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  • Venerdì 23 dicembre 2016

La “Buona Scuola” è costituzionale

L'ha deciso la Corte Costituzionale esaminando due ricorsi di Veneto e Puglia, respinti quasi per intero

ANSA/ FABIO CAMPANA
ANSA/ FABIO CAMPANA

In una sentenza pubblicata il 21 dicembre la Corte Costituzionale ha rigettato buona parte dei ricorsi ricevuti sulla riforma scolastica approvata nel luglio 2015 dal Parlamento e voluta dal governo di Matteo Renzi, la cosiddetta “Buona Scuola”. La Corte aveva ricevuto ricorsi dal Veneto e dalla Puglia che riguardavano rispettivamente cinque e quattordici commi della legge. Il ricorso del Veneto è stato rigettato per intero, mentre sono stati accolti ricorsi su due commi minori contestati dalla Puglia. In una nota, il ministero dell’Istruzione ha detto di avere già rispettato “di fatto” le indicazioni della Corte riguardo uno dei commi contestati, e che “terrà ovviamente conto” dell’altra contestazione nella stesura di una delle deleghe che sta preparando il governo, già previste nella riforma originale (come quella sugli asili nido o l’esame di maturità).

– Leggi anche: Cosa cambia con la riforma “Buona Scuola”

I due commi contestati sono il comma 153 e il punto 1.3 alla lettera e) del comma 181. Il comma 153 riguarda la costruzione di “scuole innovative”: la Corte contesta il fatto che nel procedimento previsto dalla legge il governo non debba consultare la Conferenza Unificata Stato-Regioni. Il ministero ha risposto di avere già sanato “di fatto” il rilievo della Corte, perché nell’agosto la procedura per la costruzione di queste scuole è stata avviata dopo avere sentito il parere della Conferenza Unificata. Il comma 181 riguarda invece “gli standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia”, la cui competenza secondo la Corte «va ricondotta alla competenza del legislatore regionale», e non al governo nazionale.

Fra i 12 commi che non sono stati contestati dalla Corte Costituzionale ci sono diversi aspetti centrali della legge, per esempio la possibilità del ministero di decidere sui programmi scolastici, la gestione del personale docente e di alcuni fondi specifici. La Buona Scuola è una delle leggi più controverse del governo Renzi: oltre a prevedere una serie di norme generali – per esempio maggiore autonomia per i singoli istituti e un piano di assunzioni straordinarie per i docenti – contiene anche una serie di deleghe che il Parlamento ha affidato al governo, e che il ministero doveva presentare in questi mesi. Dopo la caduta del governo e l’arrivo di un nuovo ministro – Stefania Giannini è stata sostituita con Valeria Fedeli – non era chiarissimo se il governo sarebbe riuscito a presentarle entro il 15 gennaio 2017, data entro cui scadono i termini previsti dalla riforma. Tuttoscuola, solitamente bene informato su questi temi, ha scritto di recente che Fedeli non ha rinunciato a nessuna delle deleghe della riforma e potrebbe chiedere o una proroga “semplice” di tre mesi, oppure sollecitare le commissioni parlamentari ad esprimersi facendo così scattare una proroga automatica di 90 giorni.