American Apparel è stata venduta quasi tutta
L'azienda Gildan ne ha acquistato la proprietà intellettuale – brevetti e design – a un'asta fallimentare: l'accordo però non include i negozi e i dipendenti
L’azienda di abbigliamento canadese Gildan Actiwear ha acquistato a un’asta fallimentare per 88 milioni di dollari, circa 82 milioni di euro, la proprietà intellettuale – che comprende i brevetti dei tessuti e del design di accessori e vestiti – di American Apparel, il famoso marchio statunitense di abbigliamento. Nell’accordo di vendita non sono inclusi i negozi del marchio ed è incerto il futuro sia degli operai delle fabbrica di Los Angeles, che impiega ben 4.500 persone, che quello degli impiegati nei negozi; Gildan ha inoltre specificato di non aver alcun obbligo nei loro confronti e ricordato la situazione di instabilità dell’azienda.
L’accordo arriva a più di due anni dalla rimozione del fondatore del marchio Dov Charney dai suoi incarichi di presidente e amministratore delegato per via di alcuni casi di cosiddetta “cattiva condotta“, tra accuse di sessismo e sospetti di violenza sessuale. Charney non ha mai accettato la decisione del cda e ha iniziato una battaglia legale per riprenderne il controllo dell’azienda. I problemi economici della società sono noti da tempo e già nel 2015 l’azienda aveva presentato istanza di fallimento a causa degli enormi debiti accumulati e di una grave crisi delle vendite. All’epoca non si era parlato di licenziamenti ma la riorganizzazione della società era andata troppo per le lunghe senza portare a miglioramenti significativi nelle vendite. Una seconda istanza di fallimento era stata presentata nel novembre 2016, e all’epoca Gildan aveva fatto una prima offerta di acquisto per 66 milioni di dollari.
Il Chicago Tribune riporta che altre aziende, come Amazon, Forever 21 e il gruppo Authentic Brands, erano interessate ad acquistare American Apparel e alla fine l’accordo è stato concluso dopo che Gildan ha aumentato di 22 milioni di dollari la sua offerta iniziale. Il fatto che dall’accordo siano rimasti fuori i negozi preoccupa parecchio i creditori di American Apparel, che hanno insistito prima della chiusura dell’asta affinché Gildan trovasse una società che avrebbe acquistato gli altri beni dell’azienda.
Charney fondò American Apparel nel 1997 a Los Angeles, in California e nel 2004 aprì il primo negozio all’estero: ora ce ne sono 260 in 19 nazioni, di cui la metà negli Stati Uniti. Grazie a Charney, che negli anni è stato presidente e amministratore delegato dell’azienda, il marchio American Apparel è diventato un’icona dell’abbigliamento, soprattutto tra i giovani, per i capi semplici, colorati, sportivi e spesso promossi con campagne pubblicitarie particolarmente sessiste. Non è ancora chiaro cosa succederà ora ad American Apparel e Charney si è detto molto deluso per come sono andate le cose. Secondo lui, la causa del fallimento è dovuta a un comportamento troppo spericolato che l’azienda ha messo in pratica in borsa. «Era una buona società» ha detto Charney, che sta lavorando a una startup di abbigliamento, «esportavamo in giro per il mondo e pagavamo buoni stipendi. Ora tutto questo non c’è più».