Come si calcolano le vendite della musica
Le vecchie regole non valgono più, ora che c'è lo streaming legale: il parametro fondamentale si chiama "album equivalente"
di Todd C. Frankel – The Washington Post
In un anno contraddistinto dalle sorprese, il fatto che – come attestato da un recente articolo del sito di Billboard – il cd più venduto del 2016 fosse di Wolfgang Amadeus Mozart, morto da 225 anni fa, è sembrata una cosa calzante. Drake, spostati. Adele, beccati questo: il re è Mozart.
La storia è stata molto ripresa e condivisa, tra gli altri da Forbes e NPR, e sembrava essere una conferma del triste stato dell’industria musicale, scombussolata dalle diverse ondate della tecnologia e dal calo delle vendite. Si è detto che Mozart avrebbe rivendicato il suo titolo postumo in un modo inusuale: vendendo, a quanto pare, 6.250 copie di un nuovo cofanetto da 200 cd. Si parla di 1,25 milioni di cd in totale, che secondo l’articolo di Billboard avrebbero fatto arrivare Mozart in cima alla vendite del 2016. La storia su Mozart, però, è stata più che altro un’operazione di promozione commerciale, perché nessuno conta i cofanetti come singoli cd e perché in realtà negli Stati Uniti – il mercato a cui fanno riferimento le famose classifiche di Billboard – ne sono state vendute meno di 300 copie, equivalenti al più modesto numero di 60mila cd, stando alla società di ricerche di mercato Nielsen, che fornisce i dati che Billboard usa per realizzare le varie classifiche della musica più venduta.
La storia di Mozart, tuttavia, ha oscurato anche un fatto ancora più sorprendente sull’industria musicale nel 2016: e cioè che è stato un anno piuttosto positivo. Anche se i bei tempi di un decennio fa sono andati, il settore non è più in caduta libera. La tecnologia ha cambiato il modo in cui definiamo cosa vuol dire acquistare la musica. Quest’anno è diventato sempre più evidente come le persone siano tornate a pagare la musica: semplicemente lo fanno in modi diversi. «È questa la cosa interessante», ha detto David Bakulo, vicepresidente di Nielsen, «l’industria musicale non è in un periodo di stasi. C’è stato un cambiamento notevole nei consumi».
Prendete per esempio il rapper canadese Drake, che si è guadagnato per davvero il titolo di autore del disco più venduto del 2016, grazie al suo ultimo disco Views, che contiene i singoli “Hotline Bling” e “One Dance”. Nelle sue diverse forme il disco ha venduto poco meno di 4 milioni di copie quando siamo alla fine dell’anno. Il modo in cui Nielsen ha calcolato questo numero riflette quanto negli ultimi dieci anni sia cambiata l’industria musicale. Oggi Nielsen conteggia le vendite dei dischi fisici e digitali, le vendite dei singoli digitali e gli streaming audio online. Messi insieme danno il parametro che determina la vita e la morte del settore musicale: la cosiddetta unità dell’”album equivalente”. Drake ha venduto solo 300mila cd fisici, all’incirca. Ma il suo disco ha venduto anche 1,2 milioni di copie digitali, 5 milioni di singoli digitali e ha ottenuto l’incredibile numero di 2,8 miliardi di streaming audio. Nielsen divide il numero dei singoli digitali per dieci e gli streaming per 1.500, in modo da ottenere nuove cifre che equivalgano alle entrate derivanti dalla vendita di un album.
Considerando in questo modo lo stato di salute dell’industria musicale – con un miscuglio di rapporti finanziari che cercano di capire come le persone consumino la musica oggi – le vendite complessive nel settore sono aumentate del 3 per cento nelle prime 50 settimane del 2016 rispetto all’anno scorso, ha detto Bakula. Quindi, sì, le vendite dei dischi tradizionali sono scese del 16 per cento, ed è una cosa negativa (un dato interessante è che le vendite dei dischi digitali sono calate più velocemente rispetto a quelle dei dischi fisici). Le vendite dei singoli digitali sono diminuite del 25 per cento, il che è ancora peggio. Ma i ricavi derivanti dagli streaming digitali on-demand sono schizzati in avanti del 77 per cento rispetto all’anno scorso, raggiungendo i 234 miliardi di streaming. «In passato il digitale disturbava la scena, mentre oggi è in calo per quanto riguarda la proprietà della musica», ha detto Bakula, aggiungendo che oggi «il consumatore digitale è passato allo streaming».
Lo streaming mette insieme questi numeri grazie a servizi come Spotify, Apple Music, Napster, Google e Amazon, che offrono grandi abbuffate di musica attraverso gli abbonamenti o modelli sostenuti dalla pubblicità. Il conteggio degli streaming fatto da Nielsen, però, non tiene conto di alcuni siti popolari per gli appassionati di musica, per esempio Pandora, che funziona in modo più simile a una stazione radio, o a YouTube, dove spesso gli utenti guardano videoclip musicali. Dopo anni passati a preoccuparsi del fatto che la tecnologia avrebbe solamente incentivato il furto di musica digitale, finalmente gli artisti vengono pagati, anche se percepiscono solo frazioni di centesimi per ogni loro canzone che passa in streaming. È per questo motivo che ci vogliono 1.500 streaming di canzoni per ottenere lo stesso impatto finanziario della vendita di un solo cd fisico.
Quelle frazioni di centesimo possono far tornare i conti. A maggio Drake ha raggiunto il record di streaming di canzoni digitali in una settimana – 246 milioni – diventando il terzo artista a raggiungere e infrangere quota 100 milioni di streaming in una sola settimana. Quest’anno ha superato la soglia dei 100 milioni altre sette volte. «È il maestro dello streaming», ha detto Bakula. Adele, la cantante britannica il cui disco è stato il secondo più venduto quest’anno, ha adottato un approccio diverso alla vendita della musica. Quest’anno ha veduto 2,3 milioni di copie, anche se il suo ultimo disco, “25”, è in realtà uscito nel 2015. Più della metà delle sue vendite (1,2 milioni) però è arrivata grazie ai cd fisici, quattro volte più venduti di quelli di Drake. Adele ha raggiunto un accordo esclusivo con la catena di negozi americana Target per la vendita di un’edizione speciale del suo disco, concedendolo ai servizi di streaming solo a fine giugno. «I modelli di consumo cambiano completamente a seconda degli artisti», ha detto Bakula.
Nei primi sei mesi del 2016 i ricavi derivanti dagli abbonamenti a servizi di streaming hanno ampiamente compensato i continui cali delle vendite di musica fisica e digitale, stando alla Recording Industry Association of America. I ricavi dalle vendite al dettaglio sono cresciuti dell’8,1 per cento rispetto allo stesso periodo del 2015, il tasso più alto dalla fine degli anni Novanta. La fetta complessiva di ricavi dallo streaming è arrivata al 38 per cento nelle prime 50 settimane di quest’anno, ha detto Nielsen. Parlare di morte dei dischi tradizionali non è un’esagerazione. Da quando nel 1991 Nielsen iniziò a tenere traccia delle vendite, quest’anno sarà il primo in cui nessun disco riesce a vendere almeno 2 milioni di copie, in forma fisica o digitale. L’anno scorso ce l’avevano fatta in cinque. Per Bakula è un parametro superato. «Non è più così che dovremmo misurare il successo», ha detto.
Il motivo per il quale la storia di Mozart avrebbe ottenuto attenzione è intuibile. Rifletteva il modo in cui il mondo della musica operava in passato, mettendo da parte i dubbi sul conteggio di ogni cd all’interno del cofanetto come vendita a sé stante. La settimana scorsa l’articolo originale di Billboard è stato aggiornato in silenzio, con un nuovo titolo più smorzato, che definisce le vendite del cofanetto «sorprendentemente buone» (Billboard non ha voluto commentare). Per un cofanetto che contiene 240 ore di musica e tutte le opere del famoso compositore, è probabilmente così. Ma nel nuovo mondo dell’industria musicale, il cofanetto non è andato nemmeno vicino a diventare un concorrente per il titolo di disco più venduto dell’anno.
© 2016 – The Washington Post