A Napolitano non piacciono le parole “ministra” e “sindaca”
E l'ha anche detto davanti a Laura Boldrini, durante la cerimonia di consegna di un premio letterario
Giovedì l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ritirato a Roma il premio De Sanctis per la saggistica – che si assegna dal 2009, ed è il più importante riconoscimento del genere in Italia – vinto col suo ultimo libro, Europa, politica e passione. Durante il discorso di ringraziamento, Napolitano ha ringraziato i vari ministri presenti alla cerimonia fra cui la ministra all’Istruzione Valeria Fedeli, a cui però ha detto:
«Grazie al ministro Valeria Fedeli, penso che Valeria Fedeli non si dorrà se io insisto in una licenza che mi sono preso da molto tempo, quella di reagire alla trasformazione di dignitosi vocaboli della lingua italiana nell’orribile appellativo di “ministra” o dell’abominevole appellativo di “sindaca”»
A quel punto il pubblico della sala ha molto applaudito, e nel video si sente una voce femminile – che i giornali hanno attribuito alla presidente della Camera Laura Boldrini, presente alla cerimonia – dire scherzosamente: «ma questo è un tradimento!». Boldrini è molto attiva su questi temi: nel 2015 ha anche scritto una lettera a tutti i deputati per invitarli a rispettare la parità di genere linguistica quando parlano di deputate e ministre donne, evitando di riferirsi a loro con titoli maschili. Napolitano quindi ha risposto: «io continuerò a chiamarti “signora presidente” come chiamavo “signora presidente” Nilde Iotti», confermando indirettamente che era stata Boldrini a parlare.
Intervistata da Repubblica dopo la cerimonia, Boldrini ha commentato:
«Il presidente Napolitano ha le sue posizioni che io chiaramente rispetto, ciò detto la società cambia: cambiano i ruoli delle persone, e dunque deve cambiare anche il linguaggio. Qualche decennio fa il problema non sussisteva: le donne facevano certi lavori e non altri. Nessuno mette in discussione che non si possa dire “contadina” o “operaia”, al femminile. E allora anche quando saliamo la scala sociale dovremmo accettare che in una lingua neolatina i nomi si declinano»