In Israele si sta discutendo una specie di sanatoria totale sulle colonie
È stata approvata in prima lettura: consente di occupare terra privata palestinese in cambio di soldi, e sarà retroattiva
La Knesset, il parlamento di Israele, ha approvato oggi in una lettura preliminare una legge molto controversa che permetterebbe ai cittadini israeliani di appropriarsi forzosamente di terreni privati in territorio palestinese limitandosi a compensare i proprietari con una somma in denaro. La legge tra l’altro avrebbe valore retroattivo: è stata avanzata principalmente per evitare l’evacuazione di Amona, il più grande insediamento non autorizzato in terra palestinese, prevista per il 25 dicembre.
Per diventare legge la proposta dovrà essere approvata in altre tre successive letture dalla Knesset: dati i tempi molto ristretti per evitare l’evacuazione di Amona, è probabile che la Knesset discuterà più volte la legge in questione nelle prossime settimane. La legge, che non è di iniziativa governativa ma è stata votata da tutta la maggioranza di centrodestra, è stata definita “preoccupante” dall’ONU e “una rapina in pieno giorno” da Isaac Herzog, il capo dell’opposizione. Il procuratore generale israeliano Avichai Mendelblit ha detto più volte che non difenderà la legge nel caso venga contestata dalla Corte Suprema, dato che a suo dire viola esplicitamente sia la legge israeliana sia quella internazionale.
Le colonie israeliane sono giudicate illegali dall’ONU, dall’Unione Europea e dalla Corte Internazionale di Giustizia. Secondo recenti stime, a oggi ci vivono circa 550mila persone. Sono considerate dalla comunità internazionale, da diverse importanti ONG e da pezzi della sinistra israeliana come il principale ostacolo al raggiungimento di un accordo di pace in tempi brevi fra israeliani e palestinesi. Negli ultimi decenni ne sono sorte a decine, grazie al sostegno economico, politico e militare del governo israeliano (ancora oggi molti israeliani conservatori ritengono che Israele abbia diritto a governare tutto il territorio palestinese per ragioni politiche o etnico-religiose).
Molte colonie sono nate su terreni palestinesi requisiti per motivi di sicurezza – soprattutto se incolti, per via di una vecchia legge dell’Impero ottomano molto citata da Israele – oppure su terreni comprati appositamente; altre sono state fondate indiscriminatamente e solo in un secondo momento riconosciute dal governo israeliano (nel 2006 l’ONG israeliana ma filo-palestinese Peace Now stimò che il 40 per cento delle colonie sia stato costruito su terreni privati posseduti da palestinesi). Oggi molte delle colonie fondate negli anni Sessanta o Settanta sono diventate delle piccole città, con complessi industriali, parchi, centri sportivi e università. Una piccola parte di questi insediamenti viene invece costruita senza nessun tipo di appoggio o autorizzazione dello stato israeliano, che però non fa mancare loro la fornitura di acqua, elettricità e servizio di raccolta rifiuti: parliamo di circa un centinaio di insediamenti, spesso molto piccoli, tutti costruiti in Cisgiordania.
Il più grosso di questi insediamenti “pirata” è proprio quello di Amona, nato nel 1995 nei pressi di Ramallah, la capitale amministrativa dello stato palestinese. Fu fondato da un gruppo di giovani abitanti di Ofra, una colonia fondata nel 1975, che occuparono unilateralmente un terreno privato sotto la giurisdizione di Silwad, un paese palestinese di seimila abitanti. Sin dal 2006 la Corte Suprema israeliana ha ordinato l’evacuazione di Amona, ma nessun governo l’ha mai applicata. Il 25 dicembre 2014 la Corte Suprema ha ordinato che Amona venisse sgomberata entro due anni: il termine scade il 25 dicembre 2016.
In questi anni la difesa degli abitanti di Amona – circa 40 famiglie, secondo i giornali israeliani – è stata una prerogativa dei partiti della destra israeliana, alcuni dei quali fanno parte della maggioranza di governo, presieduto da Benjamin Netanyahu. La legge è stata proposta dalla Casa Ebraica, il partito di destra nazionalista che fa parte della maggioranza di governo: è stata presentata in tre versioni leggermente diverse, ma che contengono tutte l’elemento centrale che permetterebbe ad Amona di non essere evacuata, e cioè la possibilità di occupare terreno palestinese limitandosi a compensare i proprietari con una somma in denaro. Tutte e tre le versioni sono state approvate. Netanyahu avrebbe potuto bloccare la legge o almeno fare sì che venisse discussa in Consiglio dei ministri prima della sua presentazione, ma ha scelto di non farlo.
לא נגענו pic.twitter.com/Dz46oPrGNS
— דניאל אופיר 📺🎙 (@danielofir) November 16, 2016
Miri Regev, ministro della Cultura israeliano e membro del partito di Netanyahu, vota la legge sulle colonie con la scritta sulla mano “Amona non sarà evacuata”
Nei giorni scorsi Netanyahu aveva comunque provato a guadagnare tempo proponendo ad esempio di provare a rinviare l’evacuazione di Amona: probabilmente teme che nei suoi ultimi mesi l’amministrazione Obama – forse la più ostile a Israele tra quelle americane degli ultimi decenni – possa far passare una risoluzione ONU con dei parametri molto stringenti per Israele per una futura pace con i palestinesi.