Cos’è la storia del “veto” di Renzi in Europa
O "pre-veto", o "antipasto di veto", come scrivono creativamente i giornali
Oggi tutti i principali quotidiani e siti di news titolano su un “veto” o “pre-veto” – ieri circolava la creativa espressione “antipasto di veto” – che il governo italiano vorrebbe mettere nei prossimi giorni sul bilancio dell’Unione Europea e sulle modifiche al regolamento di Dublino, quello che stabilisce le regole di accoglienza per i richiedenti asilo. Da tempo Renzi minacciava di opporsi all’approvazione del bilancio europeo e martedì la sua intenzione – che non si è ancora concretizzata, cosa non immediatissima a leggere i giornali – è stata confermata dal sottosegretario per gli Affari esteri Sandro Gozi, che dopo una riunione a Bruxelles ha ribadito l’attuale opposizione dell’Italia al bilancio.
Se entro giovedì 17 non sarà raggiunto un accordo all’unanimità tra tutti gli stati membri, la Commissione dovrà presentare una nuova proposta di bilancio, che dovrà essere approvata entro la metà di dicembre. Quella in discussione – e su cui il governo italiano dice di voler esercitare il suo veto a meno di cambiamenti – è una modifica al bilancio europeo approvato lo scorso 2013 e valido fino al 2020. Normalmente il bilancio dell’Unione Europea viene votato una sola volta, proprio per evitare che i singoli stati membri possano usare ogni anno il loro potere di veto per chiedere più risorse o per ragioni di politica interna. Quest’anno, però, anche per accontentare le richieste italiane di ricevere maggiori risorse, il bilancio è stato modificato in maniera sostanziale e questo, a differenza dei piccoli cambiamenti che possono essere approvati a maggioranza semplice, richiede un voto all’unanimità di tutti gli stati membri.
Il nuovo bilancio prevede un incremento delle risorse destinate alla gestione dell’immigrazione pari a 2,5 miliardi di euro e di quelle destinate alla crescita e al lavoro di 1,4 miliardi. In caso il veto venga definitivamente confermato, il bilancio europeo non sarà sottoposto a queste modifiche e queste risorse aggiuntive verranno spese altrove. Secondo Gozi, e secondo quanto detto da Renzi nelle scorse settimane, queste risorse non sono sufficienti. Quello che chiede il governo italiano, però, è nel contempo molto più ampio (e molto vago). Martedì Renzi ha detto che i leader europei «riempiono di soldi i paesi che non soltanto non accettano un accordo che loro hanno firmato, ma con i nostri soldi alzano i muri», un riferimento ad alcuni paesi dell’est Europa, come l’Ungheria, che nel corso del 2015 hanno costruito barriere lungo i loro confini per impedire l’accesso ai migranti. Ungheria e paesi dell’est sono dei ricevitori netti di fondi europei, ossia ricevono dall’Europa più fondi di quanti ne versano. L’Italia invece, come tutti i paesi più ricchi dell’Unione, è un contributore netto, cioè versa più soldi di quanti ne riceve.
Per il momento la notizia delle dichiarazioni di Renzi e Gozi non ha suscitato molte reazioni sulla stampa internazionale. Il sito Politico.eu, uno dei più completi siti di news sugli affari europei, non ha fatto nemmeno un accenno alle dichiarazioni del governo italiano. Anche la presidenza dell’Unione, in questo momento è di turno la Slovacchia, ha minimizzato l’opposizione italiana e un portavoce ha spiegato che Renzi ha solo bisogno di “più tempo” per trovare un accordo sul bilancio con gli altri paesi. Le cose probabilmente cambieranno se a causa dell’opposizione italiana le modifiche al budget non saranno approvate entro dicembre.
La decisione di alzare ulteriormente il livello dello scontro con l’Europa fa parte di una strategia che Renzi ha adottato oramai da diverse settimane. Proprio ieri i principali quotidiani raccontavano di una serie di sondaggi secondo cui tra gli argomenti più utilizzati dal presidente del Consiglio, il più efficace è proprio la critica all’Europa. Alberto d’Argenio, su Repubblica, oggi ribadisce che i sondaggi consultati da Renzi mostrano che al referendum costituzionale del 4 dicembre i “Sì” sono ancora indietro rispetto ai “No” e confermano che lo scontro con l’Europa è molto apprezzato dagli italiani.
Dall’altra parte, chi difende Renzi sostiene che in questo modo il governo italiano abbia ottenuto concessioni e misure più favorevoli che in passato. Negli ultimi tre anni i toni di Renzi nei confronti dell’Europa si sono quasi sempre alzati nel corso dell’autunno, il periodo in cui la legge di bilancio viene esaminata dalla Commissione Europea. Nel 2014, per esempio, Renzi si scontrò con la cancelliera tedesca Angela Merkel e con il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker. All’epoca, Renzi minacciò di mettere il veto sull’accordo con la Turchia per bloccare il flusso di migranti che attraversava la rotta balcanica. Lo scontro rientrò a primavera, dopo l’approvazione della legge di bilancio da parte della Commissione, ma senza aver prodotto grandi effetti.
Con l’approvazione dell’ultima legge di bilancio e le prime osservazioni da parte della Commissione, il livello dello scontro è tornato ad alzarsi. La Commissione, in particolare, critica la mancata riduzione dell’enorme debito pubblico italiano (fermo quasi il 133 per cento del PIL e considerato la principale fonte di vulnerabilità finanziaria del paese) e alcune delle coperture indicate dal governo italiano, considerate piuttosto effimere. In un giudizio sull’ultima legge di bilancio pubblicato oggi, la Commissione ha sottolineato che l’Italia rischia di deviare molto dagli obbiettivi di riduzione del debito e del deficit ai quali si è impegnata negli scorsi anni. Un ulteriore parere sulla legge sarà pubblicato all’inizio dell’anno prossimo.
Fino ad oggi, la Commissione non ha preso misure concrete per ostacolare il percorso della legge di bilancio: non ha usato il suo potere per rimandarla al governo e non sembra intenzionata ad aprire una procedura per deficit eccessivo. Renzi ha risposto in modo molto duro e retorico a queste osservazioni, ripetendo più volte che i “nostri figli” sono più importanti dei “burocrati di Bruxelles”, un riferimento al fatto che la Commissione, secondo lui, vorrebbe impedire all’Italia di proteggere case e scuole dal rischio dei terremoti in nome di astratte regole di bilancio. Uno degli aspetti più curiosi di questa nuova strategia comunicativa anti-europea è la decisione di Renzi di eliminare, nel corso di alcune dirette video, la bandiera dell’Unione Europea di solito sempre presente alle sue spalle.