“Sulla Rai, divertitevi tra di voi”

Michele Serra riassume un sentimento diffuso sulle possibilità di cambiare l'azienda televisiva di Stato

La statua del ''Cavallo Morente'' esposta all'esterno della sede Rai di viale Mazzini a Roma. (ANSA/GIORGIO ONORATI)
La statua del ''Cavallo Morente'' esposta all'esterno della sede Rai di viale Mazzini a Roma. (ANSA/GIORGIO ONORATI)

Nella sua rubrica quotidiana su Repubblica, Michele Serra commenta giovedì le dimissioni dalla Rai di Carlo Verdelli, e rappresenta l’impressione che pressioni e conservazioni interne ed esterne rendano impossibile una riforma dell’azienda pubblica (impressione espressa in altra forma anche da Mattia Feltri sulla Stampa).

Non è difficile immaginare come si sente Carlo Verdelli dopo le sue dimissioni dalla Rai. Si sente sconfitto e dispiaciuto, perché non c’è italiano maturo (almeno quelli nati prima dei Settanta) che non consideri la Rai come un pezzo importante del Paese, decisivo nella nostra formazione, nella nostra storia e nelle nostre abitudini. Diciamo che la Rai ricambia molto distrattamente l’affetto che le portiamo. E quando uno dei migliori giornalisti italiani (fidatevi) viene chiamato alla Rai per riformare l’informazione; e il suo piano viene poi respinto o comunque congelato perché turberebbe troppo equilibri e poteri consolidati; allora si capisce una volta di più che quell’azienda è irriformabile. Dall’interno perché è un mondo rappreso nelle sue abitudini e nelle sue pigrizie. E dall’esterno perché un esterno non deve permettersi.

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