I nuovi guai tra Hong Kong e la Cina
La Cina ha annullato l'elezione di due giovani parlamentari filo-indipendentisti, per improbabili questioni di sicurezza nazionale
Lunedì la Cina ha deciso che due giovani politici filo-indipendentisti eletti al parlamento di Hong Kong non potranno insediarsi, perché considerati una minaccia alla sicurezza nazionale cinese. Durante la cerimonia di giuramento dei membri del nuovo parlamento, tenuta il mese scorso, Yau Wai-ching (25 anni) e Sixtus Leung (30 anni) si erano rifiutati di dichiarare la loro lealtà alla Cina e avevano esposto un cartello con la scritta: «Hong Kong non è Cina». La decisione di lunedì è stata accolta con sorpresa da diversi esperti ed è stata definita l’intervento più diretto del governo cinese nel sistema legale di Hong Kong dal 1997, anno in cui Hong Kong è tornata a essere cinese dopo 156 anni sotto il dominio coloniale britannico.
Yau Wai-ching mostra in parlamento la scritta “Hong Kong is Not China” (ANTHONY WALLACE/AFP/Getty Images)
La situazione a Hong Kong – che è una delle due regioni amministrative speciali della Cina – è molto tesa da diverse settimane. A settembre si sono tenute le elezioni locali che hanno permesso a una nuova forza politica di ottenere dei seggi in parlamento: per la prima volta nella storia di Hong Kong hanno ottenuto rappresentanza coloro che credono che per garantire le libertà cvili e la democrazia sia necessario ottenere l’indipendenza dalla Cina. È stato un cambio importante e significativo: i gruppi filo-democrazia esistono da anni a Hong Kong, ma nessuno di loro aveva mai veramente messo in discussione la relazione speciale col governo cinese sancita dall’accordo “un paese, due sistemi”. Dopo le elezioni di settembre Sixtus Leung, noto anche con il nome “Baggio”, aveva commentato così la situazione di Hong Kong: «Le persone non credono più a “un paese, due sistemi” e attraverso le elezioni hanno espresso il loro disappunto. Personalmente sostengo l’indipendenza di Hong Kong».
Il 12 ottobre si è riunito per la prima volta il parlamento locale e diversi membri neoeletti si sono espressi a favore di una maggiore autonomia di Hong Kong dalla Cina. Leung e Yau, entrambi membri del partito Ispirazione giovane (青年新政, in cinese), sono andati oltre: durante il giuramento hanno pronunciato male la parola “Cina” (nel modo usato dai giapponesi durante la Seconda guerra mondiale e considerato offensivo dai cinesi) e poi hanno mostrato uno striscione con scritto “Hong Kong non è Cina”. Le regole di insediamento del parlamento di Hong Kong prevedono che i nuovi membri dicano più volte la frase «Hong Kong è una regione amministrativa speciale della Cina». Il giuramento di Leung e Yau non è stato accettato e della questione ha cominciato a occuparsi un tribunale di Hong Kong, fino a che non è intervenuta direttamente la Cina. Il Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo cinese ha detto che avrebbe risolto la diatriba sulla base di un potere attribuitogli dalla Legge Fondamentale, la Costituzione di Hong Kong, che fino a quel momento non era mai stato usato se non su richiesta del governo locale. Lunedì è arrivata la decisione di escludere Leung e Yau dal parlamento locale.
Diversi esperti si aspettano per i prossimi giorni grandi manifestazioni contro la decisione del parlamento cinese. Già nei giorni scorsi i gruppi filo-democrazia avevano organizzato delle proteste di fronte all’ufficio del governo cinese a Hong Kong e c’erano stati anche scontri tra manifestanti e polizia. Il governo cinese teme che possa cominciare di nuovo un periodo di grandi proteste, come quelle che ci furono a Hong Kong nel 2014 e che però non portarono a nessuna concessione.