Usiamo troppe bottiglie di plastica

L'Italia è il paese che consuma più acqua minerale in Europa: è un problema, dato che per ora si ricicla solo il 25 per cento degli imballaggi in plastica

"L'onda", una scultura fatta di bottiglie di plastica realizzata dall'artista Wren Miller su commissione di BRITA, l'azienda tedesca di caraffe filtranti, a Londra, il 15 giugno 2016 (Toby Smith/Getty Images for BRITA)
"L'onda", una scultura fatta di bottiglie di plastica realizzata dall'artista Wren Miller su commissione di BRITA, l'azienda tedesca di caraffe filtranti, a Londra, il 15 giugno 2016 (Toby Smith/Getty Images for BRITA)

Il 26 ottobre la sindaca di Roma Virginia Raggi ha rimproverato la presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi per il fatto che durante la riunione della Commissione l’acqua per i suoi membri era stata fornita in bottigliette di plastica e non in brocche di vetro. Raggi si è lamentata del fatto che le bottiglie di plastica una volta utilizzate devono essere smaltite come rifiuti, al contrario delle brocche di vetro. Al tema del consumo di acqua e bevande vendute in bottiglie di plastica il New York Times ha da poco dedicato un breve quiz per mettere alla prova le conoscenze dei propri lettori e sensibilizzarli verso un utilizzo più sostenibile dei contenitori di plastica. Raggi ha ragione, insomma: produrre bottiglie di plastica e smaltirle ha un costo, sia economico che ambientale, dato che per produrre le bottiglie si emettono gas serra e almeno il 32 per cento degli imballaggi di plastica di tutto il mondo viene disperso nell’ambiente, anziché riciclato.

Dal 1950 al 2009 la produzione di plastica è aumentata da 5,5 milioni a 100 milioni di tonnellate. Nel 2007 furono venduti più di 200 miliardi di litri d’acqua in bottiglia, principalmente in Europa e nel Nord America. Gli Stati Uniti sono il primo paese per consumo di acqua in bottiglia: la metà dei cittadini americani – cioè circa 160 milioni di persone – beve principalmente acqua acquistata in bottiglie di plastica, e nel 2015 in tutto il paese sono stati venduti 49,4 miliardi di bottiglie d’acqua. Nello stesso anno in media ogni cittadino americano ha comprato anche 62 bottiglie di plastica contenenti bevande gasate. In Italia, che secondo il Censis è il primo paese europeo per consumo di acqua minerale, nel 2015 il 65 per cento delle bottiglie in cui l’acqua è stata venduta era fatto di plastica. Nel 2015 il consumo di acqua in bottiglia per ogni italiano è stato di 208 litri, in proporzione persino più alto di quello degli americani. Il dato inoltre è molto aumentato rispetto agli anni precedenti: nel 2014 era di 192 litri a testa.

Quanta energia ci vuole per fare una bottiglia di plastica

Secondo un articolo del 2009 pubblicato sulla rivista Environmental Research Letters, per fabbricare una bottiglia di polietilene tereftalato (più noto con la sigla PET, è il tipo di plastica con cui si fanno normalmente i contenitori per l’acqua), imbottigliare l’acqua, trasportare e tenere al fresco una bottiglia serve un’energia pari a circa duemila volte quella necessaria per ottenere la stessa quantità d’acqua da un rubinetto collegato all’acquedotto. La quantità di energia necessaria per produrre e consegnare acqua in bottiglia può variare a seconda del luogo in cui avviene l’imbottigliamento, della fonte dell’acqua (in Italia l’acqua minerale proviene quasi tutta da sorgenti naturali, ma si trova anche acqua purificata), della distanza tra il luogo di imbottigliamento e il consumatore, e del tipo di materiale e di imballaggio utilizzati per le bottiglie. Negli ultimi anni le aziende produttrici ai bevande in bottiglia hanno cominciato a produrre bottiglie più sottili per ridurre il consumo di plastica.

Quando l’acqua viene consumata a breve distanza (entro 200 chilometri, più o meno come tra Milano e Bologna) dalla sede dell’imbottigliamento, l’energia necessaria al trasporto è molto minore di quella che serve per realizzare la bottiglia di plastica; quando invece le bottiglie sono spedite molto lontano dal luogo di imbottigliamento, l’energia necessaria al trasporto può anche superare quella necessaria per la realizzazione delle confezioni.

La questione del riciclaggio

Un quarto di tutta la plastica che viene prodotta nel mondo è fatta per essere usata una sola volta, ma stando a dati del 2013 si ricicla solo il 14 per cento della plastica che viene prodotta per fare oggetti non riutilizzabili – come appunto le bottigliette d’acqua, tendenzialmente. Eppure, il PET è il tipo di plastica più facile da riciclare. In Italia si ricicla circa il 25 per cento della plastica che viene venduta come imballaggio di prodotti, secondo l’Associazione nazionale riciclatori e rigeneratori materie plastiche (ASSORIMAP).

Riciclare la plastica richiede una certa quantità di energia, ma il processo prevede una minore produzione di gas serra rispetto a quella causata dalla contaminazione del terreno che avverrebbe se la stessa quantità fosse abbandonata in discariche non a norma. Gli scienziati non sanno nemmeno quanti anni servono esattamente perché una bottiglia di plastica sparisca: potrebbe trattarsi di secoli. Si stima che in tutto il mondo il 40 per cento della plastica esistente finisca nelle discariche e il 32 per cento disperso nell’ambiente.

Una quantità di plastica compresa tra cinque e 13 milioni di tonnellate finisce ogni anno negli oceani, dove già si trovano 110 milioni di tonnellate di plastica; secondo le stime di uno studio del 2015 si parla di più o meno 8 milioni all’anno. Circa la metà di tutta la plastica che si trova negli oceani proviene da quattro paesi: la Cina, l’Indonesia, le Filippine e il Vietnam.

Solo una piccola porzione dei rifiuti plastici finisce a galleggiare in grandi isole di rifiuti create dalle correnti oceaniche: si parla di circa 250mila tonnellate, mentre gli scienziati non sono ancora riusciti a capire dove finisca la stragrande maggioranza della plastica che arriva negli oceani. L’ipotesi più condivisa è che la plastica in acqua si degradi molto più rapidamente di quanto inizialmente ipotizzato e che sia mangiata da numerose specie marine. Le correnti e la costante esposizione alle radiazioni solari rompono inoltre i pezzi di plastica in frammenti sempre più piccoli, a tal punto da diventare particelle con dimensioni paragonabili a quelle del plancton, l’insieme di microorganismi fondamentale per l’alimentazione di numerose specie che vivono negli oceani. Gli animali marini mangiano la plastica e la digeriscono. Un’altra ipotesi è che parte della plastica finisca congelata nel ghiaccio del Mar Glaciale Artico.

Come consumare meno plastica

Il New York Times dà alcuni semplici consigli su come ridurre il proprio consumo di bottiglie di plastica. Si tratta più che altro di prendere qualche buona abitudine, niente di troppo faticoso. Il primo consiglio è di usare una bottiglia di plastica riutilizzabile e di riempirla di volta in volta con l’acqua del rubinetto. Il secondo consiglio è di portarsela dietro se si frequentano posti – uffici, scuole, palestre – in modo tale da non comprare nuove bottigliette. Il terzo consiglio è di lamentarsi più volte con chi gestisce questi posti e di chiedere che siano messe a disposizione delle brocche, come richiesto da Raggi. Usare bottiglie riutilizzabili invece che comprarne sempre di nuove è anche più economico.

Il quarto consiglio riguarda le persone che hanno paura che l’acqua del rubinetto non sia di buona qualità (cosa davvero rara in molte zone d’Italia, come ad esempio al nord): esistono degli appositi filtri per rubinetti oppure brocche che filtrano sia il calcare che il cloro e alcuni metalli – come piombo e rame – che potrebbero arrivare dai tubi domestici. Gli ultimi consigli sono quelli più ovvi: è meglio ridurre il consumo di bibite gasate (anche perché contengono moltissimi zuccheri) e riciclare le bottiglie di plastica che si usano.