In Corea del Sud c’è uno scandalo da film
C'entrano la presidente del paese Park Geun-hye e una misteriosa donna figlia di un ex monaco buddista poi convertito al cattolicesimo
Da diverse settimane in Corea del Sud si sta parlando molto di un caso che coinvolge la presidente del paese Park Geun-hye e una misteriosa donna di nome Choi Soon-sil, che gestisce diverse attività fra cui una fondazione benefica. L’opposizione sudcoreana accusa Park di subire da anni la forte influenza di Choi – una privata cittadina senza alcun incarico pubblico – che tra le altre cose ha corretto e messo mano ai testi dei discorsi ufficiali della presidente. Un video trasmesso dalla televisione Chosun ha mostrato alcuni assistenti di Park inchinarsi di fronte a Choi dopo che apparentemente la donna aveva dato loro degli ordini. Choi avrebbe anche potere sulla scelta del guardaroba della presidente, ha scritto il New York Times. La storia in sé non sembra un vero scandalo, vista da qui, ma le accuse dell’opposizione hanno fatto perdere a Park molti consensi. Anche perché Choi non è una donna qualunque: è la figlia di un personaggio a sua volta controverso, il cui rapporto con Park già in passato è stato oggetto di polemiche e allusioni diverse.
Il padre di Choi, morto nel 1994 a 82 anni, si chiamava Choi Tae-min ed era il fondatore di una setta religiosa chiamata la “Chiesa della vita eterna”. Era un ex agente di polizia, sposato sei volte, monaco buddista e poi convertito al cattolicesimo. Aveva conosciuto Park – che è figlia di un ex presidente della Corea del Sud, Park Chung-hee – dopo l’assassinio della madre di lei, nel 1974. Secondo un documento dell’intelligence sudcoreana risalente agli anni Settanta e pubblicato nel 2007, Choi si avvicinò a Park dicendole che sua madre gli era apparsa in sogno, chiedendogli di aiutarla lei: divenne quindi il mentore di Park, che aiutò a inserirsi e arrivare al vertice di un gruppo filo-governativo chiamato “Movimento per una nuova mente”. Secondo alcuni documenti dell’intelligence di allora, Choi usò il suo legame con Park per mettere in piedi un esteso sistema di corruzione.
Un manifesto che mostra la presidente Park Geun-yye (a sinistra) manovrata come una marionetta da Choi Soon-sil, durante una manifestazione organizzata dall’opposizione sudcoreana a Seul il 27 ottobre 2016 (JUNG YEON-JE/AFP/Getty Images)
Tutta la storia è molto complicata – per certi versi sembra un film – e coinvolge anche il padre della presidente Park. Park-padre fu presidente della Corea del Sud dal 1962 al 1979: prese il potere dopo un colpo di stato militare realizzato nel 1961 e durante la sua presidenza instaurò un regime autoritario e molto repressivo. Fu assassinato nel 1979 da Kim Jae-gyu, l’allora direttore del KCIA, i servizi segreti sudcoreani (oggi l’agenzia nazionale di intelligence si chiama NIS). Kim raccontò in tribunale che una delle ragioni per cui uccise Park-padre fu l’incapacità di Park-padre di fermare le attività corruttive di Choi-padre e di tenerlo lontano da sua figlia. Secondo quanto si legge da un cablogramma diplomatico diffuso da Wikileaks nel 2007, in quel periodo l’ambasciata americana a Seul riferì di voci secondo le quali Choi-padre «ebbe il completo controllo sul corpo e sull’anima di Park durante i suoi anni formativi, e che come risultato di questa situazione la figlia di lui aveva accumulato enormi ricchezze». Circolarono anche voci che Park – che non si è mai sposata – avesse avuto un figlio o una figlia da Choi. Lei ha sempre negato.
Il presidente sudcoreano Park Chung-hee (a destra) indica un quadro del Castello di Schleißheim a un suo interprete, in Germania, 1965. (Keystone/Hulton Archive/Getty Images)
Dopo le accuse e le voci che si sono susseguite nel corso degli anni, martedì la presidente Park si è scusata pubblicamente per i suoi legami con Choi-figlia (che da qui in poi chiameremo Choi), tra la sorpresa di molti. Il giorno prima la televisione sudcoreana JTBC aveva sostenuto che Choi fosse coinvolta nella revisione di alcuni dei discorsi ufficiali di Park: JTBC aveva detto di avere ottenuto un computer di Choi contenente 44 file relativi a discorsi ufficiali di Park. Park ha quindi ammesso di essersi fatta aiutare da Choi in diverse occasioni – sia durante la sua campagna elettorale che durante la sua presidenza – ma ha aggiunto di avere in seguito interrotto la collaborazione. Il problema è che nel frattempo le autorità sudcoreane hanno cominciato a indagare sui legami tra le due donne, con il sospetto che Choi abbia usato la sua influenza su Park per ottenere dei profitti personali. Finora Choi non è stata accusata formalmente di alcun reato, anche se non è chiaro chi le abbia mandato i file dei discorsi di Park: se tra i file inviati dovessero esserci anche dei documenti con materiale riservato, l’autorità giudiziaria sudcoreana potrebbe avanzare l’accusa di rivelazione del segreto di stato.
Choi si trova in Germania e giovedì ha detto a un giornale sudcoreano che ora non è il momento appropriato per tornare nel suo paese. Dopo le accuse di JTBC, i consensi per Park sono crollati – l’ultimo sondaggio diffuso da RealMeter la dà al 17,5 per cento – mentre si sono rafforzati gli argomenti delle opposizioni. Mercoledì il quotidiano indipendente Hankyoreh ha scritto: «Nella testa di Park non c’è mai stata distinzione tra pubblico e privato. Lei non ha la consapevolezza dell’importanza di proteggere importanti segreti di stato o del pericolo creato se questi segreti dovessero essere diffusi. L’attuale comandante delle forze armate della Repubblica di Corea non possiede i requisiti fondamentali richiesti a un servitore dello stato». Park è stata eletta presidente nel 2013 e il suo mandato dura cinque anni, fino al 2018: la Costituzione sudcoreana non prevede un secondo mandato per il Presidente.