«Roma è morta»
O almeno era quello che diceva Anselmo Paleari ad Adriano Meis (cioè Mattia Pascal) nel più famoso romanzo di Luigi Pirandello, che morì 80 anni fa
– Roma è morta.
– Morta anche Roma? – esclamai, costernato.
– Da gran tempo, signor Meis! Ed è vano, creda, ogni sforzo per farla rivivere. Chiusa nel sogno del suo maestoso passato, non ne vuol più sapere di questa vita meschina che si ostina a formicolarle intorno. Quando una città ha avuto una vita come quella di Roma, con caratteri così spiccati e particolari, non può diventare una città moderna, cioè una città come un’altra. Roma giace là, col suo gran cuore frantumato, a le spalle del Campidoglio.
Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal (1904)
Lo scrittore italiano Luigi Pirandello nacque ad Agrigento il 28 giugno 1867 e morì proprio a Roma il 10 dicembre 1936, ottant’anni fa. Scrisse sette romanzi e un numero molto maggiore di opere teatrali e racconti (che all’epoca venivano chiamati “novelle”), raccolti in Novelle per un anno (che non riuscì però a completare con i 365 racconti previsti). A dire che «Roma è morta» in Il fu Mattia Pascal era Anselmo Paleari, uno dei personaggi che il protagonista incontra nella capitale, dopo aver cambiato il suo nome in Adriano Meis. Nelle righe successive c’è uno dei più famosi passaggi del romanzo, in cui Paleari aggiunge, sempre parlando di Roma: «I papi ne avevano fatto – a modo loro, s’intende –un’acquasantiera; noi italiani ne abbiamo fatto, a modo nostro, un portacenere».