È il caso di accorciare il tennis?
Un paio di nuove regole renderebbero le partite più brevi e imprevedibili, ma forse anche meno epiche e appassionanti
Il tennis è uno degli sport più popolari al mondo, ma ha un problema: è meno televisivo di altri sport. Le partite possono durare anche alcune ore (in particolare quelle maschili del Grande Slam, i quattro tornei annuali più importanti, che si giocano al meglio dei cinque set) ed è un problema per i palinsesti televisivi e per il pubblico: è impossibile sapere quando collegarsi per vedere l’ultima mezzora della finale ed è difficile seguirne una tutta intera, se dura quattro o cinque ore. Nell’ambiente del tennis si sta quindi pensando da tempo di cambiare un po’ le regole sui punteggi, per rendere più brevi le partite e per far sì che abbiano tutte una durata tra loro più omogenea. L’Economist ha spiegato in che direzione potrebbero andare i cambiamenti, dicendo che c’è chi sta pensando di ampliare anche ai tornei singolari le regole che dal 2006 già esistono per alcune partite del doppio (cioè giocate due contro due).
Il punteggio del tennis è composto da set, a loro volta composti da game. Le partite si giocano al meglio dei tre o dei cinque set. Per vincere un game bisogna fare quattro punti (assegnati nella successione 15, 30, 40, e il punto finale). Se due giocatori arrivano 40 a 40, la vittoria del game va al primo che fa due punti consecutivi. Per vincere un set bisogna arrivare a sei game vinti, con almeno due di vantaggio. Se due tennisti arrivano sul 6-6 c’è il tie-break: in questo caso i punti procedono in successione normale (1, 2, 3, eccetera) e vince il primo che arriva a 7 punti, con almeno due di vantaggio sul secondo.
Dal 2006 in alcuni tornei del doppio (e in alcuni tornei di doppio misto: un maschio e una femmina) ci sono due nuove regole: quella del “winner-takes-all” (in caso di parità – cioè 40-40 – c’è un solo punto decisivo: chi lo fa, vince) e quella del “super-tie-break” nel caso in cui il torneo sia al meglio dei tre set e i due tennisti siano sull’1-1. Anziché giocare un intero terzo set si fa un super-tie-break da 10 punti: è come un normale tie-break (e anche qui bisogna avere almeno due punti di vantaggio) solo che si arriva a 10 e non a sette.
Steve Simon – direttore della WTA, l’associazione mondiale di tennis femminile – ha detto a settembre che queste due regole dovrebbero essere adottate in modo più ampio (e quindi non solo in alcuni tornei di doppio) e a ottobre Novak Djokovic, il tennista serbo considerato oggi il migliore al mondo, e che quest’anno ha vinto due tornei del Grande Slam, ha detto che il tennis deve «migliorare ed evolvere».
Secondo alcuni dati consultati dall’Economist un super-tie-break durerebbe in media il 20 per cento in meno rispetto a un normale terzo set e quasi tutte le partite da tre set durerebbero così meno di due ore. Almeno altri cinque minuti si guadagnerebbero invece grazie alla regola del “winner-takes-all”, il punto-spareggio.
L’Economist ha scritto però che «gran parte di ciò che rende il tennis appassionante deriva dal principio che si debba essere “avanti di due” per vincere», cosa che rende le partite lunghe e appassionanti, e che le nuove regole le renderebbero forse più brevi ma anche più noiose. È una discussione complicata: sempre l’Economist ha ammesso anche che delle partite più corte sarebbero però rese più interessanti dal fatto che «meno dura una partita, più alte sono le possibilità di un risultato contro i pronostici». È semplice: con meno tempo a disposizione il più forte avrebbe meno tempo e occasioni per dimostrare di esserlo, e al più debole basterebbe indovinare le giocate giuste al momento giusto per vincere le partite. Infine, anche i tennisti ne sarebbero probabilmente contenti (anche i più forti): partite più corte permetterebbero meno infortuni e carriere più lunghe.