Renzi fa sul serio sul gioco d’azzardo?
Il governo sta trattando per eliminare un terzo delle slot machine: sarebbe la prima norma del genere in un paese che ha dati assurdi sul gioco d'azzardo
Da alcune settimane il governo sta trattando con le regioni per approvare un provvedimento che sarebbe il primo del suo genere: ridurre del 30 per cento il numero di slot machine in Italia. Al momento la trattativa è ancora in corso, ma l’obiettivo del governo è chiudere entro il 15 dicembre e inserire la norma nella legge di bilancio. Fino a oggi il numero di licenze per slot machine non ha fatto che aumentare ogni anno, tanto che l’Italia è arrivata ad avere uno dei settori del gioco d’azzardo più grandi al mondo per valore assoluto, dietro soltanto Giappone, Stati Uniti e Cina. Se consideriamo la spesa pro-capite nel gioco d’azzardo legale, quindi, l’Italia è probabilmente tra i primi posti al mondo.
Una norma per ridurre il numero di slot machine era stata inserita la prima volta nella legge di bilancio del 2015, ma non aveva prodotto effetti immediati. La riduzione avrebbe dovuto concludersi nel 2019, mentre nel corso del 2015 il numero di licenze è continuato ad aumentare. Lo scorso settembre la vicenda ha avuto un’improvvisa accelerazione quando il presidente del Consiglio Renzi ha annunciato che intendeva anticipare il taglio dal 2019 al 2017. Poche settimane dopo il governo ha iniziato una trattativa con la conferenza Stato-regioni, in cui è rappresentato dal sottosegretario all’economia Pier Paolo Baretta (PD).
L’ultima riunione è avvenuta lo scorso 17 novembre, si prevede un prossimo e ultimo incontro il 15 dicembre. «Stiamo lavorando su alcuni aspetti sensibili, come il problema delle distanze degli apparecchi dalle zone sensibili, come le scuole, e l’orario in cui è possibile giocare», ha spiegato Baretta al Post: «L’obiettivo è anticipare al 2017 la riduzione del 30 per cento nel numero di macchinette. Visto che prenderemo come riferimento il numero di macchinette al 31 luglio 2015, la riduzione sarà in realtà leggermente superiore, intorno al 33 per cento». Il testo in discussione prevede anche l’eliminazione totale delle slot machine dai cosiddetti “esercizi generalisti secondari” (alberghi, negozi, edicole, ristoranti, stabilimenti balneari). In futuro, ha detto Baretta, il governo pensa di introdurre un’altra norma che «in tempi congrui» porti all’eliminazione completa delle slot machine anche da bar e tabaccherie.
«È un intervento», spiega Fabio La Rosa, professore di diritto aziendale all’università di Enna e curatore del volume “Il gioco d’azzardo in Italia“, uscito la scorsa primavera, «che non posso salutare se non con favore, mirato ad un “ritorno alle origini” del gioco, ossia mero divertimento, limitato nel tempo come nella possibilità di spesa». Lo Stato, continua La Rosa, «non dovrebbe ritenere di poter fare fortemente affidamento su questa voce di introiti, nel definire le proprie manovre finanziarie».
Il provvedimento, però, non piace a tutti. Alcuni gruppi di attivisti “no-slot”, per esempio, chiedono al governo una proibizione totale e immediata delle slot machine in bar e tabaccherie. Il Post ha chiesto un commento a Sistema Gioco Italia, la federazione di Confindustria che raggruppa gli operatori del settore, ma i vertici dell’associazione non sono stati raggiungibili. Le associazioni dei tabaccai hanno protestato con forza contro la norma, ma le loro obiezioni sono diminuite in seguito all’approvazione da parte della Camera del ripristino dell’aggio del 5 per cento sulla vendita di valori bollati telematici, una norma che i tabaccai chiedevano da tempo. «Alcuni settori hanno guadagnato dal gioco, quindi altre forme di compensazione sono comprensibili», spiega Baretta.
Anche la trattativa con le regioni ha degli aspetti che devono ancora essere chiariti. Negli anni precedenti diversi consigli regionali hanno agito in autonomia per cercare di limitare il fenomeno delle slot machine. Non potendole vietare, hanno scelto di limitare l’orario in cui potevano essere mantenute in funzione e lo spostamento delle slot machine fuori dai centri città (come ha deciso di fare, tra gli altri, il comune di Roma guidato dalla sindaca Virginia Raggi). Il problema è che spostando le slot machine nei quartieri periferici si finisce con il concentrarle nei luoghi più vulnerabili. «Il rischio è creare dei “quartieri a luci rosse” del gioco. È un problema serio che stiamo cercando di comporre con gli enti locali, non vogliamo concentrare un eccesso di offerta nelle periferie degradate», spiega Baretta.
Se l’accordo con le regioni dovesse essere chiuso, cosa che tutti al momento sembrano dare per scontata, la diminuzione delle slot machine sarà inserita con un emendamento alla legge di bilancio 2017 nel corso della seconda lettura del provvedimento, che comincerà in Senato nei primi giorni di dicembre. Prima di allora, però, diverse cose possono ancora andare storte. Se il governo deciderà di approvare la legge di bilancio con la fiducia (come ha appena fatto alla Camera), gli emendamenti, come quello sulla riduzione delle slot machine, rischiano di essere eliminati. Anche se il governo dovesse cadere prima di terminare il percorso della legge in Senato (per esempio a causa di una vittoria dei “No” al referendum) le trattative con le regioni e l’inserimento della norma nella legge di bilancio potrebbero bloccarsi.
Il gioco d’azzardo legale in Italia ha raggiunto dimensioni da record: ogni anno il settore fattura 88 miliardi di euro, su un fatturato mondiale di circa 450 miliardi (queste sono cifre lorde, a cui vanno sottratte le vincete e le tasse). Metà del fatturato italiano, poco più di 47 miliardi, arriva dalle slot machine: ce ne sono più di 400 mila nel nostro paese, cioè circa una ogni 155 abitanti, contro una ogni 261 abitanti in Germania e una ogni 372 negli Stati Uniti. Il Giappone è uno dei pochi paesi al mondo con una concentrazione più alta: ci sono circa dieci milioni di apparecchi per il “pachinko”, una specie di slot machine. Mentre in Giappone il settore è in crisi da anni e i giocatori si sono quasi dimezzati nell’ultimo quindicennio, in Italia è cresciuto del 191 per cento tra il 2005 ed oggi. Soltanto nel 2015 il numero di slot machine è aumentato del 10 per cento.
La decisione di ridurre il numero di slot machine è un cambio di approccio per il governo Renzi, che negli anni precedenti aveva lasciato che il numero di licenze continuasse ad aumentare. Per lo Stato italiano il gioco d’azzardo rappresenta un’entrata importante, che nel solo 2015 ha generato 8,7 miliardi di euro. Il settore in Italia dà lavoro a circa 140 mila persone. Baretta ammette che negli ultimi anni si è «esagerato con l’offerta» e spiega il cambio di approccio del governo con un aumento della «sensibilità sociale nei confronti dei rischi del fenomeno».
Da anni le associazioni e i gruppi “no-slot” si battono contro la proliferazione di apparecchi per il gioco e anche esperti ed economisti hanno messo in guardia contro i rischi del gioco d’azzardo, che costituisce una tassa volontaria sui più poveri e meno istruiti. In un articolo pubblicato nel 2012 sulla rivista Stato e Mercato, i ricercatori Simone Sarti e Moris Triventi avevano scoperto che la percentuale del proprio reddito che una famiglia spende nel gioco d’azzardo cresce mano a mano che il reddito disponibile cala. I più poveri e i meno istruiti, in sostanza, giocano una percentuale maggiore dei loro guadagni rispetto a tutti gli altri.