“La Teoria del tutto”, la storia di Stephen Hawking e della sua malattia
Al grande fisico britannico erano stati dati appena 2 anni di vita quando ne aveva 21, come racconta il film: com'è possibile che sia ancora vivo?
La Teoria del tutto, il film che andrà in onda questa sera alle 21.10 su Canale 5, racconta gli anni giovanili dell’astrofisico britannico Stephen Hawking, e l’inizio della sua relazione con la moglie Jane. Quando aveva 21 anni, nel 1963, a Hawking fu diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), una grave malattia neurodegenerativa, che lo portò presto alla paralisi. Il film è tratto dal libro scritto da Jane Wilde Hawking – la moglie di Hawking – Verso l’infinito, ed è stato diretto dal regista James Marsh. Hawking è interpretato dall’attore inglese Eddie Redmayne – che per questo ruolo ha vinto l’Oscar nel 2015 come migliore attore protagonista – mentre l’attrice Felicity Jones – che sarà la protagonista di Rogue One: A Star Wars Story – interpreta sua moglie.
Il film inizia proprio nel 1963, quando Hawking – che era un brillante studente di fisica all’università di Cambridge – conobbe a una festa universitaria la studentessa di lettere Jane Wilde. I due iniziarono a frequentarsi e a uscire insieme, nonostante le sempre maggiori difficoltà che la malattia di Hawking gli provocava, complicandone la vita quotidiana, finché decisero di sposarsi. Da qui in poi il film racconta il progredire della malattia di Hawking – che continuò le sue ricerche e sviluppò le teorie che lo resero famoso – e l’evoluzione del rapporto tra lui e Wilde, che dovette farsi carico della gestione del marito e dei figli, fino alla loro separazione, nel 1991, quando Hawking iniziò una relazione con l’infermiera che lo curava da anni, Elaine Mason.
Nel 2012, quando Hawking ha compiuto settant’anni, il Washington Post spiegò come sia possibile che Hawking sia ancora vivo, nonostante a 21 anni i medici gli avessero dato due anni di vita.
Il 20 aprile 2009 sembrava fosse arrivato il momento che i medici avevano previsto da decenni. Stephen Hawking, lo scienziato che aveva battuto una malattia debilitante pur di diventare il fisico più conosciuto in vita, era sul punto di morire. L’Università di Cambridge aveva diffuso una brutta prognosi: Hawking, a cui era stata diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) quando aveva 21 anni, era stato descritto come “molto malato” e “sotto accertamenti” all’ospedale. I giornali avevano pubblicato articoli di commemorazione e necrologi prematuri. Sembrava proprio che fosse scaduto il tempo; ma come è sua abitudine fare, Hawking è sopravvissuto.
Hawking, che ha 73 anni, non dovrebbe essere in grado di fare le cose che fa tuttora. Non dovrebbe essere in grado di esporci le sue meditazioni sull’esistenza di Dio. Non dovrebbe potersi preoccupare dell’intelligenza artificiale o della capacità umana di autodistruzione. E sicuramente non dovrebbe essere in grado di partecipare ai BAFTA – i più importanti premi britannici per il cinema e la tv – seduto sulla sedia a rotelle che lo ha trasportato in giro per decenni, esprimendo ammirazione per il recente film uscito sulla sua vita (La teoria del tutto), che ha reso omaggio alla sua vita e alla lotta. E invece è ancora in grado di fare tutte queste cose, e le fa.