La dura vita dei candidati indipendenti in Cina
Alle elezioni locali tutti possono candidarsi, ma un video surreale di un giornalista di BBC mostra come sia impossibile fare campagna elettorale
La scorsa settimana, a Pechino, centinaia di migliaia di cittadini cinesi hanno partecipato alle elezioni locali. Altri 900 milioni saranno chiamati a votare all’inizio del prossimo anno, quando si terranno le elezioni per scegliere i congressi locali nel resto del paese. Il governo cinese chiama queste “le più grandi elezioni del mondo”, e almeno in teoria si tratta di una definizione corretta: è l’unica consultazione elettorale nel paese in cui chiunque può candidarsi e votare. Ma chi decide di candidarsi va incontro a molte difficoltà, come ha mostrato un video girato dal giornalista di BCC John Sudworth.
Sudworth è andato nella periferia di Pechino per incontrare Liu Huizhen, una donna di 45 anni che è riuscita a raccogliere la firma di altre dieci persone e candidarsi da indipendente. Nel video girato da Sudworth e dal suo operatore Matthew Goddard si vedono una decina di persone in abiti civili che non appena Sudworth prova ad avvicinarsi alla casa della candidata si mettono tra lui e la porta. Il video è abbastanza surreale, visto che fino alla fine del video non c’è alcun momento di violenza, ma soltanto la resistenza passiva di quelli che Sudworth identifica come poliziotti in borghese.
Con qualche sforzo, Sudworth riesce a bussare alla porta e ad attirare l’attenzione della candidata. Nel video si vede che non appena Liu, la candidata, si affaccia per vedere cosa sta succedendo, gli uomini in borghese bloccano la porta e poco dopo fanno lo stesso con una finestra. Dopo circa mezz’ora di tentativi, gli uomini decidono di trascinare a forza Sudworth nella sua automobile e costringerlo ad andarsene.
Il giornalista racconta di un episodio simile avvenuto nel centro della città, quando i poliziotti, in uniforme questa volta, gli hanno impedito di parlare con Ye Jingchun, 59 anni, un’altra candidata alle elezioni locali. Dopo qualche ora, però, Sudworth è riuscito a incontrarla. Anche il gesto di candidarsi, gli ha raccontato Ye, è molto difficile. Servono dei moduli particolari, difficili da procurarsi, che poi bisogna far firmare ad almeno dieci persone che vivono nella stessa zona. Le autorità sconsigliano apertamente ai residenti di una zona di appoggiare qualsiasi candidato indipendente. Ye dice di essersi candidata per motivi molto semplici: «Una volta stavo cercando il delegato che avevo eletto, ma non avevo idea di come fare, non conoscevo nemmeno il suo nome. Così ho pensato che se fossi stata eletta avrei potuto aiutare le persone più sfortunate».
Per chi riesce a ottenere le firme necessarie, le cose non diventano più semplici. Come Sudworth ha sperimentato, i candidati sono quasi costantemente sorvegliati dalla polizia, che gli impedisce di fare campagna elettorale e di incontrare giornalisti stranieri (quelli cinesi sono tutti controllati dal governo e non forniscono quasi nessuna copertura alle elezioni locali). Un altro candidato indipendente, Zhang Shangen, 73 anni, ha raccontato al New York Times che prima di un comizio che aveva organizzato, la polizia lo ha prelevato e trasferito per qualche tempo in una città a quasi mille chilometri di distanza.
Di fatto, le elezioni locali sono manipolate in modo che soltanto i candidati scelti dai leader locali del Partito Comunista possano candidarsi, fare campagna elettorale e farsi eleggere. Sudworth scrive che è una situazione particolarmente paradossale visto che fino a poche settimane fa i media cinesi descrivevano il caos generato dalla campagna elettorale americana come il risultato inevitabile prodotto dalla democrazia: «Ma il dissenso e il risentimento verso l’establishment non sono tipici soltanto di Stati Uniti e Regno Unito. L’oppressione e le maniere forti usate nei confronti dei candidati indipendenti sono la dimostrazione che dietro la teorica unità dei cinesi dietro il sistema a partito unico esistono altrettanto risentimento e frustrazione».