Chi era Mário Soares, che riportò la democrazia in Portogallo
È morto ieri a 92 anni l'ex presidente portoghese che trasformò un paese reduce da una dittatura di quasi cinquant'anni nello stato europeo che è oggi
di Matt Schudel – The Washington Post
Mário Soares, che combatté contro il regime dittatoriale di Salazar prima dalla prigione e poi dall’esilio, e divenne il padre della moderna democrazia portoghese, prima come primo ministro e poi come presidente, è morto sabato in un ospedale di Lisbona. Aveva 92 anni. La sua morte è stata annunciata dal Partito Socialista portoghese, di cui fu segretario generale dal 1973 al 1986.
La storia politica di Soares
Soares è stato la più importante personalità politica del Portogallo degli ultimi cinquant’anni, in particolare nel passaggio dalla dittatura alla democrazia negli anni Settanta. Fu arrestato decine di volte e dovette sopportare periodi di esilio senza essere prima processato (come suo padre prima di lui) per aver condotto una lunga battaglia, a volte solitaria, contro il potere del dittatore António de Oliveira Salazar. Salazar governò il Portogallo dal 1932 al 1968, quando fu indebolito da un infarto e si ritirò dalla scena politica. Nel 1974 ciò che restava del regime di Salazar fu rovesciato pacificamente con un colpo di stato militare passato alla storia come “Rivoluzione dei garofani”, perché questi fiori furono messi nelle canne dei fucili dei soldati.
Tornato dall’esilio in Francia, Soares fece un ingresso trionfante a Lisbona, dove fu accolto da migliaia di sostenitori. In seguito si impegnò per ricostruire la democrazia in un paese in cui l’ultimo capo di stato civile era stato deposto nel 1926. Dopo il colpo di stato del 1974, Soares divenne ministro degli Esteri in un governo guidato da parti moderate dell’esercito e, nel giro di un anno, smantellò il sistema coloniale portoghese in Africa, di cui facevano parte l’Angola, il Mozambico e l’attuale Guinea-Bissau.
Il discorso di Soares il primo maggio 1974, sei giorni dopo la Rivoluzione dei garofani:
All’epoca sembrava esserci poca speranza che lui o qualcun altro potesse riportare il Portogallo al centro della politica e della cultura occidentale. I leader diplomatici americani, tra cui l’allora segretario di Stato Henry Kissinger, temevano che il Portogallo sarebbe diventato uno stato satellite dell’Unione Sovietica nella penisola iberica oppure una nuova dittatura militare. Nel 1972 Soares scrisse: «I portoghesi si chiedono se gli americani approvino la strategia di sostenere le dittature. Washington si sbaglia se pensa che politiche di questo tipo porteranno a una rivoluzione liberale. Accade proprio il contrario: la dittatura diventa più dura e più sicura di sé; la situazione allora diventa esplosiva, perché l’opposizione moderata diventa radicale». Kissinger offrì più volte a Soares un posto da accademico negli Stati Uniti per evitargli un destino di esilio, o peggio. Ma Soares era determinato a riformare il Portogallo, che era afflitto da una serie di problemi economici e sociali ed era tra i più poveri paesi europei.
Durante gli anni passati in Francia, Soares contribuì a organizzare il Partito Socialista portoghese, con un approccio più di centrosinistra rispetto ai partiti analoghi guidati da Willy Brandt nella Germania Ovest, da Olof Palme in Svezia e François Mitterrand – caro amico di Soares – in Francia. Si diceva socialista, ma non era marxista. Era contro qualsiasi tipo di totalitarismo. Una volta disse: «L’insegnamento del comunismo non è stato una rivelazione per me e non mi ha illuso». Alcuni dei suoi più fieri oppositori politici furono alcuni membri del Partito Comunista Portoghese, i cui vertici seguivano un orientamento stalinista. Nel 1975 Soares chiese le dimissioni dell’allora primo ministro e militare Vasco Gonçalves, preoccupato che i suoi forti legami con il Partito Comunista potessero far tornare il Portogallo sotto un regime autoritario. L’anno successivo Soares si candidò a sua volta come primo ministro.
«Ciò in cui crediamo è il socialismo in una società libera», disse, «non nella dittatura della sinistra e non nella dittatura della destra». Dopo aver vinto con una maggioranza relativa dei voti, Soares si mise a rafforzare i legami del Portogallo con gli Stati Uniti e con gli altri paesi dell’Europa occidentale e sventò un tentativo di colpo di stato comunista. «Se il golpe avesse avuto successo», disse al New York Times, «ora sarei morto o in prigione o di nuovo in esilio, quindi sono felice che non sia successo». Il suo governo durò solo 500 giorni: cadde quando il parlamento non gli votò la fiducia, in parte perché Soares rifiutò di scendere a compromessi con i comunisti.
Il Portogallo affrontò una situazione di crisi economica e politica negli anni successivi, fino a quando Soares non tornò primo ministro nel 1983. Dopo di lui divenne capo del governo il centrista del Partito Social Democratico Aníbal Cavaco Silva; in quegli anni il Portogallo cominciò a trovare una nuova stabilità. Nel 1986 Soares divenne il primo presidente civile del paese in sessant’anni. Il suo ruolo fu fondamentale per permettere l’entrata del Portogallo in quella che poi divenne l’Unione Europea e far ottenere al paese un ruolo più importante a livello internazionale.
Soares ebbe un ruolo diplomatico nelle trattative di pace di vari conflitti in Medio Oriente e in America Latina. Fu amico sia del leader palestinese Yasser Arafat che del primo ministro israeliano Yitzhak Rabin. Nel 1991 fu eletto per un secondo mandato di cinque anni come presidente. Poi divenne deputato nel Parlamento Europeo e nel 2006 si candidò nuovamente come presidente del Portogallo, senza essere rieletto. Nel frattempo però il Portogallo si era ripreso economicamente e gli ideali democratici di cui lui era sempre stato promotore si erano ben assestati.
La vita di Mário Soares, fuori dalla politica
Mário Alberto Nobre Lopes Soares nacque il 7 dicembre 1924, a Lisbona. Suo padre fu un ministro nella prima repubblica del Portogallo (1910-1926) e poi fondò una scuola privata a Lisbona. Il giovane Soares finì in prigione per la prima volta negli anni Quaranta, quando era studente all’Università di Lisbona. Lui e sua moglie, l’attrice Maria Barroso, si sposarono in un carcere nel 1949, mentre lui stava scontando una pena per sovversione. Si laureò in filosofia nel 1951, dopo aver dovuto interrompere più volte gli studi. Nel 1957 ottenne una seconda laurea in legge e studiò diritto alla Sorbona di Parigi, per poi aprire uno studio di avvocato a Lisbona.
Nel corso degli anni fu spesso perseguitato per le sue idee politiche e negli anni Sessanta fu esiliato nella colonia di São Tomé, al largo della costa occidentale dell’Africa. Fu invitato a tornare in Portogallo dopo che Salazar andò in coma nel 1968, ma nel giro di due anni tornò in Francia, dove insegnò in varie università.
Sua moglie morì nel 2015. Ha lasciato due figli, Maria Isabel Soares e João Soares, che in passato è stato sindaco di Lisbona.
Soares era notoriamente un amante della bella vita e un bibliofilo: era appassionato di scotch e aveva una biblioteca personale di più di diecimila volumi. L’obiettivo di ogni governo, disse dopo essere stato eletto presidente nel 1986, è «concentrare le proprie energie nella lotta per lo sradicamento della povertà, dell’ignoranza e dell’intolleranza».
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