Come sono andate le elezioni in Kuwait
Molto bene per l'opposizione, fatta soprattutto di gruppi islamisti che si oppongono alle misure di austerità decise dal governo
Il 26 novembre in Kuwait si sono svolte le elezioni parlamentari e l’opposizione – rappresentata dai gruppi islamisti, nazionalisti e liberali – ha ottenuto 24 dei 50 seggi. Non ha quindi raggiunto la maggioranza, ma è stato comunque un risultato inaspettato, anche perché pochi dei vecchi parlamentari sono stati confermati. Più della metà dei seggi vinti dall’opposizione sono andati agli islamisti, che si dividono tra un partito legato all’organizzazione politico-religiosa dei Fratelli Musulmani e uno salafita, di orientamento radicale. Sono state elezioni anticipate: lo scorso ottobre l’emiro Sabah al Ahmad al Jaber al Sabah aveva sciolto il parlamento e indetto le elezioni a causa dell’aumentare dei contrasti tra i deputati e il governo. Alcuni parlamentari avevano sottoscritto tre interrogazioni dirette ai ministri per indagare le ragioni del recente aumento dei prezzi del petrolio e per avere informazioni su alcune possibili violazioni finanziarie e amministrative.
Come funzionano le elezioni in Kuwait
Il Kuwait è una monarchia costituzionale con a capo l’emiro al Sabah, la cui famiglia regna nel paese, in varie forme, dal Settecento. Il Kuwait è stato il primo paese del Golfo Persico ad avere un’assemblea consultiva e, sebbene non sia propriamente una democrazia, il suo parlamento può esercitare qualche potere: i deputati infatti possono bloccare, in diversi casi, le leggi sottoscritte dai ministri, che vengono scelti dalla famiglia regnante. Le donne hanno il diritto di voto dal 2005, ma le regole per ottenere la cittadinanza sono così rigide che solo il 30 per cento dei 4,4 milioni di abitanti è cittadino del Kuwait, quindi i maggiorenni con diritto di voto sono solo una minoranza
Le precedenti elezioni erano state nel 2013, ma ce n’erano state due anche nel 2012: una a febbraio e una a dicembre. Dopo che nella prima i partiti di opposizione avevano ottenuto la maggioranza, l’emiro aveva fatto cambiare la legge elettorale e indetto nuove elezioni (quelle di dicembre). Il vecchio sistema elettorale prevedeva che ogni elettore potesse votare quattro diversi candidati, anche di diversi schieramenti, mentre quello attuale consente un solo voto per ogni elettore. La vecchia modalità rendeva più difficile il fenomeno della compravendita dei voti e permetteva di ridurre il peso dei legami tribali nella scelta dei deputati, e per questo era preferito dall’opposizione. La maggioranza in parlamento è comunque assicurata al governo: oltre ai 50 deputati, ne fanno parte anche i 15 ministri, in virtù della loro appartenenza alla famiglia al Sabah (non hanno bisogno di essere eletti).
A partire dalle elezioni di dicembre 2012 alcuni partiti di opposizione avevano chiesto ai propri elettori di boicottare le elezioni e non votare. Quelle di sabato sono le prime elezioni in cui il boicottaggio è stato sospeso e l’effetto si è visto sulla partecipazione: ha votato il 70 per cento degli aventi diritto, mentre alle ultime elezioni l’affluenza era stata del 52 per cento.
Come si è arrivati a queste elezioni
La maggioranza dei parlamentari eletti nel 2013 sosteneva il governo, ma nel tempo il controllo dei ministri sui parlamento si era ridotto. Negli ultimi due anni il governo ha revocato con vari pretesti la cittadinanza a numerosi membri dell’opposizione e ai loro famigliari, a causa dei contrasti politici. La principale ragione degli scontri tra governo e parlamento ha riguardato le misure di austerità decise per far fronte alla diminuzione dei prezzi del petrolio – il prezzo al barile si è dimezzato rispetto ai 100 dollari (95 euro) dell’estate del 2014 – e quindi delle entrate del Kuwait. La produzione del petrolio quest’anno ha rappresentato il 95 per cento delle entrate dello stato, e per la prima volta in 16 anni il paese aumenterà il proprio debito pubblico.
Per compensare le perdite il governo ha in primo luogo ridotto la spesa pubblica, che in Kuwait finanzia l’assistenza medica gratuita, l’istruzione, i prestiti privi di interessi e l’assegnazione gratuita di case e di terreni per molti cittadini, oltre a sussidi per acquistare prodotti di base. L’altro provvedimento preso dal governo è stato alzare i prezzi di alcuni prodotti petroliferi – con aumenti fino all’80 per cento – rendendo più costose le spese energetiche per molti abitanti del paese. Il Kuwait è uno dei membri dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC), che la prossima settimana dovrebbe approvare la decisione di limitare la produzione di petrolio per farne aumentare il prezzo: una misura il cui effetto potrebbe essere vanificato dalla crescita dell’offerta petrolifera globale, dato che grandi produttori di idrocarburi come Stati Uniti e Russia non fanno parte dell’OPEC.
Il nuovo parlamento è molto diverso dal precedente: più della metà dei deputati uscenti non è stata eletta. Un terzo dei nuovi parlamentari sono più giovani e in politica da poco. Il numero dei deputati rappresentanti della minoranza sciita si è ridotto da nove a sei e in tutto il parlamento è stata eletta una sola donna, la liberale Safaa al Hashem: era già stata eletta nel 2012 e nel 2013, insieme a una deputata sciita. La maggior parte dei nuovi deputati ha detto che si opporrà a nuove misure di austerità proposte dal governo. Ora l’emiro al Sabah dovrà chiedere all’attuale primo ministro, o a un altro membro importante della sua famiglia, di formare il nuovo governo.