Cosa c’è di vero in “Sully”
Il nuovo film di Clint Eastwood che racconta il famoso ammaraggio nel fiume Hudson esce oggi in Italia, ma ha ricevuto diverse critiche per come ha raccontato parte della storia
Sully – nei cinema da oggi – è il 35esimo film da regista di Clint Eastwood, con protagonista Tom Hanks. Sully è anche il soprannome del suo protagonista, il pilota Chesley “Sully” Sullenberger, che ha 65 anni, e il 15 gennaio 2009, dopo sei minuti dal decollo, fece un ammaraggio d’emergenza nel fiume Hudson, a New York, salvando la vita di tutte le 155 persone a bordo. Sully, quindi, era un film difficile da fare: si sa già il finale e la parte di suspence dura davvero un paio di minuti. Nonostante questo sta ottenendo delle buone recensioni: quasi nessuno ne parla come di un film da Oscar ma molti critici hanno parlato bene delle scelte di regia di Eastwood, del modo in cui ha saputo rendere dinamico anche il seguito della storia e di come Tom Hanks sia sempre Tom Hanks. Un attore bravissimo, in uno di quei ruoli che sa fare benissimo: quello dell’uomo qualunque che finisce per diventare un eroe. Sully è però stato criticato per come ha raccontato la storia del dopo-ammaraggio, quando il pilota fu sottoposto a un’indagine per capire se aveva davvero fatto la cosa giusta.
Dopo quell’ammaraggio Sullenberger – cioè Sully – diventò un eroe nazionale, fu invitato in ogni trasmissione e scrisse anche un libro, Highest Duty. Il film racconta però soprattutto i giorni in cui, quando già tv e giornali ne parlavano come eroe, Sully e il suo copilota Jeffrey Skiles (interpretato da Aaron Eckhart) furono sottoposti a una indagine interna della NTSB, l’agenzia statunitense che indaga su incidenti di treni, navi e arei. Sully aveva infatti scelto di fare l’ammaraggio dopo aver preso in considerazione l’ipotesi di fare l’atterraggio d’emergenza su due piste lì vicino. Disse di averlo fatto perché secondo lui l’aereo non sarebbe riuscito ad arrivare a quelle piste, la NSTB indagò per capire se era vero e, più in generale, perché è quello che si fa dopo ogni incidente.
Sully è un film che racconta la storia del più spettacolare atterraggio d’emergenza di sempre, fatto a New York otto anni dopo l’11 settembre, da un eroe improvvisato che salvò tutti. Questo – insieme al fatto che è di Eastwood, con Hanks protagonista – è il motivo per cui andrebbe visto. C’è però anche chi ha criticato l’eccessiva retorica del film e la sua poca profondità nel raccontare qualcosa che non fosse solo “la storia di Sully, pilota normale diventato eroe”. Secondo diversi critici tutti i personaggi che non sono Sully non hanno granché da dire e, soprattutto, ci sono parti del film che non sembrano essere fedeli rispetto alla storia vera.
Cosa successe tra decollo e ammaraggio
L’aereo era un Airbus A320-214 della Us Airway è partì dall’aeroporto LaGuardia di New York alle 15 e 25 del 15 gennaio 2009, diretto a Charlotte, nella Carolina del Nord. Fuori faceva freddo e c’erano diversi gradi sotto zero. Sully era il pilota, con quasi 40 anni di esperienza, 20mila ore in volo e – dice il suo personaggio nel film – circa un milione di passeggeri trasportati in tutta la sua carriera da pilota. Skiles aveva allora 49 anni ed era primo ufficiale (cioè copilota): aveva da poco passato l’abilitazione per pilotare la classe di aeroplani su cui si trovava e, per fare esperienza, fece lui quel decollo, una cosa prevista dai regolamenti. Andò tutto bene, per un paio di minuti.
Poi ci fu un bird strike: il nome tecnico (anche nella versione italiana del film lo chiamano così) di un impatto con uno stormo di uccelli. Alcuni di essi finirono in un motore, altri nell’altro. Un Airbus A320-214 ha due motori a turboventola: smisero entrambi di funzionare e l’aereo iniziò a perdere quota.
Subito dopo l’impatto con gli uccelli Sully – più esperto – prese il controllo dell’aereo e parlando con la torre di controllo disse: «Abbiamo colpito degli uccelli. Abbiamo perso il controllo di entrambi i motori. Stiamo tornando indietro verso LaGuardia». Seguirono alcuni secondi di scambi tra i piloti e la torre di controllo (il film li riporta in modo molto fedele) e poi Sully decise di andare verso l’Hudson, ritenendolo la sola scelta possibile. Secondo i suoi calcoli – o forse è meglio dire le sue sensazioni, perché fece tutto in pochi secondi – l’aereo avrebbe altrimenti rischiato di andare contro delle case, o comunque di toccare terra prima di essere arrivato alla pista. A novanta secondi circa dal contatto con l’acqua, Sully disse all’equipaggio di “prepararsi all’impatto”.
Alle 15.31 Sully fece ammarare l’aereo – lungo più di 37 metri e con un’apertura alare di 34 –nell’Hudson. Alcuni battelli che erano nell’Hudson videro tutto e andarono verso l’aereo – che intanto stava imbarcando acqua – per aiutare i passeggeri che intanto stavano cercando di uscire. Il primo battello arrivò a circa quattro minuti dal momento in cui l’aereo era finito nell’Hudson e avviò le operazioni di salvataggio: il capitano di quel battello interpreta se stesso nel film.
Fino a qui tutto bene
Questa parte della storia è ricostruita con grande precisione nel film: Eastwood e i suoi collaboratori hanno parlato con esperti, guardato tutti i tanti resoconti su quei minuti, parlato con i due piloti, con i tre membri dell’equipaggio, con i passeggeri, con i soccorritori e con chi quel giorno alzando la testa da New York vide un aereo che andava verso il fiume. Parlando delle sequenze girate nella cabina di pilotaggio, Sullenberger ha detto: «Sono incredibilmente accurate, probabilmente tra le migliori scene di aviazione mai filmate e la maggior parte [dei dialoghi] sono direttamente presi dalle registrazioni di quel giorno».
208 secondi – anche se estesi, mostrati da diversi punti di vista e ben gestiti come fa il film di Eastwood – non bastano per fare un film. Sully – che comunque dura 96 minuti ed è il più corto di Eastwood – non parla quasi per nulla della vita del suo protagonista prima di quel giorno. Gran parte del film parla dell’indagine della NTSB e di come la affrontarono Sully e Skiles. Si vede un primo incontro tra i due piloti e i commissari della NTSB, si intuiscono i dubbi di Sully, si capisce che si sente accusato di non aver fatto la cosa giusta. Poi c’è un nuovo e definitivo incontro tra Sully e i commissari, quello con cui finisce il film.
Il film è stato criticato dalla NTSB, che dice che la storia raccontata è sbagliata, fuorviante per gli spettatori. L’idea che si ha guardando il film è: Sully fu un eroe ma la NTSB fece di tutto per non doverlo ammettere, dubitando troppo e con troppa enfasi che avesse preso la giusta decisione. Secondo la NTSB quello che successe fu più simile a: ci fu un ammaraggio, si indagò per capire perché ci fu e come fu gestito, arrivando alla conclusione che tutto fu fatto nel miglior modo possibile, forse addirittura nell’unico modo possibile.
Le critiche su come Sully racconta il dopo ammaraggio
Robert Benzon, che diresse l’indagine della NTSB, dopo aver visto il film, ha detto: «Non siamo il KGB, non siamo la Gestapo». Nel film il suo personaggio non c’è, o meglio c’è uno con il suo ruolo ma senza il suo nome, perché è stato scelto di non usare i veri nomi di chi fece quell’inchiesta (pare proprio su richiesta di Sullenberger). La NTSB si è lamentata anche dicendo che Eastwood e la produzione del film non li hanno contattati per avere il loro parere, o per dare loro la possibilità di fornire il loro punto di vista. La NTSB ha anche fatto notare che grazie alle tante domande poste durante l’indagine sono state formulate 35 nuove raccomandazioni per la sicurezza in volo. Benzon ha anche detto che seppur molte delle domande che ci sono nel film furono fatte davvero è parte della normale procedura e andrebbero come sempre inserite in un contesto maggiore, che un film non può che sintetizzare. Benzon ha detto: «Quei due erano già eroi nazionali, non eravamo lì per mettere qualcuno in imbarazzo». Malcom Brenner, un altro commissario che si occupò di quell’indagine, ha detto a Bloomberg: «Non si voleva crocifiggere nessuno. Se abbiamo fatto domande, era per sapere cose. Personalmente ne rimasi molto colpito».
Sully è quindi stato criticato perché, forse per dare più drammaticità e un secondo tempo più vivace a una storia altrimenti già conclusa, ha voluto esagerare un contrasto che in realtà sembra non esserci stato. L’idea del film era probabilmente di rendere Sully ancora più eroe proprio in quanto inizialmente incompreso. Christine Negroni – che si occupa da anni di temi legati all’aviazione – ha scritto sul New York Times: «Non c’è dubbio che la versione dell’inchiesta che si vede nel film sia diversa dal resoconto ufficiale di quello che successe davvero, sia nel tono che nella sostanza». Stephen Chess ha scritto sul Guardian che «dando per scontato che le indagini furono futili e fatte da incapaci, Sully strombazza una visione libertaria del mondo a scapito della sicurezza dei passeggeri. Chess – che è coautore di “Hollyweird Science”, una serie di libri sulla scienza e la tecnologia nei film – ha scritto:
La NTSB è vista in tutto il mondo come quella che ha messo i più alti standard di sicurezza, imparzialità, percettività e capacità di dire cose importanti sulla sicurezza in volo. La NTSB ha salvato un’infinità di vite. […] Sully ha macchiato questa reputazione solo per mostrare un eroe ancora più eroe.
L’indagine della NTSB si concluse nel maggio 2010, con un documento finale che diceva che Sullenberger aveva fatto l’unica cosa che poteva fare, facendola al meglio.