E ora, la sinistra francese?
Il Partito Socialista è messo malissimo nei sondaggi e la decisione di Hollande, il presidente più impopolare di sempre, rimescola molto le carte
Il primo turno delle elezioni presidenziali francesi si terrà tra diversi mesi, cioè il prossimo 23 aprile; l’eventuale ballottaggio tra i due candidati più votati sarà il 7 maggio. Manca ancora un po’ di tempo, ma nell’ultimo mese si sono chiarite diverse cose: ci sono state le primarie del centrodestra (vinte dal candidato più di destra François Fillon), il Front National si presenterà con Marine Le Pen, dalla quale ci si aspetta un grande risultato almeno al primo turno, e Emmanuel Macron, ex ministro dell’Economia nel governo di centrosinistra, ha annunciato che si presenterà come indipendente. A parte quella di qualche partito minore, la situazione più confusa resta a sinistra e all’interno del Partito Socialista attualmente al governo: soprattutto dopo che il presidente in carica François Hollande ha deciso di non candidarsi per un secondo mandato, come non succedeva da tempo in Francia, e visto che i sondaggi in questo momento lo indicano come il quinto partito del paese.
Le primarie
Lo scorso 18 giugno il Consiglio nazionale del Partito Socialista (PS) ha deciso che le primarie saranno il 22 e il 29 gennaio. Saranno primarie aperte alla “sinistra di governo”: oltre al Partito Socialista, i partiti che collaboreranno all’organizzazione e che potranno partecipare saranno l’Unione dei democratici e degli ambientalisti, il Fronte Democratico e il Partito dei Verdi.
Le candidature andranno presentate dal primo al 15 dicembre e per poter partecipare i candidati dovranno raccogliere il sostegno del 5 per cento di uno dei seguenti gruppi: membri del Consiglio nazionale; parlamentari socialisti; consiglieri regionali e di dipartimento del PS rappresentanti di almeno quattro regioni e dieci dipartimenti; sindaci socialisti di città con più di 10 mila abitanti e che rappresentino almeno quattro regioni e dieci dipartimenti. I futuri candidati dovranno anche firmare un “codice etico” che stabilisce le regole di comportamento durante la campagna elettorale. Il Partito Socialista verserà a ciascun partecipante 50 mila euro.
Alle primarie potranno votare tutti i cittadini e le cittadine francesi iscritti nelle liste elettorali, dovranno versare un euro al seggio e firmare un foglio in cui si dice che «si identificano nei valori della sinistra». Domenica 22 e 29 gennaio saranno aperti dalle 9 del mattino alle 7 di sera tra i 7 mila e gli 8 mila seggi in tutta la Francia. Le richieste di candidatura saranno esaminate e approvate ufficialmente il 17 dicembre e quello sarà anche il giorno dell’inizio della campagna elettorale.
I candidati delle primarie e quelli fuori dalle primarie
Nonostante la decisione di François Hollande e l’incertezza su cosa farà il primo ministro Manuel Valls, la situazione è già piuttosto affollata. La principale ragione è che a differenza di molti altri presidenti del passato (Giscard d’Estaing nel 1981, Mitterrand nel 1988, Chirac nel 2002 e Sarkozy nel 2012) il presidente uscente François Hollande non è riuscito a imporsi come “candidato naturale” della sua area politica di riferimento per un secondo mandato, creando di fatto negli ultimi mesi una situazione di incertezza politica che ha favorito la crescita di altri candidati. Per ora sono sei i candidati che hanno dichiarato l’intenzione di partecipare alle primarie: Arnaud Montebourg, Benoît Hamon, Marie-Noëlle Lienemann, Gérard Filoche, Jean-Luc Bennahmias e François de Rugy.
I candidati più conosciuti anche al di fuori della Francia sono Arnaud Montebourg, ex ministro dell’Economia che dopo la crisi di governo del 2014 era stato sostituito, e Benoît Hamon, ex ministro dell’Istruzione che ha 49 anni: entrambi rappresentano l’ala più a sinistra del partito e sono considerati dei “frondeur”, cioè interni al partito ma critici con il governo di Valls e di Hollande. Marie-Noëlle Lienemann è per ora l’unica donna ad aver detto di volersi presentare, è una senatrice di Parigi e anche lei viene considerata tra i “frondeurs”; Gérard Filoche, sindacalista, è un dirigente del PS, non ha mai avuto un incarico elettivo e si è candidato «per battere Hollande con tutti i mezzi possibili» (già fatto, diciamo); Jean-Luc Bennahmias rappresenta l’Union des démocrates et des écologistes, e François de Rugy è vice presidente dell’Assemblea nazionale e presidente di un piccolo partito ecologista. Fino a ieri, sembrava che negli ultimi giorni che restano prima della presentazione delle candidature ufficiali gli anti-Hollande avrebbero dovuto cercare di organizzarsi tra loro per decidere chi fosse nella posizione migliore per rappresentare un’alternativa al presidente uscente, ma la decisione di Hollande ha ulteriormente sparigliato le carte e al momento non è facile prevedere cosa succederà, anche se è possibile che si formi un’alleanza contro Valls, nel caso decida di candidarsi.
Nell’area politica della sinistra (e dell’estrema sinistra) si sono candidate altre sei persone che però hanno dichiarato che non parteciperanno alle primarie. E sono: Nathalie Arthaud e Philippe Poutou, entrambi già candidati nel 2012 per l’estrema sinistra (avevano ottenuto rispettivamente al primo turno lo 0,56 per cento e l’1,15); Yannick Jadot è un deputato europeo e ha vinto le primarie degli ecologisti battendo a sorpresa Cécile Duflot; Sylvia Pinel è stata ministra nei governi Ayrault e Valls tra il 2012 e il 2016 ed è presidente del Parti radical de gauche. E poi c’è il candidato più popolare: Jean-Luc Mélenchon, ex ministro e deputato europeo da due mandati, che alle precedenti presidenziali aveva ottenuto l’11,1 per cento dei voti.
Cosa resta di Hollande
La decisione di Hollande di non ricandidarsi non è stata del tutto sorprendente, considerando che ha un tasso di popolarità intorno al 4 per cento, che ne ha fatto il presidente francese più impopolare dalla Seconda guerra mondiale. Hollande era molto impopolare già poche settimane dopo l’elezione del 2012 e le cose non sono mai migliorate durante il suo mandato. La disoccupazione e il fatto che la crescita economica della Francia in questi anni sia stata costantemente inferiore a quella dei maggiori paesi europei hanno peggiorato le cose; poi ci sono stati gli attentati terroristici che hanno colpito la Francia. I sondaggi dimostrano che gli elettori francesi, socialisti compresi, semplicemente non hanno più fiducia nella capacità di Hollande di guidare il paese. In un libro pubblicato qualche mese fa, Hollande aveva detto di avere “il desiderio” di candidarsi per un secondo mandato, ma che non avrebbe messo il suo nome davanti a quello di altri se fossero arrivati segnali contrari a una sua possibilità di vittoria. Diversi giornali francesi nelle ultime settimane avevano scritto che all’interno del Partito Socialista erano sempre più forti le posizioni di quelli che volevano proporre una candidatura ufficiale del partito alternativa a quella di François Hollande. La stessa cosa indicano i sondaggi (ci arriviamo).
A questo punto, è probabile che a candidarsi sarà il primo ministro Manuel Valls, che avrebbe potuto presentarsi anche in concorrenza con Hollande, ma da una posizione più debole. In un’intervista del 27 novembre al Journal du dimanche Valls aveva detto di «voler spezzare il meccanismo» che porterebbe il suo partito alla sconfitta «vista la confusione, il dubbio, la delusione e l’idea diffusa che la sinistra non abbia alcuna possibilità». Quando gli è stato chiesto se si sarebbe candidato anche contro Hollande, lui ha risposto: «Ciascuno dovrà fare le proprie riflessioni con responsabilità. Prenderò le mie decisioni con coscienza. Qualunque cosa accada, mi muoverà sempre il senso dello Stato».
I sondaggi
Secondo un sondaggio del 15 novembre di BVA, se François Hollande si fosse candidato alle primarie sarebbe stato battuto da Arnaud Montebourg al secondo turno, a differenza di Manuel Valls che sempre secondo i sondaggi risulterebbe il candidato vincente indipendentemente dall’avversario.
Se Hollande si fosse candidato avrebbe vinto il primo turno delle primarie contro Montebourg con il 40 per cento dei voti, na avrebbe perso al secondo turno con il 48 per cento contro il 52 di Montebourg, sul quale sarebbero arrivati i voti di tutta la sinistra scontenta del presidente uscente. Manuel Valls, invece, avrebbe possibilità di farcela: otterrebbe il 44 per cento al primo turno contro il 32 di Montebourg e il 13 di Benoît Hamon e al ballottaggio vincerebbe con un ampio margine contro Arnaud Montebourg, 57 per contro 43 per cento.
Un altro sondaggio (condotto da Odoxa a fine ottobre) mostra come i francesi intervistati preferiscano Valls a Hollande come candidato dei socialisti. Il 62 per cento pensa poi che Valls dovrebbe candidarsi.
Comunque andranno le primarie, per la sinistra i sondaggi non sono buoni. L’indagine più recente (27 novembre) dice che se Manuel Valls si candidasse non andrebbe comunque molto meglio di Hollande al primo turno delle presidenziali. Il presidente così come il primo ministro sono al 9 per cento delle intenzioni di voto, molto indietro rispetto al candidato di centrodestra François Fillon (26 per cento) e rispetto a Marine Le Pen (24 per cento). Jean-Luc Mélenchon otterrebbe il 15 per cento con Valls candidato e avrebbe preso il 13 con Hollande; Emmanuel Macron raggiungerebbe il 13 per cento con Valls e il 14 con Hollande. Il vincitore delle primarie della sinistra otterrebbe insomma solo il quinto posto al primo turno delle presidenziali.
Il programma
Nel frattempo, martedì 29 novembre, il Partito Socialista ha presentato il settimo e ultimo «cahier de la présidentielle», una serie di pubblicazioni avviate a settembre che contengono le linee guida per il futuro candidato alle presidenziali. Si dice che uno dei principali problemi del paese sia l’eccessiva centralizzazione della politica pubblica e per rimediare si propone una «maggiore regionalizzazione» della politica industriale, dei servizi e della formazione professionale.
Un altro campo di intervento riguarda la lotta contro «le caste» e contro «il precariato» attraverso la creazione di un «reddito minimo dignitoso». Senza entrare nei dettagli e per una «Francia più sicura» si propone il ripristino del servizio militare obbligatorio che era stato abolito durante la presidenza di Jacques Chirac nel 1997. Nel programma ci si occupa anche di ambiente: si parla di lavori di ammodernamento delle infrastrutture e dell’obiettivo di «portare al 40 per cento la quota di energie rinnovabili nella produzione di energia elettrica entro il 2030». Infine, «per restituire potere all’Europa» il PS propone una riforma di Schengen e un patto sulla sicurezza contro il terrorismo.