Nel dark web non c’è solo roba illegale
Un'azienda di informatica ha guardato dentro 400 siti a caso, e più della metà non faceva niente di illegale (ma comunque c'è molto porno)
Il cosiddetto dark o deep web, quella parte di Internet non accessibile attraverso i normali browser come Chrome e Safari e i motori di ricerca come Google, è noto alla maggior parte delle persone per ospitare siti dove avvengono scambi commerciali illegali (anche solo di credenziali per accedere a Netflix o a database di articoli scientifici) o dove si possono comprare droghe e trovare materiali pedopornografici. I siti del dark web vengono chiamati “onion” e si raggiungono con browser come Tor, che cercano di garantire la privacy di chi li usa. Del dark web si è parlato molto soprattutto dopo l’arresto e la condanna all’ergastolo di Ross Ulbricht, il fondatore di Silk Road, cioè uno dei più famosi siti di e-commerce illegali, utilizzato soprattutto per la vendita di droga, prima che le autorità statunitensi lo chiudessero nell’ottobre del 2013.
Terbium Labs, un’azienda di sicurezza informatica che si occupa di analizzare il dark web alla ricerca di siti che distribuiscono contenuti per cui non hanno i diritti o materiale privato di altre persone, ha fatto uno studio su una piccola selezione di onion per capire quale sia la percentuale di contenuti illegali presenti nel dark web. È difficile fare una stima precisa perché il dark web non è organizzato, non esiste una lista completa di tutti i siti che ne fanno parte e per accedere a un onion specifico bisogna conoscerne l’indirizzo: non si può fare una ricerca usando parole chiave. Per il loro studio due ricercatrici di Terbium Labs, Clare Gollnick e Emily Wilson, hanno selezionato a caso 400 url nel corso di un giorno di agosto 2016 e poi li hanno suddivisi in base al loro scopo e ai loro contenuti. Hanno così scoperto che circa la metà dei siti del dark web consultati erano fatti di contenuti legali: considerando le singole pagine, il 54,5 delle url era legale. Tra i siti considerati legali da Gollnick e Wilson ci sono anche quelli pornografici che però non contengono materiali ottenuti illegalmente o con la violenza: nel grafico sotto, dovremmo quindi sommare il valore Legal a quello Explicit.
Le percentuali di url legali e no; la pornografia non illegale è indicata come “Explicit” (Terbium Labs)
Tra le url contenenti materiale illegale, il 45 per cento aveva a che fare con il commercio di droga, l’11,9 per cento con quello di farmaci, un 4,6 per cento erano siti di frodi e un altro 4,6 per cento riguardava operazioni di hacking. Il 3,7 per cento riguarda materiale pedopornografico o comunque ottenuto facendo violenza su minorenni. Solo lo 0,9 per cento conteneva materiale relativo a estremismi politici. Le url legali invece contengono, oltre a materiale pornografico non illegale, versioni onion di siti come Facebook, siti di società o partiti politici, blog personali, forum su molti argomenti, tra cui tecnologia, videogiochi, privacy e anche sulla disfunzione erettile. Tra i siti legali del dark web c’è anche una rivista letteraria, si chiama The Torist, e tempo fa c’erano anche dei gattini, chiamati “Tor kittenz”.
Nello studio Gollnick e Wilson hanno scritto che «l’anonimato non per forza è legato alla criminalità, a volte è dovuto a un semplice desiderio di privacy». Molte persone poi usano Tor non per visitare il dark web, ma per accedere a siti comuni in modo anonimo; tra queste persone ci sono giornalisti, attivisti dei diritti umani e dissidenti politici nei cui paesi è pericoloso scambiare alcune informazioni online.
Lo studio di Terbium Labs va letto tenendone in considerazione alcuni limiti. Il primo è che nel dark web non ci sono centinaia di siti, ma decine di migliaia; secondo dati dello stesso Tor tra l’inizio dell’anno e oggi il numero dei siti ha oscillato tra 30mila e più di 100mila. Inoltre gran parte dei siti del dark web hanno una vita molto breve, alcuni di poche ore; le url e i domini usati per lo studio di Terbium Labs sono stati analizzati una settimana dopo essere stati selezionati, e nel frattempo il 17,7 per cento non era più online. Un altro limite dello studio è che non mostra quali siano i siti più frequentati. Uno studio del 2014 ha stimato che più dell’80 per cento degli accessi al dark web erano a siti di pedopornografia; anche questo dato però deve essere considerato tenendo conto che molte visite possono essere dovute all’attività di bot, ad attacchi fatti da hacker a questi siti o alle indagini di forze di polizia.