Sono stati gli elettori che hanno deciso all’ultimo a far vincere Trump?
I dati degli exit poll sembrano suggerirlo, spiega il Washington Post, e questo scagiona almeno in parte i sondaggi
di Aaron Blake – The Washington Post
I sondaggi erano sbagliati e ora Donald Trump è il presidente eletto degli Stati Uniti. Questo è quello che sanno tutti, ma non è il quadro completo. In una certa misura i sondaggi erano sbagliati, d’accordo. Negli ultimi giorni prima del voto, però, è anche successo qualcosa: le persone che hanno deciso all’ultimo momento chi votare hanno scelto in maggioranza Donald Trump negli stati che contavano di più, secondo gli exit poll. Senza questa impennata arrivata apparentemente tardi, il presidente eletto degli Stati Uniti sarebbe Hillary Clinton, e non Trump.
Esaminando i quattro stati americani dove c’è stato il margine minore tra i due candidati e in cui Clinton ha perso – o, nel caso del Michigan, dove è previsto che perda – in ciascuno di questi gli exit poll mostrano che gli elettori che hanno deciso all’ultimo per chi votare propendevano nettamente per Trump. In Michigan, Trump ha preso da questi elettori l’11 per cento di voti in più rispetto a Clinton e in Wisconsin addirittura il 29 per cento in più, per un totale del 59 per cento contro il 30 di Clinton. Non si è trattato di piccoli gruppi di elettori. Il numero di elettori indecisi e di sostenitori di partiti minori che nelle ultime settimane prima del voto non aveva ancora scelto chi votare era di 1 ogni 8 a livello nazionale, un numero insolitamente alto poco prima delle elezioni (come ha fatto notare Nate Silver, nel 2012 erano solo il 3 per cento).
In Florida l’11 per cento delle persone ha detto di aver deciso per chi votare la settimana prima del voto. In Pennsylvania erano il 15 per cento, mentre in Michigan e Wisconsin – stati in cui Trump ha ricevuto una spinta all’ultimo – il 20 per cento degli elettori ha detto di aver fatto la sua scelta negli ultimi sette giorni prima delle elezioni. La cosa non deve sorprendere più di tanto: come ha sottolineato Philip Bump, la tendenza era già intuibile negli ultimi giorni di campagna elettorale, soprattutto quando i sostenitori del candidato del Partito Libertario Gary Johnson hanno iniziato a migrare verso Trump.
Cosa ha spinto gli elettori a decidersi così tardi e a propendere di più per Trump? Potrebbero essere stati WikiLeaks o il direttore dell’FBI James Comey (il Washington Post è scettico a riguardo)? O forse il fatto che verso la fine la campagna elettorale di Trump sia stata più disciplinata? O magari è stata solo la tendenza secondo cui gli elettori indecisi scelgono di votare di più per il partito d’opposizione.
Se diamo per buoni per tutti questi numeri – ed è un grande “se”, viste le possibili interpretazioni degli exit poll – nell’ultima settimana prima delle elezioni Trump avrebbe guadagnato circa quattro punti in Wisconsin, 2,5 in Pennsylvania, 2 in Florida e 1,5 in Michigan. In ciascuno di questi stati queste oscillazioni, nel caso in cui fossero esatte, avrebbero determinato la vittoria di Trump. Secondo i risultati più aggiornati Trump ha vinto in Wisconsin dello 0,9 per cento, dell’1,1 per cento in Pennsylvania, dell’1,2 in Florida ed è in vantaggio dello 0,2 per cento in Michigan. Dando per acquisito il Michigan, il probabile margine di Trump in termini di grandi elettori dovrebbe essere di 306 a 232. Senza questi quattro stati perderebbe contro Clinton con esattamente lo stesso margine, 307 a 231. Anche perdendo soltanto in Florida e in uno qualsiasi di questi stati, Trump sarebbe stato sconfitto. Se avesse vinto in Florida ma fosse stato sconfitto nei restanti tre stati, avrebbe perso. Si parla di uno spostamento di un solo punto percentuale o poco più: il margine tra i due candidati in queste elezioni è stato davvero strettissimo.
Tornando a guardare i tanto bistrattati sondaggi, se si aggiungono al computo gli elettori che hanno deciso all’ultimo non sembrano poi così sbagliati. Prendendo per esempio la media di RealClearPolitics in ogni stato e adattandola in base all’oscillazione degli elettori che si sono decisi alla fine, Trump sarebbe stato dato vincente in Florida, Michigan e Pennsylvania. La media finale dei sondaggi dava Clinton avanti di un punto in Florida, più o meno alla pari con Trump in Michigan e in vantaggio di due punti in Pennsylvania. Ognuna di queste medie è andata leggermente in direzione di Trump negli ultimi giorni prima del voto grazie ai dati dell’istituto del Partito Repubblicano Trafalgar Group, che ha condotto sondaggi la domenica prima delle elezioni.
Anche senza i sondaggi di Trafalgar Group, però, il grande flusso di elettori indecisi apparentemente andato a favore di Trump potrebbe contribuire a spiegare perché gli altri sondaggi avevano indicato il vincitore “sbagliato”. I sondaggi, in fondo, non prevedono il futuro, ma si limitano a segnalare qual è la situazione in determinati stati da tre a sette giorni prima delle elezioni. È possibile che abbiano dato un quadro piuttosto accurato della situazione nel momento in cui sono stati svolti, prima cioè che gli elettori indecisi scegliessero per chi votare. Perlomeno i sondaggi probabilmente non hanno sbagliato di parecchi punti percentuali, come potrebbero pensare in molti (per quel che vale, il Wisconsin è l’unico stato dove nemmeno lo spostamento degli elettori indecisi spiegherebbe quei sondaggi: in tutti i sondaggi dell’ultimo minuto Clinton aveva un vantaggio intorno al 5 per cento).
Questo ovviamente è un esercizio imperfetto. In molti di questi casi le medie includono sondaggi condotti almeno in parte nell’ultima settimana prima del voto, quando perciò alcuni degli elettori che hanno deciso all’ultimo avevano già fatto la loro scelta. È anche vero, però, che negli ultimi giorni ci sono stati molti elettori di candidati diversi da Clinton e Trump in palio. Tutte le indicazioni degli exit poll mostrano che queste persone hanno votato nettamente per Trump, forse in maniera sufficiente da fare la differenza in stati decisi da circa un punto percentuale o meno. Per coincidenza gli stati che sono stati decisi con un margine molto ristretto assegnavano molti grandi elettori. La combinazione di questi due fattori implica che la vittoria di Trump è stata più stretta di quanto possa sembrare dal conteggio dei grandi elettori. Per quanto non lo si possa affermare con certezza, sembra proprio che un elettorato apparentemente in procinto di eleggere Clinton abbia poi deciso in extremis di votare per Trump.
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