Cosa cambierà l’attacco di Ankara
L'uccisione dell'ambasciatore russo non cambierà niente: almeno questo dicono Russia e Turchia, che ultimamente vanno molto d'accordo
Lunedì un poliziotto turco ha ucciso l’ambasciatore russo in Turchia, Andrei Karlov, durante l’inaugurazione di una mostra ad Ankara. L’aggressione è avvenuta davanti a molte persone: i momenti precedenti e successivi agli spari sono stati ripresi da Burhan Ozbilici, un fotografo di Associated Press che passava da lì quasi per caso. L’aggressore, il poliziotto turco 22enne Mevlut Mert Altintas, ha sparato otto colpi di pistola e ha colpito Karlov alla schiena. Durante l’attacco ha urlato che il suo gesto era una «vendetta per Aleppo», riferendosi alla sconfitta dei ribelli nella battaglia più importante della guerra in Siria, vinta dal regime del presidente siriano Bashar al Assad con il sostegno della Russia. Altintas ha urlato anche altre frasi, che come ha scritto Daniele Raineri sul Foglio lasciano supporre una sua vicinanza alla causa jihadista: «Fino a quando i nostri fratelli non saranno al sicuro voi non godrete di alcuna sicurezza» e «Dio è il più grande», tra le altre. Finora nessun gruppo terroristico internazionale ha rivendicato l’attacco.
Altintas è stato ucciso dalla polizia poco dopo l’attentato. Aveva 22 anni e da due anni e mezzo era un membro dell’unità anti-sommossa della polizia di Ankara. Un funzionario turco della sicurezza ha detto al Wall Street Journal che Altintas era entrato all’inaugurazione della mostra presentando il suo badge da poliziotto. Sembra comunque che si fosse preso un giorno libero dal lavoro e che avesse prenotato una stanza in un hotel vicino alla mostra. La polizia ha fermato sette persone sospettate di essere coinvolte nell’attacco, mentre una squadra di investigatori russi è arrivata ad Ankara per collaborare con le autorità locali. Tra le persone interrogate ci sono anche alcuni familiari e amici di Altintas, ma per ora non sono stati diffusi altri dettagli sullo sviluppo delle indagini.
L’uccisione di Karlov, ha scritto Max Fisher sul New York Times, non dovrebbe creare problemi al riavvicinamento diplomatico tra Russia e Turchia, come invece hanno suggerito in diversi nelle ultime ore. Per capire com’è oggi la situazione bisogna fare un passo indietro e tornare a poco più di un anno fa, quando i rapporti tra i due governi precipitarono a causa dell’abbattimento di un aereo militare russo al confine turco-siriano (qui c’è l’intera storia). Tra Russia e Turchia c’era già parecchia tensione, perché i due stati erano posizionati su due fronti opposti della guerra in Siria: i russi alleati al regime siriano, i turchi vicini ad alcuni gruppi ribelli anti-Assad.
Le cose sono cambiate qualche mese fa, quando i presidenti Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdoğan hanno cominciato a riavvicinarsi: soprattutto entrambi hanno cambiato leggermente le proprie politiche in Siria, facendosi reciproche concessioni. Dall’estate 2016 la Turchia ha ammorbidito le sue posizioni anti-Assad e ha concentrato molto di più la sua azione nel nord della Siria, per impedire ai curdi – suoi principali nemici – di estendere i territori sotto il loro controllo; il governo turco, inoltre, non si è opposto alla partecipazione russa nelle operazioni militari di Assad per la riconquista di Aleppo, una delle sconfitte peggiori dell’opposizione siriana dall’inizio della guerra. Allo stesso tempo sembra che la Russia abbia dato una specie di via libera all’azione turca contro i curdi, che invece in passato vedeva piuttosto bene. Insomma, ci sarebbe stato un accordo tacito tra i due governi, basato su reciproci vantaggi e concessioni.
La volontà di non accusarsi è emersa anche nelle ore successive all’attacco. Diversi politici e giornali russi hanno incolpato dell’attacco la presunta isteria provocata dalla stampa occidentale per la situazione di Aleppo, dove Russia e regime di Assad sono accusati di avere compiuto crimini di guerra e contro l’umanità. Il deputato russo Alexei Pushkov ha detto alla televisione LifeNews: «Questo assassinio è precisamente una conseguenza dei tentativi di incolpare la Russia per tutti i peccati e i crimini che non ha commesso. Loro [i media occidentali] stanno completamente ignorando i crimini commessi dai combattenti ad Aleppo, e questo crea un quadro distorto e falso di quello che sta succedendo nella città, quadro che contribuisce a questi attentati terroristici… È il risultato dell’isteria anti-russa, cresciuta in Occidente e sostenuta da alcune parti della società turca». La stampa turca filo-governativa ha parlato invece di presunti legami tra l’attentatore di Ankara e Fethullah Gülen, il principale nemico politico di Erdoğan, accusato dal governo turco di essere dietro al tentato e fallito colpo di stato del luglio scorso. Entrambe le parti hanno detto che quello che è successo non rovinerà i rapporti tra i due paesi, che sembrano voler continuare a collaborare. Proprio oggi si è tenuto un incontro a Mosca tra i rappresentanti di Iran, Russia e Turchia per discutere della guerra in Siria: al termine dell’incontro è stato annunciato che i tre governi collaboreranno per permettere al regime di Assad e alle opposizioni di trovare un accordo in Siria.