Il primo messaggio di Renzi, tornato a casa
Il presidente del Consiglio dimissionario rivendica la necessità della riforma, dice di aver sofferto «a chiudere gli scatoloni» e spiega com'è stato tornare a Pontassieve
Il presidente del Consiglio dimissionario Matteo Renzi ha condiviso su Facebook un messaggio – il primo dopo la formalizzazione delle sue dimissioni – in cui saluta gli elettori e fa qualche considerazione finale sul referendum costituzionale. Renzi dice che «un giorno sarà chiaro che quella riforma serviva all’Italia, non al Governo e che non c’era nessuna deriva autoritaria», e aggiunge «ho sofferto a chiudere gli scatoloni ieri notte, non me ne vergogno: non sono un robot».
Torno a Pontassieve, come tutti i fine settimana. Entro in casa, dormono tutti. Il gesto dolce e automatico di rimboccare le coperte ai figli, un’occhiata alla posta cartacea arrivata in settimana tanto ormai con internet sono solo bollette, il silenzio della famiglia che riposa.
Tutto come sempre, insomma.
Solo che stavolta è diverso.
Con me arrivano scatoloni, libri, vestiti, appunti.
Ho chiuso l’alloggio del terzo piano di Palazzo Chigi.
Torno a casa davvero.
Sono stati mille giorni di governo fantastici. Qualche commentatore maramaldo di queste ore finge di non vedere l’elenco impressionante delle riforme che abbiamo realizzato, dal lavoro ai diritti, dal sociale alle tasse, dall’innovazione alle infrastrutture, dalla cultura alla giustizia. Certo c’è l’amaro in bocca per ciò che non ha funzionato. E soprattutto tanta delusione per la riforma costituzionale. Un giorno sarà chiaro che quella riforma serviva all’Italia, non al Governo e che non c’era nessuna deriva autoritaria ma solo l’occasione per risparmiare tempo e denaro evitando conflitti istituzionali.
Ma quando il popolo parla, punto. Si ascolta e si prende atto. Gli italiani hanno deciso, viva l’Italia.
Io però mi sono dimesso. Sul serio. Non per finta. Lo avevo detto, l’ho fatto.
Di solito si lascia Palazzo Chigi perché il Parlamento ti toglie la fiducia. Noi no. Noi abbiamo ottenuto l’ultima fiducia mercoledì, con oltre 170 voti al Senato. Ma la dignità, la coerenza, la faccia valgono più di tutto. In un Paese in cui le dimissioni si annunciano, io le ho date. Ho mantenuto l’impegno, come per gli 80 euro o per l’Imu. Solo che stavolta mi è piaciuto meno:-)
Torno semplice cittadino. Non ho paracadute. Non ho un seggio parlamentare, non ho uno stipendio, non ho un vitalizio, non ho l’immunità.
Riparto da capo, come è giusto che sia. La politica per me è servire il Paese, non servirsene.
A chi verrà a Chigi dopo di me, lascio il mio più grande augurio di buon lavoro e tutto il mio tifo: noi siamo per l’Italia, non contro gli altri.
Nei prossimi giorni sarò impegnato in dure trattative coi miei figli per strappare l’utilizzo non esclusivo della taverna di casa: più complicato di gestire la maggioranza.
Ho sofferto a chiudere gli scatoloni ieri notte, non me ne vergogno: non sono un robot. Ma so anche che l’esperienza scout ti insegna che non si arriva se non per ripartire. E che è nei momenti in cui la strada è più dura che si vedono gli amici veri, l’affetto sincero. Grazie a chi si è fatto vivo, è stato importante per me.
Ai milioni di italiani che vogliono un futuro di idee e speranze per il nostro Paese dico che non ci stancheremo di riprovare e ripartire. Ci sono migliaia di luci che brillano nella notte italiana. Proveremo di nuovo a riunirle. Facendo tesoro degli errori che abbiamo fatto ma senza smettere di rischiare: solo chi cambia aiuta un Paese bello e difficile come l’Italia.
Noi siamo quelli che ci provano davvero. Che quando perdono non danno la colpa agli altri. Che pensano che odiare sia meno utile di costruire. E che quando la sera rimboccano le coperte ai figli pensano che sì, ne valeva la pena. Sì, ne varrà la pena. Insieme.
Ci sentiamo presto, amici.
Buona notte, da Pontassieve.