Il sesso insegnato dai cartoni animati giapponesi
Un nuovo libro spiega origini e significato dell'erotismo nei manga degli anni Ottanta e Novanta, e il suo ruolo nell'educazione sessuale di una generazione
Su Repubblica lo scrittore Paolo Di Paolo ha raccontato di cosa parla Corpi e Anime. Nudo ed erotismo nell’animazione giapponese, un libro di Valeria Arnaldi, giornalista esperta di manga e anime giapponesi. Il libro spiega l’erotismo nei cartoni animati giapponesi che moltissimi nati negli anni Ottanta e Novanta hanno seguito su Italia Uno quando erano bambini e ragazzi (gli stessi di cui non conosciamo la conclusione, perché all’epoca era difficile seguirli dall’inizio alla fine). La sessualità contenuta nei manga era spesso molto esplicita, ma secondo il libro, spiega Di Paolo, corrisponde a una «esplorazione dei sensi che non è associata alla colpa o alla violazione del pudore», né «nasce nella cultura erotica del maschio».
L’autobiografia – ironica – di una generazione potrebbe iniziare con un’infanzia dove, al posto di Salgari e di “Piccole donne”, appaiono Ransie la strega, Sailor Moon e Jeeg Robot. Chi è nato tra i tardi anni Settanta e gli Ottanta del Novecento – complice soprattutto Italia Uno – non può essersi sottratto al mondo degli “anime”, ai protagonisti maschili, femminili o metallici dei cartoni giapponesi. Per questo, un saggio documentato come quello di Valeria Arnaldi, “Corpi e Anime. Nudo ed erotismo nell’animazione giapponese” (Lit edizioni) può somigliare, per parecchi trentenni, a un album dei ricordi. Pruriginoso?
È questo il punto. Se il mondo animato che scorreva in parallelo – quello disneyano – sembrava desessualizzato, affollato com’era (com’è) di “topi in calzoncini”, di zii e zie ben poco sexy, dal Giappone arrivavano ragazze turbolente. O meglio – come dimostra Arnaldi – ingenue e disinibite allo stesso tempo. Disinibite perché ingenue? A ogni modo, se fanno la doccia esposte a occhi indiscreti, lo spirito non è quello da B-Movie con Edwige Fenech. “Magliette che si strappano, micro-bikini che non coprono se non lo strettamente necessario, vapori di doccia sulla pelle calda, la naturalezza di corpi generosi – scrive Arnaldi – che vogliono ma non sanno chiedere e l’irruenza di forme mal gestite che si schiacciano con veemenza contro fisici maschili, pungolandone reazioni e imbarazzi. È una sensualità evidente, più o meno consapevole ma non per questo meno ammiccante, quella che emerge da manga e anime. Una sensualità “bambina”, spesso associata per età, fattezze e anche pubblico, a scenari e immagini adolescenti”.