Come capiamo se un cibo è più sano di un altro
Con un criterio sbagliato, secondo un nuovo studio: tendiamo a pensare che se una cosa costa tanto sia anche salutare
di Caitlin Dewey – The Washington Post
Dimenticativi l’etichetta con i valori nutrizionali, l’elenco degli ingredienti e il benestare degli esperti: secondo un nuovo studio le persone che fanno la spesa valutano un alimento come salutare solo quando costa di più. Lo studio, che verrà pubblicato prossimamente sul Journal of Consumer Research, è l’ultima prova di come il nostro cervello possa remare contro di noi quando si tratta di scegliere alimenti salutari. I ricercatori sostengono che il modo in cui associamo inconsciamente il costo alla salute – che definiscono come “l’intuizione salutare=costoso” – può spingere le persone non soltanto a spendere più soldi ma anche a fare scelte non informate senza rendersene conto. «Spesso ci chiediamo come i clienti elaborino le informazioni riguardo a cosa dovrebbero mangiare», ha detto Kelly Haws, professoressa di marketing alla Vanderbilt University e coautrice del nuovo studio, «la verità è che diamo loro una tonnellata di informazioni e che non riescono a elaborarle tutte».
Haws e altri ricercatori che si occupano di economia comportamentale hanno un nome per questo fenomeno: euristica. In sostanza, l’euristica descrive qualsiasi tipo di scorciatoia mentale che usiamo per semplificare le nostre decisioni. Invece di valutare consapevolmente tutte le informazioni di cui disponiamo riguardo a un prodotto – la quantità di calorie, gli ingredienti, la marca, la posizione nel negozio – il nostro cervello si affida a delle semplici supposizioni, come per esempio la convinzione che gli alimenti salutari costino sempre di più. Queste supposizioni possono essere profondamente sbagliate, soprattutto se applicate a una serie troppo ampia di situazioni. Quando si tratta di alimentazione ricorriamo diffusamente a queste supposizioni: secondo uno studio del 2013 pubblicato dalla rivista scientifica Appetite, alla base della maggior parte delle nostre scelte alimentari c’è l’euristica, e non una decisione razionale. Considerando la sua diffusione, ha detto Haws, la supposizione euristica secondo cui “salutare è uguale a costoso” può avere profonde implicazioni sulle scelte dei clienti e, per estensione, sulla salute pubblica, soprattutto considerando che sembra essere molto convincente per i consumatori che ne dipendono.
Per verificare il potere dell’euristica, Haws e i suoi due coautori – Rebecca Reczek della Ohio State e Kevin Sample della University of Georgia – hanno condotto cinque esperimenti su diverse centinaia di studenti universitari. Nei primi due, ai partecipanti è stato mostrato un “nuovo” prodotto alimentare, di cui dovevano provare a indovinare il prezzo o il valore in termini di benefici per la salute. In tutte e due le versioni dell’esperimento, i soggetti hanno assegnato un prezzo maggiore ai prodotti più salutari e migliori valutazioni in termini di salute agli alimenti più costosi. Nel terzo esperimento ai partecipanti è stato chiesto di ordinare il panino più salutare scegliendo tra due opzioni. I soggetti hanno scelto regolarmente il panino più costoso, anche quando i ricercatori hanno invertito i prezzi. Nel quarto esperimento i soggetti hanno giudicato una vitamina poco conosciuta, la DHA, come più importante per una dieta salutare quando è stata presentata come parte di un costoso mix energetico, rispetto a un altro di prezzo medio. «I clienti applicano in maniera eccessiva la convinzione che salutare equivalga a costoso […] Ciò suggerisce che questa supposizione possa influenzare la percezione di quali ingredienti siano “salutari”», hanno scritto gli autori dello studio nelle conclusioni del quarto esperimento.
Nell’ultimo esperimento ai partecipanti è stato chiesto invece di valutare le recensioni di una nuova barretta proteica salutare, che costava 99 centesimi oppure 4 dollari. I soggetti hanno letto per molto più tempo le recensioni della barretta da 99 centesimi, segno – secondo i ricercatori – che la maggior parte di loro non credeva che un prodotto “sano” potesse costare così poco. «I risultati del nostro studio suggeriscono che i consumatori percepiscono in modo molto forte che salutare equivalga a costoso», ha detto Haws, «e questo ha un grande impatto sulle loro scelte alimentari». Nello specifico, potenzialmente le persone attente alla salute spendono troppo e comprano prodotti che non per forza fanno bene, mentre le persone più attente ai soldi potrebbero ignorare la grande scelta di opzioni economiche e salutari nel loro supermercato. Chiunque rischia di valutare le dichiarazioni promozionali in fatto di salute e nutrizione – come, per esempio, l’importanza della vitamina DHA – esclusivamente sulla base del prezzo del prodotto.
Secondo Haws c’è anche dell’altro. L’intuizione salutare=costoso è solo una delle «infinite scorciatoie mentali» a cui ci affidiamo per scegliere il cibo, molte delle quali sembrano essere sbagliate. Studi precedenti, per esempio, parlano di un «enorme pregiudizio» che porta le persone a ignorare la quantità di calorie e altre informazioni sulla salute quando degli alimenti sembrano vantaggiosi dal punto di vista economico. La maggior parte degli americani applica anche la cosiddetta “intuizione poco salutare=buono”, cioè la convinzione che per avere un buon sapore un alimento debba necessariamente non essere salutare.
Anche la forma delle confezioni degli alimenti ha il suo peso. Recentemente alcuni ricercatori dei Paesi Bassi hanno scoperto che secondo i clienti gli alimenti venduti all’interno di confezioni più sottili sono più salutari. «Leggono le etichette? Elaborano le informazioni? Probabilmente no», ha detto Deborah Cohen, scienziata del Rand Corp e autrice del libro A Big Fat Crisis: The Hidden Influences Behind the Obesity Epidemic — and How We Can End It. «Il problema nel fare la spesa è che richiede un sacco di decisioni. Ma le persone che fanno la spesa hanno una capacità di elaborazione limitata. In termini di decisioni giuste ogni persona ha un limite superato il quale inizia a prendere scorciatoie mentali, come dare per scontato che gli alimenti costosi siano salutari».
Purtroppo per le persone attente alla salute resettare questo tipo di convinzioni è difficile, perché in fondo sono una componente normale della nostra psicologia. Per questo motivo persone come Cohen sostengono la necessità di una maggiore vigilanza sulle strategie di marketing all’interno dei negozi, che secondo Cohen sfruttano lo sfinimento mentale dei clienti. Alcuni economisti comportamentali – come Antoinette Schoar del MIT e Saugato Datta di ideas42 – spingono per l’adozione di programmi di salute pubblica che si affidino all’euristica. Gli interventi tipici prevedono un approfondimento dell’insegnamento alimentare: i programmi per le lezioni di alimentazione per studenti del liceo consigliati dal dipartimento dell’Agricoltura americano, per esempio, sono lunghi 84 pagine. «Le campagne di educazione cercano di facilitare decisioni complesse fornendo alle persone informazioni altrettanto complesse», hanno scritto Schoar e Datta nel 2014, «invece di inondare le persone di informazioni complesse, noi pensiamo che queste campagne debbano concentrarsi sullo sviluppo, la verifica e la diffusione di regole empiriche semplici ma efficaci, o “euristica”».
Per quanto riguarda la dieta, una tecnica comune prevede di creare (e seguire) alcune semplici regole: «mangiare dell’insalata a ogni pasto», per esempio, o «non mangiare mai cioccolato». Haws usa l’euristica a modo suo: «Costoso non equivale a salutare». Per quanto riguarda le altre persone, secondo la strategia più facile per non cadere nell’intuizione salutare=costoso è ricordarsi che non è vero mentre si fa la spesa o si è a tavola. Sia Haws che Cohen consigliano di arrivare al supermercato con una lista della spesa già fatta, che è il metodo migliore per difendersi dalle proprie scorciatoie mentali. Mentre gira per il supermercato Haws si ripete in testa anche una lista mentale di alimenti convenienti e salutari. «Probabilmente avete sentito parlare del concetto di mangiare senza pensare. L’idea è la stessa», ha detto Haws, «tutto quello di cui avete bisogno è la consapevolezza: fermatevi, prendetevi un secondo e pensateci su».
© 2017 – The Washington Post