Niente marijuana legale con Trump?
La posizione del presidente eletto è fumosa, ma quella dei suoi consiglieri più stretti fa pensare che l'atteggiamento del governo federale potrebbe cambiare
di Jennifer Kaplan – Bloomberg
L’industria americana della marijuana legale, che la settimana scorsa ha celebrato la vittoria nel referendum per la legalizzazione della cannabis in otto nuovi stati, ora sta guardando con circospezione all’arrivo dell’amministrazione Trump. Inizialmente c’è stata la preoccupazione intorno alla possibilità che Rudy Giuliani fosse nominato Attorney General (un incarico governativo assimilabile grossomodo al nostro ministro della Giustizia), perché l’ex sindaco di New York è famoso tra le altre cose per la sua fervente posizione anti-marijuana, che lo ha messo al centro dell’attenzione di investitori, rivenditori, coltivatori e altre persone nel settore della marijuana, che questa settimana si riuniranno a Las Vegas in occasione di due grandi conferenze.
Alla fine Trump non ha scelto Giuliani come Attorney General, ma Jeff Sessions: una notizia forse ancora peggiore, per l’industria della marijuana legale. Forbes ha spiegato che qualcuno sperava che Giuliani, nonostante fosse contrario alla legalizzazione, avrebbe forse tenuto conto dei benefici economici della marijuana legale. Con Sessions la strada sarà molto più complicata: lo scorso aprile ha detto che c’era bisogno di “adulti” a Washington che decidessero che la marijuana non va legalizzata. Sessions ha sempre sostenuto che la marijuana sia una sostanza molto pericolosa, e ha definito la sua legalizzazione uno dei principali fallimenti di Barack Obama. Una volta ha anche detto che «le brave persone non fumano marijuana».
Nonostante il presidente eletto Donald Trump abbia mandato segnali contrastanti sul tema, nella sua cerchia ristretta sono in molti a non approvare la legalizzazione della cannabis. Per la legge federale americana la marijuana è illegale, e il prossimo dipartimento di Giustizia potrebbe accantonare con facilità la politica di non-interferenza nelle decisioni dei singoli stati promossa dall’amministrazione Obama. Ethan Nadelmann, della Drug Policy Alliance, ha definito Sessions un «dinosauro della guerra alla droga», e ha detto che chi spera che Trump delegherà agli stati le decisioni sulla marijuana «rimarrà molto deluso».
«Stiamo prendendo in considerazione gli scenari peggiori», ha detto Emily Paxhia, direttrice generale della società di San Francisco Poseidon Asset Management LLC, che ha investito oltre 10 milioni di dollari in imprese nel settore della cannabis. L’8 novembre gli elettori di California, Maine, Massachusetts e Nevada hanno portato a otto il numero di stati dove, a partire da gennaio, fare uso marijuana a scopo ricreativo non sarà più reato. La vittoria di Trump su Hillary Clinton, però, «ha decisamente azzittito i festeggiamenti», ha detto Paxhia. Non c’è modo di sapere, tuttavia, se l’amministrazione Repubblicana porterà dei problemi. Trump ha definito la legalizzazione della marijuana per qualsiasi scopo diverso da quello terapeutico un «brutto» esperimento, ma ha anche detto che è una questione di competenza dei singoli stati. Quando era ancora governatore dell’Indiana il vicepresidente eletto Mike Pence era un sostenitore dell’aumento delle pene per il possesso di marijuana, e altre persone vicine a Trump come Giuliani e Chris Christie sono notoriamente strenui oppositori della marijuana. Il fondo di venture capital di Peter Thiel – che fa parte del transition team, il gruppo di persone che si stanno occupando del passaggio di poteri dall’amministrazione Obama a quella Trump per conto di quest’ultimo – ha investito nel settore della marijuana. Il transition team non ha risposto alle richieste di commenti inviate per email.
Negli Stati Uniti quello della cannabis è un business da 6 miliardi di dollari l’anno, e secondo le previsioni triplicherà quando i nuovi stati in cui è stata votata la legalizzazione creeranno le infrastrutture per il settore. Prima dell’insediamento di Trump un americano adulto su cinque vivrà in uno stato in cui la marijuana è legale, e in 28 stati – compresi i quattro che hanno appena votato a favore – sarà permesso l’uso di marijuana a scopo terapeutico. «Non si potrà tornare indietro», ha detto Dona Frank, CEO di Natural Cannabis, una società di Santa Rosa, in California, che gestisce negozi in cui si vende cannabis a scopo terapeutico. «Sarebbe più intelligente limitarsi a tassare e regolamentare. Tutti quanti hanno votato a favore, e tutti la vogliono».
Ciononostante, sarebbe stupido da parte del settore della marijuana non prepararsi al peggio, ha detto Jonathan Caulkins, professore della Carnegie Mellon University e autore di Marijuana Legalization: What Everyone Needs to Know. Trump potrebbe essere convinto dai suoi consiglieri a mettere fine alla linea del “chiudere un occhio”, e il suo attorney general avrà l’autorità per costringere a chiudere le aziende che commerciano prodotti illeciti a livello federale. «Chiudere queste aziende è facilissimo», ha detto Caulkins, «basta scrivere una lettera e minacciarle di sequestrare la loro merce».
Taylor West, vicedirettrice della National Cannabis Industry Association, ha detto che il gruppo ha già preparato la sua strategia: istruire i membri del Congresso degli stati che hanno appena votato a favore della legalizzazione e «portarli dalla loro parte», oltre che ricordare all’amministrazione Trump che il 60 per cento dei residenti negli Stati Uniti ha accesso a forme di marijuana legale. Paxhia ha detto che la definizione di strategie sarà nel programma dei partecipanti ai due eventi di Las Vegas, la Quinta conferenza annuale sul settore della marijuana del Marijuana Business Daily, un sito d’informazione rivolto a professionisti nel settore della cannabis, e l’Arcview Investor Forum, sponsorizzato dall’Arcview Investor Network, i cui membri sostengono le aziende che si occupano di cannabis. «Attualmente c’è un po’ di incertezza su quale sarà la linea dell’amministrazione Trump», ha detto West, «questo è esattamente il tipo di momento per cui ci stiamo preparando».
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