito
A ciascun candidato sono state chieste le rispettive proposte per l’economia e la società, per la lotta contro la disoccupazione, il terrorismo e le disuguaglianze. Su alcuni punti i sette candidati hanno dimostrato di avere posizioni piuttosto simili, ma diverse risposte hanno messo in risalto le loro differenze, soprattutto su un argomento: l’istituzione di un reddito universale per tutti i francesi. Il dibattito è stato comunque senza particolari sorprese o attacchi espliciti di uno contro l’altro.
(Da sinistra: Arnaud Montebourg, Jean-Luc Bennahmias, François de Rugy, Benoît Hamon, Vincent Peillon, Manuel Valls e Sylvia Pinel, 12 gennaio 2017 – PHILIPPE WOJAZER/AFP/Getty Images)
Il disaccordo principale tra i candidati si è concentrato sul cosiddetto “reddito universale”, quello che da noi viene chiamato reddito di cittadinanza, cioè un reddito base mensile per tutti o per certe categorie indipendentemente dal fatto che abbiano un lavoro o meno. Il reddito minimo di cittadinanza oggi è tornato di attualità in molti paesi del mondo per i timori che i robot e l’intelligenza artificiale siano una minaccia per intere categorie professionali e per separare, di fatto, la sussistenza dal lavoro. La proposta, in Francia, è stata fatta da Benoît Hamon che è riuscito a imporla all’interno del dibattito pubblico in generale e dunque anche ai suoi avversari. Gli altri candidati, con l’eccezione di Jean-Luc Bennahmias, sono in disaccordo con la riforma di Hamon: Vincent Peillon ha detto ad esempio che si tratta di un’idea che «filosoficamente» pone «un grosso problema» e ha ricordato che la solidarietà «per secoli» si è basata sul concetto che «chi ha di più deve dare a chi ha di meno», Manuel Valls dice di volere «una società fondata sul lavoro» e François de Rugy ha negato che un reddito di base possa risolvere la disoccupazione. Tutti hanno detto che sarebbe comunque una riforma economicamente poco sostenibile.
I sette candidati si sono trovati d’accordo sul fatto di dover migliorare e investire sull’istruzione e tutti hanno sostenuto una cosa di cui si è parlato molto in Francia nelle ultime settimane: le cosiddette “esecuzioni mirate” di jihadisti all’estero, cioè le esecuzioni condotte con l’avallo del presidente della Repubblica e delle alte gerarchie militari di terroristi con passaporto francese in Iraq, in Siria e in altri paesi. I candidati hanno poi parlato della necessità di aumentare le risorse alle forze dell’ordine, ma non tutti si sono trovati d’accordo sulla proroga dello stato di emergenza sostenuta da Manuel Valls. Benoît Hamon crede che «ci si possa proteggere senza emergenza» puntando invece sul lavoro dei servizi segreti, Arnaud Montebourg vorrebbe «offrire come alternativa all’emergenza la nascita di una procura nazionale antiterrorismo», proposta già sostenuta da diversi candidati nelle primarie della destra.
Infine, i candidati hanno dichiarato al dibattito di avere gli stessi avversari politici: Marine Le Pen per il Fronte nazionale e François Fillon, vincitore delle primarie del centrodestra. Fillon è stato molto criticato: «Nessuno di noi potrà mai accettare che i francesi siano trattati in base alla loro capacità contributiva: se sei ricco sarai ben curato, sei povero non lo sarai» ha detto Vincent Peillon; «non c’è alcuna discussione tra noi sulla previdenza sociale o sulla salute, perché siamo tutti ben saldi a questi pilastri fondamentali della Repubblica», ha chiuso Manuel Valls.
I candidati hanno poi dovuto trovare una parola per definire il quinquennio di Hollande e Valls: «incompiuto», ha detto Hamon, «difficile da difendere», ha detto Arnaud Montebourg. François de Rugy e Sylvia Pinel si sono dimostrati invece i meno critici sostenendo, insieme a Valls, anche una delle riforme più contestate degli ultimi anni: quella sul lavoro che è passata senza voto e senza discussione all’Assemblea nazionale. Gli attacchi principali durante il dibattito (a parte la questione sul reddito universale di Hamon) sono stati rivolti a Manuel Valls che si trova nella complicata posizione di difendere gli anni del suo governo, ma anche di fare nuove proposte. Su alcune questioni Valls ha cambiato idea diventando immediatamente vulnerabile alle critiche: ha ad esempio detto di voler abolire l’articolo 49.3 della Costituzione – una specie di meccanismo di fiducia che evita discussioni e voti in aula che ha però utilizzato durante il suo governo – e ha proposto di reintrodurre una misura voluta da Sarkozy, poi cancellata da Hollande e da lui stesso criticata che prevede la detassazione degli straordinari. Valls si è scontrato con Hamon sulla questione della perdita della cittadinanza per i colpevoli di atti di terrorismo e con Peillon sulla questione del terrorismo più in generale.
Infine, durante il dibattito, c’è stata anche qualche piccola gaffe: parlando «dell’origine musulmana» di una delle vittime di Mohamed Merah, responsabile della strage di Tolosa del 2012, Vincent Peillon ha commesso un errore che è stato molto preso in giro online:
L'"origine musulmane", je ne connais pas. Ça vient de quel pays ? La Musulmanie? #PrimaireLeDebat
— Bastien Bonnefous (@Bonnefous) January 12, 2017
E i sondaggi?
Secondo un sondaggio condotto per BFMTV, per i sostenitori della sinistra che hanno guardato il dibattito Manuel Valls è risultato il più convincente (28 per cento), seguito da Benoît Hamon (27 per cento) e Arnaud Montebourg (23 per cento). Vincent Peillon è stato ritenuto il più convincente dal 12 per cento degli intervistati.
Oltre il dibattito: secondo tre ricerche condotte a gennaio, Manuel Valls risulta il favorito al primo turno con percentuali comprese fra il 36 e il 43 per cento. Hamon e Montebourg si collocano a seconda dell’indagine in posizioni diverse: uno solo di questi sondaggi dà Hamon al secondo posto e Montebourg al terzo, gli altri due, invece, dicono che Montebourg arriverebbe secondo e Hamon terzo. Tutte e tre le ricerche danno Peillon in quarta posizione.
Sul secondo turno ci sono invece dati più contrastanti. Secondo l’indagine di Opinion Way condotta tra il 9 e l’11 gennaio nell’ipotesi Valls-Hamon e Valls-Montebourg l’ex primo ministro risulterebbe comunque il vincitore. La stessa cosa mostra la ricerca dell’istituto Harris Interactive fatta tra il 2 e il 4 gennaio.
Secondo i dati raccolti invece da Kantar Sofres OnePoint per il quotidiano Le Figaro tra il 3 e il 6 gennaio al secondo turno Valls perderebbe se l’altro candidato fosse Montebourg. Se al ballottaggio passasse Hamon la situazione sarebbe invece di sostanziale parità tra i due.