Come funziona il Mattarellum
Guida alla legge elettorale che porta il nome del presidente della Repubblica, in vigore tra il 1993 e il 2005 e ora riproposta da Renzi
Durante l’assemblea del PD di domenica, il segretario Matteo Renzi ha proposto la votazione per proporre il cosiddetto “Mattarellum” come legge elettorale. Il Mattarellum si chiama così per il nome del suo relatore, l’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che quando la legge fu approvata, nel 1993, era deputato della Democrazia Cristiana. Il Mattarellum, una legge che funziona in parte sul sistema maggioritario e in parte su quello proporzionale, viene periodicamente citato quando il dibattito pubblico italiano si concentra sulla legge elettorale: è considerata in generale una buona legge, e in molti pensano possa aiutare a trovare un compromesso tra la necessità di rendere possibile formare alleanze di governo e quella di una rappresentazione fedele della volontà popolare. Nel 2013 il deputato del PD Roberto Giachetti fece un lungo sciopero della fame per chiedere il ritorno al Mattarellum, dopo il risultato delle elezioni politiche dello stesso anno che aveva costretto il partito più votato, il PD, ad allearsi con il centrodestra.
Come funziona il Mattarellum
Il Mattarellum è stato in vigore dal 1993 al 2005. Ha quindi regolato le elezioni politiche del 1994, del 1996 e del 2001, vinte nel primo e nel terzo caso dal centrodestra di Silvio Berlusconi, nel secondo dal centrosinistra di Romano Prodi. La legge proposta da Mattarella prendeva atto del risultato di uno dei referendum abrogativi del 1993, promosso dai Radicali, con il quale gli elettori avevano bocciato il sistema proporzionale al Senato in favore di quello maggioritario.
Il Mattarellum prevede che il territorio nazionale sia diviso in 475 collegi per la Camera, e in 232 per il Senato: ognuna di queste porzioni di territorio elegge un deputato o un senatore, votato direttamente dagli elettori (per questo si parla di collegi uninominali). Il Mattarellum non prevede ballottaggi nei singoli collegi: ogni partito candida una persona e la persona che ottiene un voto più degli altri, vince il seggio. Ai candidati non è permesso candidarsi in più collegi. È un sistema simile a quello in vigore negli Stati Uniti, che incentiva i candidati a coltivare i legami con il proprio territorio, in contrapposizione ai politici “nominati” dai partiti. Questo sistema si presta però anche a forme di clientelismo e favoritismo.
Con il sistema dei collegi uninominali, nel Mattarellum, si eleggono circa il 75 per cento dei deputati e dei senatori. I rimanenti 155 deputati – un quarto – vengono eletti con un sistema proporzionale, e solo tra i partiti che hanno superato la soglia di sbarramento del 4 per cento. I candidati eletti con la quota proporzionale sono “bloccati”, cioè scelti dai partiti, e distribuiti in 26 circoscrizioni plurinominali (che cioè eleggono più di un parlamentare) sul territorio nazionale. È però prevista una sorta di compensazione per non sfavorire troppo i piccoli partiti, per i quali è più difficile fare eleggere un deputato in un collegio uninominale (dove presumibilmente, in questo momento, vincerebbero nella stragrande maggioranza dei casi candidati di PD, M5S e centrodestra). Questo complicato sistema di compensazione è conosciuto come “scorporo”: dopo aver stabilito quali partiti hanno superato la soglia di sbarramento, a ogni lista elettorale vengono sottratti i voti serviti a eleggere i candidati con il sistema uninominale, cioè la differenza tra i voti ottenuti dal proprio candidato vincitore e il secondo più votato, in ognuna delle circoscrizioni uninominali all’interno di quella plurinominale. In questo modo i partiti più grandi vengono “avvicinati” al livello di quelli più piccoli, che possono accedere alla spartizione dei seggi rimanenti alla Camera.
Al Senato, l’assegnazione degli 83 seggi rimanenti è fatta su base regionale, come previsto dalla Costituzione. Anche in questo caso è previsto uno scorporo, che però a differenza della Camera è “totale”. Ogni regione corrisponde a una circoscrizione unica: dopo l’assegnazione uninominale dei seggi, a tutte le liste elettorali vengono tolti interamente i voti serviti a fare eleggere i propri candidati collegati (e non solo quelli di scarto). Ottenuti i voti di tutte le liste, vengono distribuiti i seggi, assegnati ai candidati che non sono stati eletti con il sistema uninominale. Per la Camera, nelle elezioni svolte con il Mattarellum, erano disponibili due schede (una per il collegio uninominale, una per votare un partito per i seggi proporzionali), mentre per il Senato ce n’era una sola.
La questione delle “liste civetta”
Per evitare che a una lista elettorale venissero sottratti i voti ottenuti dal candidato vincente nel collegio uninominale, nel 2001 sia centrodestra sia centrosinistra adottarono il sistema delle “liste civetta”. Vennero create delle liste apposite – la più famosa venne chiamata “Abolizione dello Scorporo”, della Casa delle Libertà – a cui i candidati del collegio uninominale dichiaravano di essere legati: in questo modo, i voti presi dal candidato venivano sottratti, nella fase di distribuzione proporzionale, alla lista finta e non a quella vera.
I problemi del Mattarellum
Non è detto che se si votasse con il Mattarellum si arriverebbe a un risultato chiaro delle elezioni, in un sistema che non è più bipolare come negli anni Novanta ma tripolare. Una simulazione realizzata dopo le elezioni del 2013 da due docenti universitari di Roma Tre spiegò che con il Mattarellum il risultato politico sarebbe stato ancora più equilibrato, e soprattutto ribaltato: avrebbe vinto il centrodestra ma avrebbe ottenuto solo 259 seggi alla Camera, contro i 235 del centrosinistra. Il M5S ne avrebbe ottenuti 108. Il Mattarellum quindi permette, a differenza del Porcellum, che una coalizione che non è la più votata su base nazionale – come il centrodestra nel 2013 – ottenga il maggior numero di seggi in Parlamento per via di un consenso meglio distribuito nei collegi. Va detto però che il risultato delle elezioni del 2013, se si fosse votato davvero con il Mattarellum, sarebbe stato con ogni probabilità molto diverso, per le differenti dinamiche politiche generate da un voto basato sui collegi uninominali. Ma la simulazione è comunque utile per capire che il Mattarellum non favorisce necessariamente il bipolarismo.
Il Mattarellum fu criticato per questo suo difetto dal politologo Giovanni Sartori, che diede alla legge il suo soprannome e la definì “Minotauro”, perché mischiava elementi del maggioritario a quelli del proporzionale. Il politologo Roberto D’Alimonte nel 2013 aveva suggerito che nel Mattarellum venisse abolito il meccanismo dello scorporo, per «aumentare l’effetto maggioritario», sconsigliando invece la possibilità di introdurre le preferenze per la parte proporzionale.
Il Mattarellum, per via dei collegi uninominali, potrebbe apparentemente servire a limitare il potere contrattuale dei piccoli partiti: molti critici della legge sostengono però che non sia così, perché per vincere nei collegi uninominali i partiti tendono a formare coalizioni molto eterogenee e ampie, tenendo dentro più partiti e movimenti possibile in modo da raccogliere più voti, ma esponendosi in questo modo alle richieste di tutte le forze politiche che contribuiscono all’elezione di un candidato. Un’altra critica frequente sostiene che dato che con il Mattarellum si può votare un solo candidato per partito in ogni collegio, la scelta per gli elettori che non vogliono far vincere i partiti avversari sia praticamente obbligata. In effetti, il collegio uninominale funziona molto meglio nei paesi in cui esistono pochi grossi partiti, e magari prima si fanno delle primarie di collegio, e meno in paesi come l’Italia dove ce ne sono molti: col Mattarellum sarebbe facile, per esempio, che un elettore della Lega Nord debba votare nel proprio collegio un candidato di Forza Italia, o viceversa, per non dare il proprio voto al centrosinistra o al M5S. Nel 2001 la Lega Nord prese solo il 3,94 per cento dei voti nella scheda proporzionale della Camera, ma ottenne 30 deputati grazie ai collegi uninominali che si era spartita con gli alleati. In generale il Mattarellum favorisce gli accordi pre-elettorali, incentivando i partiti a formare grandi coalizioni, per precauzione.
Il Mattarellum non prevede formalmente un premio di maggioranza, ma si affida alla distorsione generata dai collegi uninominali per favorire la formazione di una forza politica maggioritaria: i partiti possono ottenere la maggioranza in Parlamento anche con percentuali nazionali basse (inferiori al 40 per cento previsto dall’Italicum), se vincono nei collegi giusti.
A che punto siamo ora
In questo momento in Italia sono in vigore due leggi elettorali diverse, una per la Camera e una per il Senato. L’Italicum, la legge elettorale promossa dal governo Renzi, vale solo per la Camera, così che fosse utilizzabile – accettando una condizione chiesta dalla minoranza del PD – solo quando il Senato fosse stato abolito con la riforma costituzionale bocciata dagli elettori nel referendum dello scorso 4 dicembre. Al Senato quindi è in vigore il cosiddetto “Consultellum”, cioè un’evoluzione del vecchio “Porcellum”, la legge elettorale scritta nel 2005 dall’allora ministro Roberto Calderoli e poi modificata dalla Corte Costituzionale. L’Italicum è un sistema proporzionale, ma che garantisce un largo premio di maggioranza alla singola lista che supera il 40 per cento dei voti, o – se non succede – a quella che vince il ballottaggio con l’altra lista più votata. Il Consultellum invece è un proporzionale quasi puro che fa l’esatto contrario dell’Italicum, ossia porta a un’altissima frammentazione del voto e rende quasi impossibile formare maggioranze solide. A complicare le cose, a fine gennaio la Corte Costituzionale si esprimerà sull’Italicum, con la possibilità che ne abolisca delle parti.
Ci sono alcuni partiti – M5S e Lega Nord, per esempio – che insistono sull’andare a votare con l’attuale legge elettorale, così come uscirà dalla decisione della Corte Costituzionale, nonostante tutti gli osservatori e tutti i sondaggi dicano che in questo modo non si riuscirebbe a formare una maggioranza: secondo una simulazione realizzata poche settimane fa, con gli attuali sondaggi, l’unica maggioranza possibile sarebbe un’alleanza PD-M5S oppure PD-Forza Italia-Lega Nord: entrambe piuttosto implausibili. Dietro l’insistenza di M5S e Lega Nord, in molti vedono una loro preferenza per una situazione politica in cui non devono governare, e possono fare l’opposizione di un nuovo e impopolare governo di larghe intese. Vista la mancata abolizione del Senato, l’Italicum così com’è non può essere applicato: Renzi e la maggioranza del PD hanno così cambiato posizione sulla legge elettorale proponendo di tornare al Mattarellum, che è forse la legge elettorale più facile da approvare, perché non presenta rischi di incostituzionalità e sulla carta non favorisce nessuna forza politica in particolare.