Come si vende un libro all’estero
I titoli italiani tradotti sono sempre di più e gli accordi si prendono soprattutto alle fiere di Londra e di Francoforte, che si è appena conclusa
La lingua italiana è parlata da 64 milioni di persone. Il cinese mandarino da 800 milioni (e studiata da 1 miliardo 200 milioni), l’inglese da 414 milioni (e studiata da 1 miliardo e 300 milioni), lo spagnolo da 410 milioni. Ne consegue che il mercato italiano per chi, come gli scrittori, lavora con la lingua è piuttosto ristretto, più piccolo del vietnamita e appena più grande della lingua Yu, il cinese cantonese, e del farsi, che si parla in Iran. È uno svantaggio di partenza oggettivo, che da un lato rende più necessario allargare il pubblico, vendendo i propri libri all’estero, dall’altro però rende anche più difficile trovare qualcuno in grado di capirli. Nonostante questo – come ha scritto Repubblica riprendendo un rapporto dell’AIE, l’Associazione italiana editori – il numero di titoli tradotti è cresciuto tra il 2014 e il 2015 dell’11,4 per cento. Nel 2001 erano stati acquisiti all’estero i diritti di 1.800 libri, nel 2015 di 5.900. Secondo l’AIE questa crescita si spiega con un aumento di competenze e attenzione da parte delle case editrici italiane, ma probabilmente è dovuta anche ai cambiamenti negli assetti del mercato mondiale e alla crescita di altri mercati.
I momenti più intensi per vendere un libro italiano all’estero sono, ovviamente, le fiere internazionali, in particolare quella di Londra, che si svolge in primavera, e quella di Francoforte, che si è appena conclusa. I libri italiani che alle ultime fiere hanno scatenato aste tra gli editori stranieri sono il thriller La sostanza del male di Luca D’Andrea, pubblicato in Italia dalla collana Stile libero di Einaudi e rappresentato da Piergiorgio Nicolazzini, che è stato venduto in 33 paesi, e Le otto montagne di Paolo Cognetti, pubblicato da Einaudi e rappresentato dall’agenzia Malatesta, che finora è stato venduto in 24 paesi. Da quando esiste Internet l’importanza delle fiere è diminuita, editori, agenti e scout si scambiano tutto l’anno via email notizie sui libri in preparazione e in uscita, ma le fiere rimangono il momento più importante per mettersi d’accordo anche se le acquisizioni verranno finalizzate, quanto a contratti e scartoffie varie, nei mesi successivi. Qualche mese prima di Londra, molti editor, agenti italiani e scout internazionali per esempio vanno a New York, in modo da portarsi avanti e preparare il terreno. Vendere un libro è un lavoro che coinvolge più figure professionali: gli agenti in primo luogo, o gli editor se la casa editrice detiene i diritti di traduzione del libro, e gli scout, che fanno da tramite tra libri italiani ed editori stranieri.
È anche un lavoro che si svolge in più fasi: la prima è quella della pasturazione, in cui si passa la voce per iniziare ad alimentare la curiosità, la seconda è quella della pubblicazione per cui, a volte si preparano degli estratti tradotti – da qualche tempo capita che siano gli stessi autori a pagarsi le traduzioni ripagando a volte i traduttori con royalties sugli eventuali diritti futuri – la terza sono gli incontri tra gli agenti e gli editori stranieri – che normalmente avvengono alle fiere – la quarta sono i report degli scout che descrivono e danno un giudizio sul libro, soprattutto se è in una lingua che, come l’italiano, conoscono in pochi; la quinta, se Dio vuole, è la vendita effettiva, un traguardo a cui, comunque, non arrivano in tanti. Tutti questi passaggi vengono spettacolarmente accorciati nel caso in cui un libro, o il suo progetto, interessi almeno due editori. In questo caso – che per uno scrittore è di gran lunga il migliore – si scatenano aste che fanno lievitare gli anticipi e alzare le percentuali.
Un altro effetto di Internet, dell’allargamento del mercato e della velocità di circolazione delle notizie è che oggi non vengono tradotti soltanto i libri che hanno venduto in patria o di autori famosi, come avveniva fino a qualche anno fa. Capita che anche libri di esordienti non ancora pubblicati possano interessare qualcuno. «Oramai tutto ciò può succedere contemporaneamente o prima dell’uscita in Italia. I passaggi si sono un po’ accelerati. Non è sempre necessario che i libri siano stati pubblicati, né che abbiano venduto e che abbiano avuto buone recensioni», dice Rebecca Servadio che dopo il ritiro della leggendaria scout Koukla MacLehose, è a capo della London Literary Scouting – MacLehose, Servadio & Pupo-Thompson, una delle agenzie di scout più importanti del mondo.
Per il mercato italiano tra gli scout più importanti ci sono Tomaso Biancardi (fratello di Pietro, l’editore di Iperborea) che si occupa dell’Italia per l’agenzia EcclesFisher, che ha base a Londra; Cristina di Stefano di Literary Scouting che ha sede a Parigi; Beniamino Ambrosi della Maria Campbell Associates; e Caterina Zaccaroni. «Dopo averne sentito parlare dall’agente o dall’editore, idealmente uno si deve innamorare del libro», dice Servadio, «scrivere una scheda appassionata e cominciare a consigliarlo e raccomandarlo ai propri clienti all’estero. È un mestiere dove le relazioni, nostre e dell’agente, sono essenziali e dove il gusto letterario ha un ruolo fondamentale». È un mestiere ad alto tasso di insuccesso in cui si fa molto lavoro che magari non porta a niente. L’essenziale – oltre ad avere un libro buono – è sapere a chi rivolgersi, intuire quale può essere l’editore giusto e avere la credibilità e la capacità di convincerlo.
Oltre alle vendite, e alle buone relazioni e all’entusiasmo di scout/agenti/editori, oggi tra gli ingredienti fondamentali perché un libro italiano riesca a interessare gli editori stranieri aiuta la tipicità italica, un certo esotismo geografico e antropologico in grado di solleticare la curiosità e la voglia dei lettori stranieri di vedere l’Italia. Come ai tempi di Camera con vista di E.M Foster e di Ritratto di signora di Henry James, l’immagine dell’Italia che funziona all’estero è ancora quella del Gran Tour, un paese incantevole pieno di esseri umani pittoreschi e paesaggi deliziosi. L’ambientazione, cioè, è – forse più che in passato – un fattore decisivo. È una coincidenza – ma forse non è un caso – che gli ultimi due casi di romanzi italiani stravenduti all’estero siano ambientati sulle Alpi, cioè in uno scenario tipicamente italiano, ma poco frequentato dalla letteratura, che attendeva soltanto di essere mostrato e svelato: sulle Dolomiti La sostanza del male di Luca D’Andrea e ai piedi del Monterosa Le otto montagne di Paolo Cognetti.