La grande protesta dei musulmani integralisti in Indonesia
Almeno 100mila persone hanno chiesto l'incriminazione per blasfemia del governatore di Giacarta, cristiano di etnia cinese
Venerdì mattina circa 100mila musulmani integralisti si sono ritrovati a Giacarta, la capitale dell’Indonesia, per protestare contro il governatore della città, il cristiano Basuki Tjahaha Purnama, più noto con il nome Ahok. I manifestanti hanno accusato Purnama di blasfemia per dei commenti che ha fatto sul Corano. Molte persone, ha raccontato il Wall Street Journal, sono arrivate a Giacarta con treni e autobus provenienti da diverse zone di Giava, l’isola indonesiana dove si trova anche la capitale. Si sono riunite alla moschea di Istiqlal, la più grande del paese, prima di andare verso il palazzo presidenziale. La partecipazione alla protesta è stata più bassa di quanto gli organizzatori avessero previsto, a causa del fatto che la più grande organizzazione musulmana del paese aveva chiesto ai suoi seguaci di rimanere a casa.
Le proteste di venerdì sono state per lo più pacifiche, anche se qualche scontro c’è stato. A un certo punto gli agenti – circa 20mila – hanno usato del gas lacrimogeno sulla folla, mentre i manifestanti hanno dato fuoco ad alcune macchine della polizia. La grande protesta di Giacarta è stata replicata in altre città dell’Indonesia, tra cui Medan e Bengkulu, entrambe sull’isola di Sumatra, mentre diverse ambasciate hanno invitato i loro cittadini a stare lontani dalla manifestazione.
Purnama è stato eletto vicegovernatore di Giacarta nel 2012 ed è diventato governatore nel 2014 prendendo il posto di Joko Widodo, attuale presidente del paese. Non è la prima volta che i musulmani integralisti se la prendono con Purnama, che oltre a essere un cristiano nel più grande paese musulmano del mondo fa anche parte della minoranza etnica cinese, particolarmente perseguitata in Indonesia. Alcuni musulmani integralisti hanno sostenuto che Purnama non dovesse nemmeno essere eletto, sulla base di un verso del Corano che loro hanno interpretato come un divieto di vivere sotto la leadership di un non-musulmano. Le ultime tensioni si sono sviluppate a settembre, quando durante un discorso pubblico Purnama ha citato di nuovo un verso del Corano, ricevendo le critiche dei suoi oppositori.
Circa il 90 per cento dei 250 milioni di indonesiani è di religione musulmana. L’Indonesia ha una grande tradizione di Islam moderato, che per molto tempo ha subito anche l’influenza culturale dell’induismo e del buddismo. Negli ultimi anni, però, le cose sono cominciate a cambiare. Sono cresciuti i gruppi musulmani integralisti, le donne hanno cominciato a indossare di più il velo, sono state aperte molte scuole islamiche e le politiche nei confronti delle lesbiche, dei gay, dei bisessuali e dei transgender sono diventate più restrittive. Per dire, anche Netflix ha avuto dei problemi con il provider nazionale per il contenuto di alcuni suoi film e serie tv. Un altro problema è stato l’aumento degli attacchi terroristici di ispirazione islamista: il 14 gennaio 2016 lo Stato Islamico ha compiuto diversi attentati a Giacarta, uccidendo sette persone. Nei mesi successivi ci sono stati altri attacchi, anche se di dimensioni minori.