Una notizia falsa diffusa dalla polizia
A febbraio un dipartimento californiano mentì ai giornali su un arresto, per proteggere due persone e non fare saltare un'operazione: si è scoperto ora, c'è chi non è contento
Un dipartimento di polizia californiano ha inventato e diffuso una notizia falsa per arrestare una gang criminale, ha scoperto il giornale locale Santa Maria Times. Ralph Martin, capo della polizia di Santa Maria, una città di 80mila abitanti a nord di Los Angeles, ha difeso la decisione di diffondere la notizia falsa, sostenendo che sia servita a proteggere la vita di due uomini e dei loro familiari, e ad arrestare alcuni membri della gang, conosciuta come MS-13, tra le più famose e pericolose organizzazioni criminali centroamericane.
L’episodio risale allo scorso febbraio, quando la polizia diffuse un comunicato stampa in cui diceva che i due cugini Jose Santos Melendez, di 22 anni, e Jose Marino Melendez, di 23 anni, erano stati arrestati per furto d’identità ed erano stati consegnati alle autorità per l’immigrazione. Non era vero: da settimane la polizia seguiva le attività della gang MS-13, con appostamenti e intercettazioni, e aveva scoperto un piano per uccidere i due cugini Melendez, appartenenti a una gang rivale, nella loro casa a Guadalupe, una città lì vicino. La polizia allora aveva messo i due uomini sotto il programma di protezione testimoni, ma aveva inventato la notizia dell’arresto per evitare che i sicari della MS-13 capissero di essere sorvegliati o che andassero a uccidere i familiari dei cugini Melendez. La finta notizia fu data da KSBY, una rete televisiva affiliata a NBC di San Louis Obispo e Santa Barbara, città lì vicino: i giornalisti la lessero da un comunicato della polizia e la riportarono, come succede quotidianamente con le notizie di cronaca nera.
La polizia riuscì poi a intercettare alcuni membri della gang parlare della notizia dell’arresto, una volta fallito il piano per uccidere i due uomini. Al termine dell’operazione di sorveglianza della gang criminale, la polizia ne ha arrestati 17 membri, collegati a dieci diversi omicidi. Martin ha difeso la scelta di diffondere per la prima volta in 43 anni di carriera una notizia falsa, dicendo a Associated Press: «È stata una decisione etica e morale, e la difendo. Sono certamente consapevole e interessato alla comunità e ai media. Ma ci sono anche stati 21 omicidi nella città negli scorsi 15 mesi». Martin ha spiegato che la polizia aveva «l’obbligo morale e legale di intervenire e salvare quelle persone prima che venissero uccise».
Ma non tutti sono d’accordo con Martin. Gregg Leslie, consulente legale del Reporters Committee for Freedom of the Press, un’organizzazione che difende la libertà di stampa, crede che la diffusione della notizia falsa possa avere fatto più danni che altro: «Minaccia immediatamente e quasi irreparabilmente la credibilità di un intero corpo di polizia. Non solo agli occhi del pubblico, ma anche a quelli della gang criminale, che non ci crederà più in futuro». Un episodio simile era già successo nel 2007, quando un agente dell’FBI in incognito si finse un reporter di AP – e pubblicò dei finti articoli – per avere accesso al computer di un ragazzo sospettato di aver fatto delle minacce su una bomba in una scuola. Jeffrey Seglin, che insegna etica alla Harvard Kennedy School, ha però detto che secondo lui il caso della polizia di Santa Maria va oltre: «Quello era far credere una cosa a un criminale. Questo è diverso: imbroglia le testate giornalistiche e i lettori». Kelly McBride, vice presidente dell’istituto Poynter, che si occupa di studiare il mondo dell’informazione, ha detto che l’episodio «manda il messaggio agli agenti di quel dipartimento che falsificare le notizie è ok, se hai una buona ragione. Ma questo è antitetico rispetto ai principi delle forze dell’ordine».