Dove ha sbagliato Renzi
Secondo Ezio Mauro, ha spostato il confronto su toni in cui sarebbe stato perdente, e si è dimenticato di costruire altro da sé
Su Repubblica di martedì, tra le molte analisi del risultato del referendum, c’è quella di Ezio Mauro, direttore del quotidiano fino a un anno fa, e frequente critico di Matteo Renzi nei mesi passati. La sua ricostruzione è efficace ed equilibrata nello spiegare cosa ci fosse di promettente e fertile nel progetto di Renzi sul cambiamento e cosa ci sia stato di fallimentare e incoerente nel suo approccio politico e nella sua deriva demagogica (forse con qualche inclinazione eccessiva da parte di Mauro a immaginare possibile un funzionamento dei partiti simile a quello dei decenni passati).
La semplificazione assoluta della politica è stata inventata da Renzi come il post-linguaggio, dopo la fine delle ideologie, delle appartenenze, delle distinzioni di campo tra destra e sinistra. Arrivata alla sua forma estrema nella logica propria del referendum — la riduzione del discorso politico alla scelta basica tra un Sì e un No, senza sfumature — quella semplificazione si è imbizzarrita, disarcionando il suo cavaliere e gettandolo a terra sconfitto, senza rimedio.
Tutti gli elementi della grande semplificazione si erano riuniti in questo scontro referendario, e molti li aveva materializzati proprio il presidente del Consiglio, incautamente. Una riforma della Costituzione è cosa complessa, che va spiegata con pazienza nella sua logica e nella tecnica. Qui ha preso l’aspetto di un mezzo colpo d’accetta contro la “casta”, con riduzione dei senatori, dei loro stipendi, della loro potestà legislativa, senza la costruzione di un paesaggio culturale, storico e istituzionale che trasmettesse la sensazione di una modernizzazione governata del sistema, di una riforma rispettosa della cornice costituzionale, nella quale inserire un principio di innovazione coerente.