Anche il bue e l’asinello sono una bufala
Nessuno dei Vangeli li cita: ci sono in un testo apocrifo, il cui autore ha tradotto male un passaggio della Bibbia
La tradizione italiana del presepe ogni anno è arricchita da nuovi personaggi, notoriamente a Napoli, ma anche in giro su internet. Tra i personaggi che invece fanno parte del presepe fin da quando San Francesco se lo inventò nel 1223, oltre a Maria, Giuseppe e a Gesù bambino, ci sono i due animali incaricati di tener calda la mangiatoia in cui dorme il neonato: il bue e l’asinello. Nessuno dei Vangeli però cita i due animali, come lo stesso papa Benedetto XVI ha fatto notare nel suo libro del 2012 L’infanzia di Gesù: il bue e l’asinello sono arrivati nella tradizione cattolica da uno dei vangeli apocrifi, famosi per contenere molti aneddoti sull’infanzia di Gesù, e prima ancora da un errore di trascrizione dall’ebraico al greco e da lì in latino.
L’unico testo che cita un bue e un asino vicino alla mangiatoia (citata dal Vangelo di Luca) in cui fu sistemato Gesù appena nato è il “Vangelo dello pseudo-Matteo“, un vangelo apocrifo, cioè non riconosciuto dalla Chiesa. Fu scritto in latino tra l’Ottavo e il Nono secolo; non è molto originale dato che in gran parte riprende quanto scritto in altri due vangeli apocrifi, il “Protovangelo di Giacomo” e il “Vangelo dell’infanzia di Tommaso”. Nella parte in cui è descritta la nascita di Gesù, il testo è però un po’ diverso da queste sue fonti. Il capitolo 14 infatti dice:
«Tre giorni dopo la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, la beatissima Maria uscì dalla grotta ed entrò in una stalla, depose il bambino in una mangiatoia, ove il bue e l’asino l’adorarono. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta Isaia, con le parole: “Il bue riconobbe il suo padrone, e l’asino la mangiatoia del suo signore”. Gli stessi animali, il bue e l’asino, lo avevano in mezzo a loro e lo adoravano di continuo. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta Abacuc, con le parole: “Ti farai conoscere in mezzo a due animali”.
Giuseppe con Maria, rimase nello stesso luogo per tre giorni.»
Le due citazioni dei profeti della Bibbia hanno probabilmente ispirato l’autore del “Vangelo dello pseudo-Matteo” a immaginare il bue e l’asinello che poi sono finiti nel presepe. La seconda, quella che più esplicitamente lega gli animali al momento della nascita di Gesù, non è corretta: Abacuc non profetizzò mai che il salvatore del popolo di Israele sarebbe nato tra due animali, lo “pseudo-Matteo” si è fidato della versione della “Bibbia dei Settanta”, cioè la versione della Bibbia in greco disponibile all’epoca ai cristiani non ebrei. Il versetto del libro del profeta Abacuc a cui lo “pseudo-Matteo” si riferisce è all’inizio del terzo capitolo. La versione della “Bibbia dei Settanta” (quindi in greco) di questo versetto conteneva l’espressione «ἐν μέσῳ δύο ζῷον», letteralmente “in mezzo a due animali”, e lo “pseudo-Matteo” o qualcun altro da cui lui ha copiato, lo ha giustamente tradotto “in medium duorum animalium“. Ma il testo ebraico parla di “età, anni” non di “animali” e infatti sulle traduzioni moderne della Bibbia il versetto è: «Nel corso degli anni manifestala, falla conoscere nel corso degli anni». Chi tradusse dall’ebraico al greco, oppure chi ricopiò male la “Bibbia dei Settanta” confuse “ζῴων”, il genitivo plurale di “ζῷον” (“animale”), con “ζωῶν”, genitivo plurale di “ζωή” (“età”). Di questo errore di trascrizione parlò anche il giornalista e scrittore Giorgio Manganelli, in Il presepio:
«Bue ed asino non esistevano; nacquero da un genitivo plurale frainteso da un monaco traduttore. Quando costui scrisse “tra due animali” anziché “tra due età”, i due animali si materializzarono, con perplessi ragli e mugghi».
I due “animali” di Abacuc sarebbero diventati un bue e un asino grazie all’altra citazione, quella del terzo versetto del primo capitolo del libro del profeta Isaia: «Il bue conosce il proprietario, e l’asino la greppia del padrone». Solo che anche se in questo caso la traduzione è corretta, l’interpretazione dello “pseudo-Matteo” non lo è: quel passo è parte di una descrizione della rabbia di Dio contro il popolo di Israele che si lamenta di non essere venerato nel modo giusto; non fa parte delle profezie sull’arrivo di un salvatore, quelle che secondo i cristiani si riferiscono a Gesù.