Le Pen non vincerà (dicono, ehm, i sondaggi)
A sei mesi dalle presidenziali francesi gli esperti dicono che arriverà al ballottaggio, facendo fuori i socialisti, ma perderà contro il candidato del centrodestra
di Gregory Viscusi e Geraldine Amiel – Bloomberg
Un candidato che parla senza usare giri di parole e ha esperienza nel settore imprenditoriale si candida alla presidenza, e dopo una serie di uscite razziste i sondaggi gli danno poche speranze di vittoria. A fare una brutta figura, però, alla fine sono i sondaggisti. Non è soltanto la storia di Donald Trump negli Stati Uniti nel 2016, ma anche quella di Jean-Marie Le Pen in Francia nel 2002. Le Pen, che all’epoca era a capo del partito di estrema destra Front National, riuscì ad arrivare a sorpresa al secondo turno delle elezioni presidenziali, dove poi – questa volta come previsto correttamente dai sondaggisti – venne sconfitto dal presidente in carica Jacques Chirac. Secondo tutti i sondaggi precedenti a sfidare Chirac sarebbe stato il candidato socialista Lionel Jospin.
In Francia le prossime elezioni presidenziali si terranno nel 2017 e dopo le due grandi sorprese politiche degli ultimi mesi – la vittoria di Trump negli Stati Uniti e quella del Leave nel referendum su Brexit nel Regno Unito di giugno – l’attenzione si sta concentrando sulla figlia di Jean-Marie Le Pen, Marine, che è sulla buona strada per bissare il risultato ottenuto dal padre e promette di indire un referendum sulla permanenza della Francia all’interno dell’Unione Europea.
Secondo tutte le principali società di sondaggi francesi Marine Le Pen, attuale leader del Front National, arriverà in una delle prime due posizioni al primo turno delle presidenziali di aprile, ma sarà poi sconfitta al ballottaggio contro il candidato del partito di centrodestra dei Repubblicani con un ampio margine. Nonostante le agenzie di scommesse abbiano abbassato nettamente le quotazioni della vittoria di Le Pen dopo il successo di Trump, gli istituti di sondaggi dicono di avere fiducia nel fatto che le loro previsioni riflettano accuratamente l’umore del paese a sei mesi del voto. «Non si può mai dire mai, però credo che in Francia abbiamo dei vantaggi che i nostri colleghi americani non hanno», ha detto Bruno Jeanbert, vicedirettore generale dell’istituto di sondaggi OpinionWay. «Una sorpresa in stile Trump è meno probabile qui», ha aggiunto.
Sondaggi vs. agenzie di scommesse
Secondo un sondaggio della società BVA condotto tra il 14 e il 19 ottobre, Le Pen dovrebbe ottenere tra il 25 e il 29 per cento dei voti al primo turno di aprile. Se al ballottaggio del 7 maggio dovesse affrontare il sindaco di Bordeaux Alain Juppé – il favorito per la vittoria delle primarie dei Repubblicani – perderebbe di oltre 30 punti percentuali, mentre se il suo avversario fosse l’ex presidente Nicolas Sarkozy il margine a suo sfavore sarebbe di 12 punti. Dal momento che il distacco è molto più ampio di quello che Hillary Clinton aveva su Donald Trump nei giorni precedenti alle elezioni americane dell’8 novembre, le possibilità di una sorpresa in Francia sono molto più remote, ha detto Holger Schmieding, economista capo di Berenberg Bank. Ciononostante l’agenzia di scommesse Ladbrokes ha abbassato le quote di Le Pen a 7 a 4 dal 5 a 1 precedente alle elezioni americane, dandole il 36 per cento di possibilità di vittoria. «Siamo piuttosto sicuri che Le Pen non vincerà», ha scritto Schmieding in una nota dell’11 novembre ai suoi clienti, aggiungendo che «dobbiamo comunque monitorare i rischi politici molto attentamente».
La Francia è diversa
Gli istituti di sondaggi francesi hanno il vantaggio dell’esperienza. La candidatura di Trump non aveva precedenti nella politica americana, e quindi i sondaggisti americani non avevano riferimenti per valutare se gli elettori erano restii ad ammettere di sostenere il candidato presidente del Partito Repubblicano. Dal 2002 in poi, invece, i francesi invece hanno avuto l’opportunità di ricalibrare le loro valutazioni. «Non rilevammo la crescita del sostegno a Jean-Marie Le Pen», ha detto Yves-Marie Cann, direttore di studi politici dell’istituto di sondaggi Elabe, «però abbiamo aggiustato i nostri metodi e alle ultime elezioni siamo andati piuttosto vicini al risultato finale, il che ci dà una certa fiducia nel nostro lavoro». Le Pen, inoltre, sta cercando di rendere il Front National più tradizionale. Ha cacciato suo padre dal partito, ne ha ripudiato i commenti razzisti e antisemiti, si è concentrata maggiormente sull’economia e appare spesso sui mezzi d’informazione. Per tutti questi motivi è meno probabile che gli elettori nascondano il loro sostegno nei suoi confronti, ha detto Cann.
Gli istituti di sondaggi francesi erano abituati a tracciare le fortune dei partiti più estremi da prima ancora dell’ascesa di Le Pen padre. Negli anni Settanta per il Partito Comunista francese era normale prendere più del venti per cento dei voti al primo turno delle presidenziali. «Trump era un fenomeno nuovo», ha detto Jeanbert di OpinionWay, «mentre noi invece abbiamo una tradizione più lunga di voti di protesta».
Incertezze e differenze
Ci sono ancora questioni aperte che definiranno la campagna elettorale francese tra oggi e il giorno del voto. Il presidente in carica François Hollande non ha ancora deciso se si ricandiderà. Nel caso in cui decidesse di non farlo sarebbe un altro socialista a candidarsi, ma secondo i sondaggi nessun membro del partito riuscirebbe ad arrivare al secondo turno. Mercoledì l’ex ministro dell’Economia di Hollande Emmanuel Macron ha annunciato che si presenterà alle elezioni da indipendente, e potenzialmente la sua candidatura sottrarrà ulteriori voti ai partiti tradizionali.
Ad ogni modo, i più alti tassi di affluenza in Francia fanno sì che ci siano meno possibilità di sorprese da parte dei cosiddetti “elettori nascosti”, come i bianchi americani delle zone rurali che sembrerebbero avere determinato la vittoria di Trump. Dagli anni Sessanta l’affluenza alle elezioni presidenziali americane è inferiore al 60 per cento, mentre per gran parte dello stesso arco di tempo i francesi che sono andati a votare sono stati l’80 per cento. Un ultimo vantaggio di cui possono beneficiare gli istituti di sondaggi francesi rispetto ai loro colleghi americani è dato dal fatto che le elezioni presidenziali francesi sono più semplici: il candidato che ottiene il maggior numero di voti a livello nazionale vince.
Nonostante il sistema del collegio universale, molto più complicato, gli istituti di sondaggi americani non hanno poi sbagliato di così tanto quest’anno, ha detto Jeanbert. La media degli ultimi sondaggi dava a Clinton un vantaggio nazionale di circa tre punti percentuali. Anche se non sono ancora arrivati i risultati finali, è probabile che il vantaggio di Clinton nel voto popolare sia stato di poco inferiore all’un per cento, all’interno quindi del margine di errore. I sondaggi ci hanno preso in quasi tutti gli stati, sbagliando solo in Pennsylvania, Wisconsin e Michigan, dove comunque gli ultimi sondaggi davano a Clinton un vantaggio inferiore al dieci per cento. «Il problema non sono stati tanto i sondaggi quanto piuttosto la loro analisi», ha detto Jeanbert, che ha aggiunto che «le previsioni sul voto nazionale sono state quasi perfette, mentre in due o tre stati hanno sbagliato di solo qualche decina di migliaia di voti. Non si può prevedere sempre tutto».
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