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  • Domenica 6 novembre 2016

«La polvere è ovunque»

Gran parte della grafite nelle nostre batterie viene dalla Cina, dove gli impianti inquinano moltissimo con la connivenza delle amministrazioni locali

di Peter Whoriskey – The Washington Post

Un operaio di una fabbrica di grafite torna a casa con la faccia annerita dal minerale a Mashan, nella provincia cinese di Heilongjiang (Michael Robinson Chavez/The Washington Post)
Un operaio di una fabbrica di grafite torna a casa con la faccia annerita dal minerale a Mashan, nella provincia cinese di Heilongjiang (Michael Robinson Chavez/The Washington Post)

Di notte l’inquinamento intorno al villaggio ha una consistenza ultraterrena, quasi da fiaba. «L’aria luccica», racconta Zhang Tuling, un contadino di un villaggio nell’estremo nordest della Cina, «quando la luce le colpisce, le particelle brillano». Alla luce del giorno le particelle sono visibili sotto forma di un pulviscolo grigio e luminoso, che si posa su ogni cosa. La polvere blocca la crescita dei raccolti che ricopre, insudicia la biancheria stesa fuori ad asciugare e lascia una specie di sabbiolina sul cibo. L’acqua del pozzo del villaggio è diventata imbevibile. La moglie di Zhang, Yu Yuan, ha raccontato che vicino alla casa dove vive la sua famiglia c’è un terreno dove una volta crescevano degli alberelli, che però sono morti quando la fabbrica è entrata in attività. «Questa è la situazione in cui viviamo», ha raccontato Zhang, indicando lentamente i tronchi.

Zhang e Yu vivono vicino a una fabbrica che produce grafite, una sostanza luccicante conosciuta soprattutto perché è il materiale di cui è fatta l’anima delle matite, ma che nel nuovo millennio è diventata una risorsa indispensabile: è un ingrediente delle batterie agli ioni di litio. Più piccole e potenti rispetto ai loro predecessori, le batterie al litio alimentano già gli smartphone e i computer portatili, e sembrano destinate a diventare ancora più imprescindibili ora che le aziende ne stanno producendo di molto più grandi per alimentare le auto elettriche. Le aziende che producono questi prodotti pubblicizzano le radiose e futuristiche opportunità offerte dalle tecnologie “pulite”. Praticamente tutte queste batterie, però, contengono grafite, la cui produzione a basso costo in Cina – spesso sottoposta a scarsi controlli ambientali – produce inquinamento industriale.

In cinque paesini sparsi su due province della Cina, i giornalisti del Washington Post hanno sentito sempre la stessa storia dalle persone che vivono vicino alle aziende che producono grafite: l’aria che luccica di notte, raccolti danneggiati, case e oggetti ricoperti da fuliggine, e acqua una volta potabile che diventa inquinata, oltre a funzionari del governo che tendono a guardare dall’altra parte per avvantaggiare una grande impresa. Dopo essere uscita dalle miniere e dalle raffinerie cinesi gran parte della grafite viene venduta a Samsung SDI, LG Chem e Panasonic, i tre maggiori produttori di batterie agli ioni di litio. Queste aziende forniscono le batterie a grandi aziende come Samsung, LG, General Motors e Toyota. Anche i prodotti di Apple usano le batterie realizzate da queste aziende, nello specifico da Samsung SDI e da LG Chem. Fred Sainz, un portavoce di Apple, ha però detto che per i suoi attuali prodotti la società si è convertita alla grafite sintetica, che non viene estratta. Apple non ha voluto dire quando ha iniziato a usare esclusivamente grafite sintetica.

Alcune province cinesi hanno cercato di applicare misure severe contro le aziende che inquinano, e tre anni fa hanno multato diversi produttori di grafite. L’inquinamento, però, va avanti. Gli abitanti dei villaggi hanno detto che i tentativi di risanamento sono falliti – hanno avuto una durata troppo breve o sono stati inadeguati sotto altri punti di vista – perché le autorità locali collaborano strettamente con i dirigenti delle aziende e non vogliono riconoscere la gravità del danno ambientale. Le lamentele sull’inquinamento sono spesso accolte da intimidazioni. Le persone che vivono vicino agli stabilimenti dove viene prodotta la grafite sembravano avere paura di portare avanti i loro reclami. «Arriva», ha sussurrato una donna anziana a Mashan, vicino alla città di Jixi, nel nordest della Cina, girandosi e indicando furtivamente un funzionario del villaggio che si stava avvicinando. Lei e suo marito stavano raccontando a un giornalista del vecchio problema dell’inquinamento nel quartiere. Nonostante alcune persone parlassero liberamente, in tutte le cinque zone dove erano presenti stabilimenti di grafite ce n’erano altre, come questa coppia, restie a parlare pubblicamente. A volte i responsabili degli impianti e i funzionari del partito, inoltre, hanno cercato di dissuadere con forza i giornalisti dal parlare con gli abitanti dei villaggi. In tre di questi casi il taxi che trasportava i giornalisti del Washington Post è stato seguito. Nonostante le difficoltà, le persone che hanno deciso di parlare hanno fornito delle versioni molto allineate sull’inquinamento dei villaggi. La grafite – hanno raccontato di solito con disgusto – rende tutto mai tai, un’espressione locale che significa “sporco”.

Da quando aprì l’impianto nel villaggio di Zhang, circa 5 anni fa, la grafite è diventata qualcosa di più di una scocciatura. Zhang e sua moglie vivono vicino a Jixi, una città a meno di 80 chilometri dal confine con la Russia. Il pulviscolo ha coperto il loro raccolto di mais, al punto che quando passano vicino a una fila di piante la loro faccia ne esce annerita. Anche tenere la polvere fuori dalla casa sembra impossibile, e spesso a tavola si ritrovano a masticare le particelle. Zhang e Yu sono anche preoccupati per le conseguenze sulla loro salute, soprattutto derivanti dalla respirazione del particolato, che può causare una serie di disturbi come infarti e problemi respiratori, secondo gli esperti sanitari. Ma non è solo l’aria. La fabbrica di grafite scarica sostanze inquinanti nelle acque locali, hanno raccontato Zhang e Yu. Succede di notte e lo si può capire dall’odore: gli scarichi producono esalazioni chimiche che irritano il naso e la gola. Oltre a rendere l’acqua imbevibile, raccontano, le emissioni hanno anche impedito il congelamento del fiume locale in inverno. Zhang e Yu pensano anche che gli scarichi abbiano inquinato i pioppi che stavano coltivando per ricavarne legname fuori dalla loro casa, subito fuori dai pollai dove tengono le oche e i polli. «Tutti gli alberi stavano bene fino a quando è arrivata la fabbrica di grafite», ha detto Yu, «ha ucciso i miei alberi». «Vogliamo andarcene da qui, ma non abbiamo i soldi», ha aggiunto Zhang.

La coppia ha raccontato di come insieme ad altre persone si siano lamentati con l’amministrazione locale, che però ha risposto dicendo che l’azienda di grafite è troppo grande e va oltre la loro autorità. Zhang e Yu hanno raccontato che l’azienda ha rifiutato di incontrare loro e altre persone che vivono nella zona. «Certo che me ne andrei se avessi i soldi», ha aggiunto Yu, con una traccia di rabbia in volto, «Chi vorrebbe vivere in questo posto mai tai? Qui la polvere è dappertutto».

La catena di approvvigionamento

In risposta alle domande del Washington Post, alcune delle principali società automobilistiche e di elettronica che vendono prodotti contenenti batterie agli ioni di litio hanno detto di avere avviato indagini sul problema. «Abbiamo un’indagine in corso, quindi al momento non abbiamo informazioni dettagliate», ha detto Yongdoo Shin, portavoce del produttore di batterie Samsung SDI. «Panasonic ha inviato una squadra d’indagine sul posto, che ha trovato prove dell’inquinamento. La società sta adottando immediatamente misure correttive», ha scritto per email una portavoce di Panasonic, Mio Yamanaka. Un portavoce di LG Chem, consociata del gigante dell’elettronica LG, ha detto invece che la società «monitora i fornitori con maggiore interesse» da quando il governo cinese ha sollevato delle questioni ambientali legate alla produzione di grafite naturale. La società ha fatto visita ai suoi fornitori cinesi nel 2014 senza rilevare problemi specifici, ha fatto sapere.

Le indagini sono cominciate dopo che per anni le società hanno promesso di prevenire l’inquinamento all’interno delle loro catene di approvvigionamento nel mondo. Nel suo “rapporto sulla sostenibilità aziendale”, per esempio, Samsung ha detto di essere «particolarmente impegnata sul fronte del miglioramento della qualità della vita delle popolazioni locali, nel perseguimento di uno sviluppo sostenibile che minimizzi il nostro impatto ambientale». Anche Apple e LG Chem hanno fatto dichiarazioni simili. Ma è difficile dire se le aziende clienti di queste società rispettino o meno gli stessi buoni principi, soprattutto se la catena di approvvigionamento parte dalla Cina. Uno degli ostacoli è la complessità delle catene di approvvigionamento e la segretezza che le circonda. Per tracciare l’origine della grafite in un telefono, per esempio, bisogna scoprire dove la società che lo ha prodotto ottiene le batterie, dove l’azienda che produce le batterie prende la componente nota come anodo, e dove il produttore di anodi ottiene la grafite. Dal momento poi che ci sono diversi fornitori in ogni fase del processo e diversi tipi di grafite, sapere dove finisce ogni lotto del minerale è complicato.

Diverse aziende non hanno voluto rivelare l’origine della loro grafite. Tesla, per esempio, forse la più famosa casa di auto elettriche al mondo, usa batterie Panasonic, e ha detto che nelle batterie che usa non c’è mai stata grafite proveniente dalla società cinese BTR, senza però rivelare l’origine della sua grafite. L’altro ostacolo è dovuto al fatto che le persone che conoscono meglio la fonte dell’inquinamento, cioè quelle che vivono vicino alla fabbriche, sono spesso restie a lamentarsi in pubblico, in particolar modo in Cina.

Per collegare la grafite contenuta in prodotti che sono molto popolari in Occidente alle fabbriche cinesi il Washington Post ha usato registri pubblici, comunicati aziendali e rapporti di analisti del settore, oltre alle interviste con i responsabili delle aziende alla Fiera internazionale delle batterie della Cina, che si tiene a Shenzen. Nella catena di approvvigionamento della grafite un ruolo centrale è svolto da BTR, il più grande fornitore mondiale di grafite naturale per le batterie agli ioni di litio, secondo analisti del settore (in alcune di queste batterie viene usata grafite artificiale o sintetica, ma la più diffusa è quella naturale, che viene estratta e costa circa la metà). In un’intervista con il Washington Post Chen Bifeng, direttore marketing di BTR, ha detto che la società copre circa il 75 per cento della domanda di mercato di materiali a base di grafite naturale che vengono usati per le batterie. «Vendiamo parte della nostra grafite a BTR, come fanno tutti», ha detto Chen Geng, assistente del presidente di Aoyu Graphite Group, una società che lavora la grafite in diversi siti in Cina. «Sono una grossa società», ha aggiunto. Da BTR la grafite viene poi distribuita in tutto il mondo. La società la vende direttamente ai principali produttori di batterie agli ioni di litio, come Samsung SDI, LG Chem e Panasonic, ha detto Chen Bifeng, il direttore marketing di BTR. A loro volta queste società producono le batterie per Samsung, LG, General Motors, Toyota e altre aziende.

Il Washington Post ha mandato delle lettere alle aziende i cui fornitori di batterie hanno usato grafite di BTR, nel tentativo di ottenere informazioni sui legami tra queste aziende e la grafite naturale prodotta da aziende cinesi accusate di inquinamento. General Motors ha detto di prendere la grafite da una società controllata da BTR senza però fornire ulteriori dettagli. In un comunicato General Motors ha detto che la società «si impegna a trasformare il settore riducendo l’impatto ambientale dei nostri veicoli e producendoli nel modo più sostenibile possibile». Un portavoce di Toyota non ha risposto alle domande sull’origine della grafite usata dalla società, sottolineando però che Toyota non acquista direttamente la grafite e che «si sforza di minimizzare l’impatto sulle comunità locali delle nostre attività di approvvigionamento. Chiederemo ai nostri fornitori di adottare delle misure per evitare di usare determinati materiali se ci sono preoccupazioni sulla loro origine».

Secondo alcuni analisti del settore, BTR fornisce la grafite anche ad Amperex Technology Ltd. (ATL), che a sua volta produce batterie per gli e-reader di Amazon Kindle, riporta un’analisi di IHS, una società internazionale che si occupa di consulenza economica. Amazon, che è la società fondata dal proprietario del Washington Post Jeffrey Bezos, non ha voluto rispondere alle domande sull’origine della sua grafite ma in un comunicato ha detto che «ci impegniamo a garantire gli standard più alti in tutti i settori della produzione. Lavoriamo a stretto contatto con i nostri fornitori per essere sicuri che rispettino i nostri standard, e conduciamo una serie di controlli ogni anno per garantire che i nostri partner di produzione rispettino le nostre politiche». Da Shenzen, una portavoce di BTR, Sally Guo, ha detto che la società cerca di garantire che la sua grafite venga estratta e lavorata in modo pulito, e che era «ingiusto» incolpare la società di inquinamento, aggiungendo che tutte le aziende controllate da BTR sono ecologiche oltre che «qualificate e approvate dal governo. La produzione avviene in conformità delle leggi e norme vigenti». Guo non ha voluto spiegare nei dettagli il rapporto di BTR con gli stabilimenti nella catena di approvvigionamento.

Nonostante fornisca la più grande quantità al mondo di grafite naturale usata per le batterie, BTR è solo una parte di una gigantesca catena di approvvigionamento. Le aziende di grafite visitate dal Washington Post riforniscono anche altre società intermedie – e non solo BTR – e i loro prodotti che contengono grafite vengono usati nelle batterie agli ioni di litio di tutto il mondo. La grafite che viene da queste fabbriche raggiunge alcune grandi aziende giapponesi, come Nippon Carbon, oltre a un’azienda cinese conosciuta come Shanshan, che produce anodi per batterie. Il Washington Post non è riuscito a seguire il percorso della grafite molto al di là di queste società intermedie. Mitsubishi Chemical, Hitachi Chemical e Nippon Carbon non hanno risposto a ripetute richieste di informazioni circa i loro clienti, mentre dei responsabili di Shanshan hanno chiuso il telefono in faccia a un giornalista del Washington Post.

La città della grafite

La grafite si trova in tutto il mondo, ma la provincia di Heilongjiang, al confine con la Russia, è la fonte del minerale più grande al mondo. Per molte persone nella provincia questo significa grandi affari. All’ingresso di Mashan, un piccolo villaggio polveroso vicino a Jixi nello Heilongjiang, quattro giganteschi cartelloni celebrano l’industria della grafite. In mezzo a una serie di negozi, motorini e pedoni, i cartelloni raffigurano dei campioni della polvere grigia, con delle margherite e un cielo blu sullo sfondo. Questa, recita il cartellone, è la «città della grafite».

Il dominio cinese nell’industria della grafite è in parte dovuto al prezzo. Nonostante il minerale si possa trovare anche in altri posti, il basso costo della grafite cinese spinge le aziende a non aprire miniere in altri paesi. Il prezzo della grafite grezza adatta a essere raffinata per realizzare anodi è di circa 500 euro a tonnellata. Stephen A. Riddle, presidente della società americana Asbury Carbons, che ha iniziato a importare grafite cinese negli anni Settanta, ha detto che la Cina è riuscita ad assicurarsi la quota più ampia del mercato della grafite soprattutto per una questione di «prezzo, purezza e quantità». Le aziende cinesi, ha detto Riddle, beneficiano di una combinazione di costo del lavoro basso e ostinata ingegnosità. In una miniera visitata da Riddle negli anni Ottanta, per esempio, i minatori usavano dei picconi e delle pale per recuperare la materia prima dalla terra – e non i trattori o le altre attrezzature pesanti usate in altri posti – per poi lavorare la grafite con delle attrezzature costruite a mano. «Era ovviamente un’attività con un costo molto basso», ha detto Riddle.

Negli anni Settanta la Cina produceva circa un decimo della fornitura mondiale di grafite. Nel 2015, stando alla U.S. Geological Survey, un’agenzia del governo americano che si occupa di studiare il suolo e le risorse naturali degli Stati Uniti, la quota era salita a due terzi della fornitura mondiale. La crescita del settore, soprattutto nell’area di Jixi, ha avuto delle conseguenze a livello ambientale, in particolar modo negli ultimi anni. Su una collina non lontana da una risaia dove lavorano gli abitanti di Liumao c’è una miniera di grafite e uno stabilimento di lavorazione di BTR. Diversi abitanti si sono lamentati per l’inquinamento, che ritengono responsabile della contaminazione delle acque e della polvere contenuta nell’aria. «Se lasci la finestra aperta la grafite finisce dappertutto, dai mobili ai piatti», ha raccontato Li Jie, una donna di 51 anni, mentre puliva alcuni vasi per le piantine di riso. «Si accumula sul davanzale delle finestre, e la polvere copre le ciliegie che coltiviamo», ha aggiunto.

Passando vicino alla acque della zona Zhao Guiyan, che ha 63 anni ed è un’altra degli abitanti di Liumao, si copre il naso per via delle esalazioni chimiche. «Mi preoccupano le conseguenze che il respirare e mangiare queste cose avranno sulla nostra salute», ha detto. Come molti altri nel villaggio, anche Zhao vive in parte grazie al cibo coltivato nel suo cortile o in quello dei vicini. «Lavo e rilavo la verdura», ha raccontato, «ma la grafite rimane lì. Il sapore e la consistenza è come quella della sabbia».

Anche a Mashan gli abitanti locali hanno segnalato problemi simili. A Mashan ci sono diversi impianti di grafite, tra cui uno di proprietà di BTR e uno di Aoyu. Lyu Shengwen, un bracciante di 55 anni, e suo figlio condividono una casa con due camere da letto e il bagno all’esterno. Vivono a Mashan da più o meno vent’anni, e intorno al 2010 hanno notato un aumento della polvere proveniente dai vicini impianti di grafite. «La polvere è ovunque», ha detto Lyu con una smorfia, prima di andare verso il davanzale di una finestra, passarci sopra la mano e mostrare le sue dita annerite ai visitatori. Lyu ha alzato le spalle, ed è uscito andando verso un filo per stendere la biancheria, dal quale ha preso un paio di pantaloni ancora umidi e li ha scossi. Dai pantaloni è uscita una nuvola di polvere. Poi Lyu ha preso una canna che portava l’acqua del pozzo e ha chiesto ai suoi ospiti di esaminare l’acqua: era torbida e – ha raccontato Lyu – imbevibile, così oleosa da costringere la sua famiglia a prendere l’acqua da un’altra fonte a oltre 1,5 chilometri di distanza. «Sulla montagna estraggono dove vogliono», ha detto Lyu parlando delle aziende di grafite. «Gli impianti scaricano nell’acqua, e non ci si può far niente», ha aggiunto. Sentendo Lyu, che aveva cominciato a urlare, è arrivata incuriosita anche la sua vicina Liu Fulan, di 62 anni. Liu è una contadina che vive con suo figlio e una nipotina di 11 anni. Sulla porta d’ingresso di Lyu è appeso un cartello di carta rosa e dorata, che invoca la buona sorte. Mentre Lyu spiegava i problemi causati dall’impianto di grafite, Liu annuiva. «Non si può sopravvivere senza farsi un bagno ogni due giorni», ha detto Liu, che si è scusata per lo stato della sua casa. «Dovrei pulire, una volta lo facevo», ha detto con aria mortificata, «la casa è mai tai. Ma mi sono arresa: i raccolti mi danno già troppo da fare».

Nell’aria e nell’acqua

A dispetto del loro nome, soltanto una piccola parte di una batteria agli ioni di litio contiene effettivamente del litio. Secondo gli analisti la grafite usata per realizzare l’elettrodo negativo costituisce circa il 10/15 per cento di una tipica batteria agli ioni di litio. La domanda di grafite è cresciuta di pari passo a quella di computer portatili, tablet e telefoni più potenti. Dieci anni fa, per esempio, la batterie del Motorola Razr – un modello molto venduto all’epoca – avevano una capacità di 680 milliampereora. Oggi le batterie degli smartphone più venduti hanno una potenza di tre o quattro volte superiore. Lyu Guoliang, un ingegnere che lavora per l’associazione delle imprese di grafite di Jixi, ha detto che nel 2010 la domanda di grafite è cresciuta molto rapidamente, spinta da quella delle batterie agli ioni di litio.

La grafite usata per le batterie deve essere raffinata fino a raggiungere alti livelli di purezza, e le scaglie vanno lavorate fino a diventare delle particelle sferiche o con una forma simile alle patate. Questo processo fa sì che la grafite raffinata valga dieci volte quella grezza, ha detto Lyu, il che ha reso il settore particolarmente attraente. Senza dei controlli adeguati, tuttavia, le attività di estrazione e raffinazione possono generare sia inquinamento atmosferico che idrico. La polvere di grafite può finire rapidamente nell’aria ed essere trasportata a chilometri di distanza. Senza un sistema con dei teloni e delle ventole per tenerla sotto controllo, l’inquinamento generato dalle particelle fini può causare una serie di difficoltà respiratorie – può per esempio aggravare le malattie polmonari o ridurre le funzioni dei polmoni – ed è messo in relazione agli infarti nelle persone affette da disturbi cardiaci, secondo l’EPA, l’agenzia per la tutela ambientale americana. L’industria della grafite può anche generare inquinamento per via delle perdite di sostanze chimiche che finiscono nelle acque locali. Stando a fonti interne al settore il processo di purificazione, soprattutto in Cina, viene fatto di solito usando degli acidi, spesso l’acido fluoridrico, una sostanza altamente tossica. Questo metodo è più economico rispetto a quello usato in altri paesi, dove la grafite viene purificata attraverso la “cottura”, cioè riscaldandola. Riddle di Asbury Carbons ha detto che, nonostante sia migliore da un punto di vista ambientale, questo metodo per la raffinazione della grafite ne fa aumentare il prezzo di circa il 15 per cento. Riddle ha poi aggiunto che negli ultimi 20 anni la sua azienda ha insistito per comprare solo grafite raffinata in questo modo. «Speravamo che più società e utenti avrebbero seguito il nostro esempio, ma non è stato così», ha raccontato Riddle.

grafite

Contro l’inquinamento

Il governo cinese ha mostrato maggiori preoccupazioni riguardo ai problemi ambientali del paese. Dopo decenni di formidabile crescita economica l’aria della Cina è diventata un grave problema sanitario. Almeno un milione di cinesi muore prematuramente ogni anno a causa dell’inquinamento atmosferico esterno, stando a diverse stime tra cui il rapporto “Global Burden of Disease”, che fa parte di un progetto gestito dalla University of Washington. Uno dei principali gruppi di sostanze inquinanti è la cosiddetta “materia particolata” (o PM) – cioè polveri, fuliggine, fumo – una categoria che comprende le sostanze inquinanti emesse dagli stabilimenti di grafite.

Nel frattempo in Cina è peggiorata anche la qualità dell’acqua. Nel 2015 la quantità delle acque di falda del paese classificate come “scadenti” o “molto scadenti” era superiore al 60 per cento, secondo China Water Risk, un’organizzazione non-profit che prende nota delle cifre diffuse dal Ministero della Tutela Ambientale cinese. Secondo l’organizzazione il governo cinese ha giudicato oltre il 25 per cento dei principali fiumi della Cina «inadatti al contatto umano». Stando a un rapporto sull’estrazione della grafite mandato in onda dalla televisione di stato cinese CCTV, i fiumi di Jixi hanno livelli di piombo e mercurio molte volte superiori ai limiti nazionali. Visto il numero di industrie presenti nella zona, però, è impossibile determinare quanto piombo e quanto mercurio provengano dal settore della grafite. «Siamo determinati a dichiarare guerra all’inquinamento nello stesso modo in cui abbiamo dichiarato guerra alla povertà», disse il primo ministro cinese Li Keqiang nel 2014. Circa tre anni fa le misure ambientali della Cina si erano focalizzate nel settore della grafite, e stando ad alcuni dati più di una decina di aziende sono state citate in giudizio dalle autorità provinciali e comunali, soprattutto nelle province di Heilongjiang e Shandong, dove si concentra l’industria della grafite cinese. Aoyu, per esempio, che gestisce gli impianti vicino alla zona di Mashan in cui vivono Lyu Shengwen e Liu Fulan, ha ricevuto un mandato di comparizione per non aver controllato la polvere e l’inquinamento idrico prodotto dalla società, oltre a una multa di circa 6.600 euro e la richiesta di attuare dei miglioramenti, secondo un database che raccoglie dati governativi gestito dall’Istituto di affari pubblici e ambientali, un’organizzazione non-profit di Pechino. Anche BTR ha dovuto fare sforzi simili, come pure Hensen, un’azienda che produce grafite nella provincia di Shandong e vende poi a BTR, stando a quanto detto dal responsabile dell’azienda, che non ha però risposto alle domande sull’inquinamento idrico inviate per email.

Guo, la portavoce di BTR, ha detto che lo stabilimento in questione è stato migliorato e ha ottenuto l’approvazione dell’amministrazione locale, attribuendo le lamentele al fatto che BTR è un leader nel settore sul fronte degli sforzi ambientali. Di conseguenza, ha detto Guo, «pensiamo sia normale che qualcuno attacchi BTR con mezzi impropri. La società parlerà con le persone del posto: vorremmo dimostrare loro che BTR non inquina l’acqua né i raccolti». Un responsabile di Aoyu ha riattaccato il telefono a un giornalista che chiedeva dei commenti sul tema dell’inquinamento.

(Le risposte delle aziende coinvolte nel settore delle batterie al Washington Post)

Non tutte le industrie di grafite sono state però interessate dall’inasprimento dei provvedimenti. Per due delle cinque fabbriche visitate dai giornalisti del Washington Post non sono stati trovati mandati di comparazioni nel database dell’IPE. Anche per le aziende ritenute inquinanti che sono state citate in giudizio, poi, le persone del posto dicono che se ci sono stati dei miglioramenti, sono durati poco o non sono stati sufficienti a risolvere il problema. Gli abitanti dei villaggi hanno raccontato che alcune fabbriche adottano delle misure per prevenire l’inquinamento – come per esempio l’utilizzo di teloni per impedire che la polvere di grafite venga dispersa nell’aria, o misure per fare in modo che i liquami tossici non confluiscano nelle acque locali – solo quando sono presenti i funzionari ambientali. «L’anno scorso la situazione era peggiore, ma oggi rimane comunque pessima», ha raccontato Li Jie a Liumao, «è ancora tutto mai tai». Il problema, hanno raccontato persone del posto e alcuni portavoce del settore, è che se da una parte il governo vuole tutelare l’ambiente, dall’altra vuole anche difendere i posti di lavoro nelle fabbriche di grafite. Hou Lin, che ha 30 anni e lavora nello stabilmento di Aoyu a Mashan come responsabile della sicurezza, è passato mentre alcuni contadini si lamentavano dell’inquinamento con i giornalisti. «L’azienda inquina molto», ha ammesso Hou, «ma le persone hanno bisogno di lavorare».

Sotto osservazione

Secondo gli abitanti dei villaggi, uno degli ostacoli maggiori alla riduzione dell’inquinamento è la potente alleanza tra i funzionari delle amministrazioni locali e i proprietari degli stabilimenti di grafite. I funzionari, raccontano gli abitanti dei villaggi, tutelano le fabbriche dai reclami ambientali. In tre dei cinque villaggi visitati dai giornalisti del Washington Post a maggio e a giugno, i funzionari del villaggio hanno provato a partecipare alle interviste o hanno interrogato poco dopo gli intervistati per scoprire cosa fosse trapelato. I responsabili degli impianti e i funzionari del partito, inoltre, a volte cercavano di dissuadere i giornalisti dal parlare con gli abitanti. Dopo la visita all’impianto Haida Graphite di Pingdu, per esempio, uno dei dipendenti ha seguito in auto il taxi dei giornalisti del Washington Post fuori dalla struttura e per le strade del villaggio. Il taxi si è fermato due volte nel villaggio per permettere ai giornalisti di intervistare altre persone. A ogni fermata, l’autista dell’auto di Haida si avvicinava fino a pochi centimetri di distanza e iniziava a suonare il clacson ininterrottamente, rendendo impossibile parlare con gli abitanti del villaggio. L’autista dell’auto smetteva solo quando il taxi del Washington Post aveva lasciato la zona. Alla successiva richiesta di commenti sui reclami per l’inquinamento un funzionario di Haida ha accusato un giornalista del Washington Post di «spionaggio», rifiutandosi di rispondere alle domande. In maniera simile, dopo la visita a una fabbrica di grafite di BTR a Jixi, due auto con diversi uomini all’interno hanno iniziato a seguire il taxi dei giornalisti. Per tre volte, lungo diversi chilometri, il taxi si è accostato per farle passare: ogni volta, però, anche le due auto si sono accostate, fermandosi dietro il taxi del Washington Post. Alle domande dei giornalisti gli uomini nelle auto hanno detto il fatto che si fossero fermati contemporaneamente al taxi fosse solo una coincidenza, e che stavano tracciando il percorso di una gara di ciclismo.

Le intimidazioni fanno effetto sugli abitanti del villaggio. Poco lontano dallo stabilimento di grafite Hensen a Laixi c’è una piccola fabbrica che produce biancheria intima per donne. Il proprietario è Han Wenbing, di 48 anni. Han è un uomo di grossa stazza, orgoglioso del suo stabilimento, che si è dimostrato più che disponibile a parlare dell’inquinamento dovuto alla grafite. Ha invitato i giornalisti a casa sua, per mostrare la polvere che si accumulava velocemente sul tavolo della cucina e come l’acqua del pozzo, una volta potabile, fosse ora ricoperta da una pellicola grigia. Mentre però accusava l’impianto, sua moglie ha iniziato prima a innervosirsi per poi arrabbiarsi. Parlare con dei giornalisti avrebbe creato solo problemi con il responsabile dell’impianto e i funzionari del villaggio, ha detto la donna al marito. «Sì, certo che la grafite ha degli effetti, ma non vogliamo finire in tv», ha detto la moglie di Han, aggiungendo che «il capo dell’azienda potrebbe offendersi, il che potrebbe avere delle conseguenze sulla nostra vita. Voi vi lavate le mani e ve andate, ma noi viviamo qui». Han però voleva far conoscere le sue lamentele e dopo aver convinto la moglie si è offerto di indicare un campo dove potevano essere visti gli effetti peggiori dell’inquinamento. Il campo veniva usato da piccoli agricoltori, ha raccontato, ma le sostanze fuoriuscite dall’industria avevano intaccato così tanto il terreno da far sì che non ci potessero crescere «nemmeno le erbacce».

Pochi minuti dopo essere saliti in macchina verso il campo inquinato, però, Han ha visto l’auto del responsabile dell’impianto parcheggiata a lato della strada. «Lo sanno, sanno che sono con te», ha detto Han con circospezione. Qualche istante dopo una persona che rappresentava il capo del partito del villaggio ha chiamato Han al cellulare. Qualcuno aveva avvertito i funzionari del villaggio del fatto che i giornalisti stavano facendo domande. Volevano sapere cosa stesse facendo Han e con chi fosse. La telefonata aveva funzionato. Indicare il campo a dei giornalisti gli avrebbe causato troppi problemi, ha spiegato Han, che ha chiesto di fermare l’auto del Washington Post per tornare a casa piedi. Han aveva comunque intenzione di raccontare l’effetto che l’inquinamento aveva avuto sulla sua casa. La sua famiglia allargata – genitori, fratelli e figli – viveva tutta nella zona, e Han sentiva la responsabilità di dover parlare. «Viviamo qui da generazioni», ha detto Han, «se nessuno si occupa della cosa, continuerà a danneggiarci».

Crescita della domanda

Anche se può sembrare che le persone fuori dalla Cina non siano coinvolte né toccate dall’inquinamento cinese, la verità è più complicata di così. La domanda americana di beni a basso costo contribuisce a mantenere le fabbriche cinesi in attività. Oltre il 25 per cento delle emissioni causate da due delle principali sostanze inquinanti della Cina, diossido di zolfo e ossidi di azoto, provengono dalla produzione di merci destinate all’esportazione, secondo una ricerca pubblicata nel 2014 dalla rivista scientifica americana Proceedings of the National Academy of Sciences. La quota più ampia di esportazioni della Cina finisce negli Stati Uniti. Gli stessi ricercatori, inoltre, hanno scoperto che parte dell’inquinamento prodotto in Cina raggiunge gli Stati Uniti: l’inquinamento atmosferico attraversa l’oceano e aumenta i livelli di ozono nella parte occidentale del paese, secondo lo studio.

«Non sempre esternalizzare la produzione in Cina risparmia i clienti negli Stati Uniti dalle conseguenze ambientali dell’inquinamento atmosferico», hanno detto gli autori dello studio, che è stato condotto da un consorzio di scienziati cinesi e americani. Oggi, l’ascesa del settore delle auto elettriche promette di generare un aumento enorme della produzione delle batterie agli ioni di litio. Produrre batterie abbastanza grandi da alimentare delle auto genererà un gigantesco salto nella domanda. Un computer portatile ha bisogno di una manciata di tradizionali batterie agli ioni di litio sottili e cilindriche conosciute come “18650”. A uno smartphone ne servono anche meno. Ma di solito le batterie di un’auto elettrica hanno bisogno di una potenza migliaia di volte superiore.

Oggi la fabbrica più famosa per la produzione di batterie per auto elettriche è quella che Tesla sta costruendo nel deserto del Nevada – la cosiddetta “Gigafactory” – un impianto che stando alla società produrrà 500mila batterie per auto elettriche all’anno. L’impianto di Tesla è però solo uno dei tanti. Nel mondo è prevista la costruzione di una decina di altre “gigafactory”. Ma «non è soltanto Tesla», ha detto Simon Moores, amministratore delegato di Benchmark Mineral Intelligence, una società che tiene traccia della domanda e valuta i prezzi delle materie prime nel settore. «La domanda è in crescita dappertutto, soprattutto in Cina», ha aggiunto.

© 2016 – The Washington Post