Cosa sappiamo dell’attentatore della Ohio University
È un 18enne musulmano proveniente da una famiglia di rifugiati somali: tre mesi fa aveva detto di avere paura di pregare in pubblico
Nelle ultime ore i giornali americani hanno pubblicato alcuni dettagli sull’identità del ragazzo che ieri ha attaccato e ferito alcuni studenti della Ohio State University a Columbus, in Ohio. Si chiamava Abdul Razak Ali Artan, aveva 18 anni ed era uno studente somalo dell’università: assieme alla sua famiglia era arrivato negli Stati Uniti nel 2014, grazie allo status di rifugiato. Artan è stato ucciso da un agente di polizia poco dopo l’inizio dell’attacco: in tutto ha ferito 11 persone, investendone alcune con un’automobile e attaccando successivamente con un coltello.
Le motivazioni dell’attacco non sono ancora state chiarite: Artan era musulmano e prima di compiere l’attacco ha scritto un post sulla sua pagina Facebook in cui chiedeva agli Stati Uniti di «smettere di interferire con la vita negli altri paesi, specialmente quelli musulmani». Non è ancora chiaro se l’attacco possa essere trattato come un caso di terrorismo: Michael V. Drake, il preside dell’università, ha detto che finora «non abbiamo alcuna prova che appoggi questa teoria». Il New York Times scrive comunque che l’FBI sta esaminando diversi post di Artan su Facebook.
Non sappiamo moltissimo sulla vita di Artan prima dell’attacco di ieri: CNN scrive che la sua famiglia era scappata in Pakistan nel 2007 perché apparteneva a una minoranza religiosa. Lì hanno vissuto sette anni da rifugiati. Nel 2014 sette di loro sono stati ammessi negli Stati Uniti con la stessa forma di protezione. Negli Stati Uniti, Artan ha frequentato un college statale e secondo una fonte vicina alla sua famiglia si era iscritto alla Ohio State solamente da pochi mesi: frequentava i corsi di gestione della logistica.
In un certo senso Artan era già noto alla comunità della Ohio State: in agosto il giornale universitario The Lantern aveva pubblicato la sua foto e una sua dichiarazione nell’ambito della rubrica “Humans of Ohio State” (PDF), una serie di profili di studenti ispirata alla celebre “Humans of New York”. Parlando con The Lantern, Artan aveva descritto le sue abitudini da musulmano praticante e si era detto “spaventato” dalla prospettiva di pregare all’aperto davanti a tutti, per via dei pregiudizi che poteva attirare:
«Questo posto è enorme, non so nemmeno dove pregare. Vorrei farlo all’aperto, ma sono spaventato da tutto quello che stanno mostrando i media. Sono musulmano, ma non sono come mi descrivono i media. Se la gente mi osserva mentre prego, non so cosa possa pensare o cosa possa succedere. Ma non è colpa loro: sono i giornali che inculcano quelle descrizioni nelle loro teste – e quindi non possono farci niente – ed è una cosa che li farà sentire a disagio. Poco fa ero spaventato, ma poi l’ho fatto lo stesso. Mi sono affidato a Dio. Sono andato lì in un angolo e ho pregato».
.@TheLantern featured suspected OSU attacker Adbul Razak Artan in an August edition of Humans of Ohio State pic.twitter.com/K8bgILMNwJ
— Andy Chow (@andy_chow) November 28, 2016
Già da ieri sera sono emersi maggiori dettagli sull’attacco. Alle 9.52 locali – le 15.52 italiane – Artan ha investito con la sua auto alcune persone sull’area del campus: poi è uscito e ha ferito altre persone con un coltello, prima di essere ucciso da un agente di polizia che si trovava vicino al luogo dell’attacco, e che è intervenuto nel giro di un minuto. La maggior parte delle persone è rimasta ferita dopo essere stata investita, mentre secondo NBC almeno due sono state accoltellate. Nei primi minuti in cui si era diffusa la notizia si era parlato di una sparatoria soprattutto per via di un tweet del corpo di polizia dell’università, che aveva twittato che nel campus era presente uno shooter (“sparatore”). Vox ipotizza che non sia stato un errore, ma che il tweet sia stato fatto per “ragioni di sicurezza”: agli studenti sono state date le istruzioni standard su come comportarsi durante le sparatorie – riassumibili nei tre consigli “corri, nasconditi, lotta” – e utili anche durante questo tipo di attacchi.
OSU student sent this to @jenpicciano He and others in McPherson Hall used desks to create a barricade. #ohiostate pic.twitter.com/rvBLjxCRCV
— Cleveland 19 News (@cleveland19news) November 28, 2016