Cerchiamo di capire “Westworld”
Siamo arrivati a metà della prima stagione e ci sono tantissime domande, un po' di teorie affascinanti e, per ora, poche risposte
Westworld è una serie tv western ma di fantascienza che da qualche settimana va in onda in Italia su Sky Atlantic e negli Stati Uniti sul HBO. Di Westworld si parla come del nuovo Game of Thrones – per profondità della storia raccontata e qualità di immagini, recitazione e sceneggiatura, e perché entrambi sono di HBO – o, al limite, del nuovo Lost, perché dopo cinque episodi è già ingarbugliata, difficile da capire e probabilmente piena di tranelli e false piste. Westworld è sicuramente ben fatta – anche perché è basata su una storia di Michael Crichton, prodotta da J.J. Abrams, e sviluppata da Johathan Nolan, fratello di Christopher e sceneggiatore di quasi ogni suo film – e visto il successo che sta avendo andrà di certo avanti per alcune stagioni: ci dovremo insomma convivere per qualche anno.
Nelle prime cinque puntate (su dieci) della prima stagione, Westworld ha lasciato aperte una serie di questioni dando pochissime risposte: i critici che hanno già visto tutta la serie consigliano però di tenere duro, perché nella seconda metà di stagione qualche risposta arriverà. Per ora siamo al momento in cui buona parte delle carte sono state buttate sul tavolo, lasciando ognuno libero di provare a metterle nell’ordine che preferisce. Prima che inizi la seconda metà di stagione abbiamo quindi provato a fare una sintesi di quello che è successo, raccolto una serie di teorie, ipotesi e interpretazioni che sembrano palusibili. Il quinto episodio è arrivato in Italia da poco: se ancora non l’avete visto basta non leggere il paragrafo che lo riguarda e, se proprio non volete neanche il minimo spoiler, nemmeno quelli sulle teorie.
Cos’è successo finora
La storia è ambientata in un futuro non molto lontano e in un luogo non meglio definito. C’è un immenso parco tematico che sembra il West degli Stati Uniti (quello dei film western) in cui vivono dei robot con sembianze umane. Il parco è frequentato da veri uomini e vere donne, che pagano 40mila dollari al giorno per “giocare al west”, interagendo – abusandone, spesso – con i robot, che oltre a essere esteticamente indistinguibili dagli uomini sono anche piuttosto complessi psicologicamente. Le regole sono semplici: i robot (o androidi) sembrano umani e le loro azioni sono determinate da una serie di linee narrative studiate dagli “sceneggiatori” del parco. Gli uomini possono scegliere se partecipare a queste linee narrative – per esempio accettando di partecipare alla cattura di un pericoloso bandito – oppure scorrazzare liberamente per il parco. Gli uomini possono uccidere gli androidi, gli androidi non possono uccidere gli uomini. I robot, inoltre, funzionano in una specie di loop: ogni mattina si svegliano, fanno quello che devono fare, e anche se vengono stuprati, picchiati o uccisi, il giorno dopo vengono riparati, rimontati e riprogrammati per ricominciare da capo, senza ricordare ciò che gli è successo il giorno prima.
A monitorare e gestire il tutto da fuori ci sono una serie di tecnici, scienziati e esperti di vario tipo che supervisionano quello che succede, riparano e sistemano gli androidi e decidono – a grandi linee – cosa far succedere e quando. Del fuori-dal-parco si sa però pochissimo: si vede il posto da cui il parco viene gestito e si vedono alcuni di quelli che se ne occupano: ma non si sa praticamente nient’altro sul mondo vero oltre il parco.
Già nel primo episodio iniziano i problemi: alcuni androidi sembrano diventare troppo intelligenti, parzialmente coscienti e, in generale, propensi a pensieri e azioni che sembrano andare oltre quello per cui sono stati programmati. Nel primo episodio si iniziano a capire le regole del parco e i principali personaggi della serie: c’è il dottor Robert Ford (interpretato da Anthony Hopkins), l’anziano ed enigmatico direttore fondatore del parco, che creò più di trent’anni prima dell’inizio della serie. Poi ci sono – sempre stando tra chi sta fuori dal parco – Bernard Lowe (quello che si occupa della programmazione dei robot, del modo in cui “pensano” e funzionano”) e Theresa Cullen, capo del dipartimento della sicurezza del parco. Lowe e Cullen hanno una relazione, e Ford sembra essere l’unico a saperlo. Durante il primo episodio si scopre che Ford ha inserito delle “ricordanze” nei robot: un sistema che permette loro di ricordare alcune cose delle loro giornate. Lato positivo: si comportano in maniera ancora più realistica. Lato negativo: se iniziassero a ricordare che sono solo dei robot-marionetta che fanno sempre le stesse cose e vengono continuamente picchiati, uccisi e stuprati, potrebbero non essere più così controllabili.
I principali personaggi del parco (anche qui sono tantissimi e serve fare una sintesi) sono invece Dolores Abernathy – un robot interpretato da Evan Rachel Wood – Maeve Millay, un robot-prostituta che gestisce il proprio bordello, interpretata da Thandie Newton, William – un visitatore del parco – e un uomo senza nome vestito sempre di nero, interpretato da Ed Harris.
Dolores è l’androide più “anziano” del parco, e negli anni è stata aggiornata innumerevoli volte. È uno dei robot che inizia a fare pensieri più complessi degli altri: la scena chiave è alla fine della prima puntata, quando uccide una mosca che le va sul collo, una cosa che un androide “normale” non farebbe. Maeve è un altro robot che, forse ancora più di Dolores, capisce che c’è qualcosa di strano nella sua vita, e inizia a farsi domande, trovando pure qualche risposta (soprattutto nel quinto episodio). William è un visitatore riluttante che a differenza di molti altri non sembra essere interessato alla possibilità che il parco offre di fare tutto ciò che si vuole (di nuovo: sesso e uccisioni, soprattutto). L’Uomo in Nero è il personaggio da cui potrebbero arrivare le maggiori sorprese: è un visitatore del parco che è violentissimo ma anche molto intelligente. Non è nel parco per giocare a fare il pistolero: è interessato a trovare un “livello più profondo”, un significato maggiore per tutto ciò che il parco rappresenta.
Nei primi due episodi non si capisce un granché: Bernard e il dottor Ford si parlano, confrontandosi continuamente – e un po’ noiosamente – sul significato del parco; Bernard è affascinato da Dolores, con cui – quando lei non è nel parco, ma nei laboratori in cui viene aggiornata o riparata – inizia a parlare piuttosto spesso; l’Uomo in Nero cerca un misterioso labirinto.
Nel terzo episodio si scopre una cosa che diventerà probabilmente molto importante nei prossimi episodi: Ford – che sta lavorando a una grande e definitiva nuova “linea narrativa” per il parco – aveva un socio, Arnold, che dice essere morto suicida decenni prima. Arnold, dice Ford, aveva il sogno di dare una vera coscienza ai robot del parco. Intanto, dentro al parco, Dolores e Maeve continuano a capire che c’è qualcosa di strano: anche Dolores si mette a cercare il labirinto; Maeve capisce – trovando una pallottola nel suo addome, nonostante l’assenza di una cicatrice – che è già “morta” altre volte, e che è stata in qualche modo “riparata”. Fuori dal parco, Ford diventa sempre più ambiguo (non si capisce se e quanto sia cattivo) e litiga con Theresa.
Sintesi dei primi quattro episodi: gran casino. Non si capisce chi è buono e chi no, né dentro né fuori dal parco. A dire il vero ci potrebbero anche essere dei dubbi su chi sia un umano e chi, invece, un robot. Dentro il parco ci sono un paio di umani che non sono lì solo per giocare al western e un po’ di robot che stanno capendo troppe cose; fuori c’è qualcuno che sta iniziando a capire che qualcosa non va e che se ne preoccupa. E poi ci sono Ford e l’Uomo in Nero: interpretati da due bravissimi attori, che rendono bene la complessità dei personaggi. Gli attori più bravi sono però quelli che fanno i robot: interpretare un robot con sembianze umane che può essere acceso e spento e che a un certo punto inizia a capire di essere un robot, non è facilissimo, diciamo.
Il quinto episodio
William e Dolores, e l’Uomo in Nero, si stanno piano-piano avvicinando al labirinto. Maeve si sveglia nel laboratorio in cui la riparano, guarda un chirurgo-tecnico che ha l’incarico di ripararla e sembra abbia intenzione di farsi spiegare per bene la sua condizione. Ford e l’Uomo in Nero si parlano, bevendo whiskey, in una locanda del parco: si scopre che si conoscono piuttosto bene e Ford dice all’Uomo in Nero di continuare la sua ricerca di un significato più profondo. Poi c’è un’altra cosa: un robot ucciso dall’Uomo in Nero compare, poco dopo ma molto lontano da lì, in una linea narrativa diversa (quella di Dolores e William): perché? come è possibile? Non si sa, ma potrebbe diventare una cosa piuttosto importante.
E ora le teorie
Dopo poco più di un mese dal primo episodio è già pieno di teorie di ogni tipo, più o meno strampalate. Qualcuna sarà vera, moltissime si riveleranno sbagliate. Di certo, ce ne sono di molto interessanti: alcune riguardano “solo” i personaggi e quello che faranno, altre riguardano etica, filosofia, sociologia, principi di robotica, concetti sull’Intelligenza Artificiale. Ne abbiamo scelte alcune: o perché plausibili o perché interessanti.
– Bernard è un robot: creato da Ford, o più probabilmente da Arnold. A supporto di questa teoria c’è il fatto che Bernard Lowe è un anagramma di Arnold Weber. Ma c’è un problema: non si sa ancora il cognome di Arnold. Nel quarto episodio c’è però Ford che, parlando di Bernard con Theresa, le dice di stare attenta, con un’allusione che potrebbe essere interpretata come “stai attenta, lui è un robot”. I dialoghi tra Bernard e Dolores potrebbero a questo punto fare parte di un grande piano di Ford, che – tra l’altro – a un certo punto dice a Bernard: «So come funziona la tua mente».
– Dolores e Arnold: a proposito di anagrammi, Dolores Abernathy è un anagramma di “Arnold Base Theory”, nel caso vi interessasse. Si sa che Dolores parlò con Arnold nel giorno in cui lui morì e c’è chi dice che potrebbe essere stata lei a uccidere Arnold, su indicazione di Arnold stesso.
– William è L’Uomo in Nero: questa è complicata. Le storie che vediamo nella serie dovrebbero appartenere, per supportarla, a due periodi diversi. Una è ambientata nel presente, una nel passato (tanto i robot sono sempre uguali, mica invecchiano). L’idea è che William sia la versione giovane dell’Uomo in Nero. Johathan Nolan ha scritto la sceneggiatura di film come Memento e Interstellar: possiamo dedurne che gli piace giocare con il tempo e farci venire dei gran mal di testa cercando di stargli dietro.
– È tutto un grandissimo esperimento: non esistono umani e robot nel parco, ma solo robot e robot-che-si-credono-umani. Ci sono varie derivazioni di questa teoria: Moviepilot ha messo insieme le più interessanti e assurde, nell’articolo “Westworld è una cospirazione del governo per creare una nuova razza di esseri umani?”
– Arnold è vivo: sappiamo che Dolores gli parla, più o meno. È anche possibile che Arnold sia vivo, più o meno. Magari in qualche forma strana, all’interno di un robot. Anche se così non fosse è però ormai chiaro che ha lasciato cose e indizi nel parco e linee di codice e programmazione nei robot, per far succedere cose. Cosa, ancora bisogna capirlo.
– I robot del parco sono “repliche” di persone vere: sono cioè delle specie di cloni, con le sembianze di veri esseri umani: magari morti, magari ex ospiti del parco.
– Il parco dov’è?: per qualcuno sott’acqua, ma non ci sono grandi prove a riguardo. Per qualcuno sarebbe su un altro pianeta: giusto per far diventare la serie anche interplanetaria, oltre che western e di fantascienza. Nolan, parlando a Entertainment Weekly, ha detto che se si presta la giusta attenzione, entro la fine della prima stagione si può capire dove sta il parco.
Il trailer della seconda metà di stagione
Dunque: c’è Ford che guarda la “mappa” del labirinto, disegnata su un quaderno che ha in ufficio (quindi è ben consapevole della sua esistenza); c’è Maeve che capisce tutto, c’è Bernard che si preoccupa, e c’è Ford che dice cose da cattivo, con la faccia da cattivo che sa fare solo Hopkins: «Ho creato ogni parte di questo posto. Pensavi davvero che ti avrei lasciato la possibilità di prenderlo», dice, non si sa a chi.