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  • Mercoledì 26 ottobre 2016

Cosa dicono quelli di Gorino

Marco Imarisio è andato a parlare con le persone dopo le barricate contro i migranti, per capire la loro paura e da dove arriva

ANSA/ FILIPPO RUBIN
ANSA/ FILIPPO RUBIN

Marco Imarisio ha raccontato sul Corriere della Sera che posto è Gorino, il paese di 590 abitanti nel Ferrarese dove tra domenica e lunedì un gruppo di persone ha costruito delle barricate in strada per impedire l’arrivo di un pullman che avrebbe trasportato 20 migranti all’ostello indicato dalla prefettura per la loro accoglienza, e cosa pensano di questa storia quelli che ci vivono.

«Noi siamo un paesino pulito, non possiamo accettare che ce lo sporchino». «Giusto, e poi si sa come vanno queste cose, dicono undici donne e subito dopo ci mandano i maschi, avranno pur dei mariti, e così diventa una invasione».
Nel ristorante di piazza della Libertà il tempo sembra essersi fermato. Sugli scaffali di vetro ai lati di uno specchio annerito sono impilati esemplari di Biancosarti, Vecchia Romagna etichetta nera, Stock, bottiglie che rimandano a un’altra epoca. La ragazza che lava i bicchieri dietro al bancone guarda di sottecchi i due avventori venuti a ristorarsi dal presidio. «Ma non vi vergognate» sibila senza troppa voglia di essere udita. Antonella Telloli e Oliviero Trombini invece sentono. Fanno spallucce. Pagano ed escono senza replicare. «Quella non deve essere di qui» dicono una volta fuori. «I buonisti si nascondono davanti alle femmine incinte che manco ci sono. I soliti politicanti».

Tra il Delta e il mare

Gorino non è vicino a Ferrara, è lontano da tutto. A Gorino ci sono 590 residenti, due negozi di alimentari, una farmacia, una tabaccheria, un ristorante e l’ostello da 46 posti letto che fa anche da bar della frazione. Per arrivarci da Goro si percorre una strada comunale bianca, in un panorama piatto che conduce al delta del Po e al mare. L’ospedale più vicino dista settanta chilometri. La stazione dei carabinieri è stata chiusa nel 2012, li hanno spostati a Comacchio. «Siamo gente chiusa. Ogni città ci sembra una metropoli. Abbiamo la nostra quotidianità e non accettiamo che venga intaccata da estranei».

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