Perché le squadre neopromosse retrocedono
Qual è la cosa migliore da fare quando si arriva in Serie A? Cambiare tanto o poco? Spendere molto o no?
Nelle ultime cinque stagioni di Serie A, per sei volte una squadra è stata retrocessa in Serie B dopo un solo anno di permanenza nella massima serie del campionato italiano. Da cinque anni almeno una neopromossa all’anno – delle tre che alla fine di ogni stagione salgono dalla Serie B – non è riuscita a rimanere in Serie A.
Se per ciascuna squadra promossa in Serie A nelle ultime cinque stagioni si prendono in considerazione alcuni dati, si nota come le neopromosse possano essere suddivise in tre gruppi: quelle che arrivano in Serie A cercando di rimanerci mantenendo i costi sui livelli dell’anno precedente, quelle che vengono promosse in Serie A e sono nelle condizioni di investire cifre adeguate per rimanerci a lungo, e quelle che sono retrocesse in B per un’annata problematica sotto molti aspetti ma che, per l’importanza del club e per la propria solidità economica, mantengono una rosa di alto livello e tornano in Serie A dopo un anno, per restarci. Spesso le differenze di livello fra le tre squadre che ogni anno arrivano in Serie A si notano facilmente, ma per capire di quale di questi tre gruppi facciano parte e di conseguenza per cercare di capire chi ha più probabilità di essere retrocessa e chi no, è utile mettere insieme alcuni fattori fondamentali, come il monte ingaggi societario, i soldi spesi nella sessione estiva del calciomercato e la composizione della rosa, soffermandosi in particolare su alcuni aspetti.
Per rendere più chiare le cose, del primo gruppo fanno parte il Frosinone e il Carpi dell’anno scorso, il Cesena del 2015, il Livorno del 2014, il Pescara del 2013 e il Novara del 2012: le sei squadre che non sono riuscite a rimanere in Serie A più di una stagione. Cinque di queste sei squadre, per decisioni della società o per i propri limiti economici, non investirono molto nella squadra e cercarono di cavarsela con poco. Dopo la promozione di due anni fa per esempio, il Frosinone e il Carpi non spesero più di 400mila euro nel calciomercato estivo e preferirono affidarsi a una decina di giocatori presi in prestito. L’anno prima il Cesena spese appena 1,10 milioni di euro, nel 2011 il Novara ne spese 5,5 milioni, due anni dopo il Livorno poco meno di cinque.
Dopo essere stati promossi, questi sei club spesero in acquisti e prestiti (che come spesa comportano solo quella per gli ingaggi e al massimo un bonus per la società che cede) le cifre massime permesse dal loro budget annuale, per non rischiare di trovarsi in caso di retrocessione immediata con i conti a rischio. L’unica eccezione è rappresentata dal Pescara, che nell’estate del 2013 vendette Marco Verratti al Paris Saint-Germain per 12 milioni e poté quindi reinvestirli in parte nella campagna acquisti, dove spese quasi 9 milioni. Il Pescara, che al momento dell’ultima partita in Serie B prima della promozione del 2013 aveva un organico in grado di competere in Serie A, nei mesi successivi perse tutti i suoi componenti fondamentali che avevano permesso alla squadra di ottenere le promozione: furono ceduti Lorenzo Insigne, Ciro Immobile e Marco Verratti, i tre giocatori più importanti della squadra e gli unici già pronti per la Serie A, e la squadra cambiò anche allenatore dopo che Zdenek Zeman, a cui andò buona parte del merito per la promozione, passò alla Roma. Rimasta in Serie A con una difesa giovane e inesperta, tre nuovi acquisti — Vladimír Weiss, Juan Quintero e Ante Vukušić — molto promettenti ma incostanti e con qualche problema fisico, e senza un attacco adeguato alla categoria, il Pescara disputò una pessima stagione: segnò appena 27 gol e ne subì 84.
Inevitabilmente, le prestazioni delle sei squadre durante le loro stagioni in Serie A si assomigliano parecchio, e danno tutte l’idea di squadre con un organico da alta classifica in Serie B senza nessun punto di forza su cui puntare per restare in A, né difensori all’altezza, né attaccanti in grado di segnare almeno una decina di gol. Come dimostra il grafico qui sotto, l’anno scorso fu il Bologna l’unica squadra neopromossa a salvarsi. Pur segnando pochi gol, riuscì a bilanciarli bene con una quantità di gol subiti non eccessiva. Carpi e Frosinone invece, le altre due neopromosse, segnarono poco e subirono molti gol. Il Bologna inoltre disponeva di un organico di qualità già dalla stagione precedente, essendo retrocessa dalla Serie A l’anno prima, mentre Carpi e Frosinone mantennero una rosa praticamente identica a quella con cui avevano ottenuto la promozione.
Il caso dell’Empoli del 2015 rappresenta l’eccezione fra le squadre del primo gruppo, poiché si salvò pur mantenendo l’ossatura della squadra con cui aveva disputato la Serie B: riuscì a non perdere nessun elemento fondamentale, dalla rosa allo staff tecnico, e si ritrovò così in A con alcuni giocatori nel pieno della loro maturità e con altri giovani in crescita. L’anno precedente, in Serie B, l’Empoli si era rivelata una squadra di qualità, per via di molti giocatori interessanti e per merito di un allenatore, Maurizio Sarri, che ora è considerato uno dei migliori in Italia. La squadra venne promossa senza passare dai playout dopo aver terminato il campionato in seconda posizione. In estate non cambiò niente e fece una serie di acquisti mirati: tenne Sarri come allenatore, riuscì a trattenere in prestito Daniele Rugani, che nel frattempo era diventato proprietà della Juventus, e trattenne anche Federico Barba, Elseid Hysaj, Lorenzo Tonelli e Mirko Valdifiori, che si rivelarono fondamentali per la salvezza. Oltre a questo, la società acquistò Massimo Maccarone, esperto attaccante che poi segnò dieci gol, riprese il giovane e talentuoso trequartista del Milan Riccardo Saponara e aggiunse alla rosa altri giovani promettenti, da Diego Laxalt a Piotr Zielinski. Al suo primo anno in Serie A, l’Empoli si salvò terminando il campionato in 15esima posizione e fu una delle sorprese di quella stagione.
L’Hellas Verona della stagione 2013/2014 è invece uno dei due esempi più recenti del secondo gruppo, quello delle squadre che vengono promosse in Serie A e sono nelle condizioni economiche per rimanerci a lungo. Dopo essere stata ai vertici della Serie B per due anni, nel 2013 l’Hellas riuscì a tornare in Serie A guidata da una società molto ambiziosa. Non spese molto per comprare grandi talenti, solo otto milioni di euro, ma scelse di ingaggiare alcuni giocatori esperti, come Luca Toni, Marco Donadel, Bosko Jankovic e Massimo Donatie di investìre su alcuni giovani che poi disputarono un’ottima stagione — Manuel Iturbe, Jacopo Sala e Romulo — e che negli anni successivi vennero venduti facendo guadagnare alla società una ventina di milioni di euro.
L’anno scorso l’Hellas Verona ha concluso il campionato in ultima posizione ed è retrocesso in Serie B. Aveva una squadra molto più forte di Carpi e Frosinone e dello stesso livello di Udinese, Palermo e Bologna, che si sono salvate, ma giocò male per tutto il campionato dimostrando di essere una squadra mal assortita. Con buone probabilità, tuttavia, la prossima stagione rivedremo l’Hellas in Serie A, perché dispone ancora di una società da categoria superiore, e una squadra almeno sulla carta più forte di tutte le altre. Quest’anno l’Hellas si può considerare una di quelle squadre che sono retrocesse in B per un’annata problematica ma che per importanza del club e per la propria solidità economica mantengono una rosa di alto livello e riescono a tornare in Serie A dopo un anno, per restarci più di una stagione.
L’altro esempio recente è quello del Sassuolo, squadra che nelle sue tre stagioni in Serie A ha sempre migliorato notevolmente i suoi risultati, fino ad arrivare a giocarsi la fase a gironi di Europa League appena tre anni dopo la prima promozione in Serie A della sua storia: tre stagioni fa infatti il club emiliano era in Serie B e nel 2008 era addirittura in Lega Pro. Il successo del Sassuolo è dovuto principalmente al suo proprietario Giorgio Squinzi, proprietario della Mapei, la principale azienda italiana produttrice di materiali chimici per l’edilizia. Mapei è anche lo sponsor di maglia del Sassuolo, a cui ogni anno versa circa ventidue milioni di euro, cifra che fino all’anno scorso ha rappresentato la più grossa entrata nel fatturato della squadra, che supera di poco i sessanta milioni. I ventidue milioni della Mapei fanno sì che il Sassuolo sia la squadra che riceve più soldi dal proprio sponsor di maglia di tutta la Serie A, anche più di Juventus, Inter e Milan. Nonostante questo, da quando è in Serie A il Sassuolo ha speso molto ma mai in modo eccessivo. Nel primo anno dopo la promozione si salvò per un pelo ma spese più di 30 milioni per gettare le basi della squadra che ora si gioca l’accesso alla fase ad eliminazione diretta dell’Europa League
L’andamento delle squadre che dopo la promozione dalla Serie B sono rimaste in Serie A per più di un anno
Se si prendono in considerazione le prime partite dell’attuale stagione di Serie A e i movimenti di mercato nella sessione estiva, quest’anno la retrocessione del Crotone sembra inevitabile e, inoltre, la squadra calabrese potrebbe disputare una delle peggiori stagioni fra tutte quelle disputate dalle neopromosse negli ultimi decenni. Dopo dieci partite il Crotone è ultimo con due punti e con la peggior difesa del campionato. Ha il monte ingaggi più basso del campionato e in estate, dopo aver perso l’allenatore con cui ha ottenuto la promozione e il suo giocatore più forte, il croato Ante Budimir, ha speso poco meno di quattro milioni per prendere una dozzina di giocatori, a titolo definitivo e in prestito, senza spendere per ciascuno più di 950mila euro. L’altra squadra che finora ha dato l’impressione di aver più probabilità di essere retrocessa è l’Empoli, che l’estate scorsa ha venduto praticamente tutti giocatori protagonisti delle sue ultime due stagioni. Ha preso un attaccante esperto come Alberto Gilardino e ha ancora in rosa Massimo Maccarone, ma per ora ha il peggior attacco del campionato, con appena due gol segnati in otto partite.