La proposta del M5S per ridurre gli stipendi dei parlamentari
Prevede una diminuzione degli stipendi del 50 per cento e la riforma di rimborsi spese e diaria, ma difficilmente il disegno di legge verrà approvato
Oggi è arrivato alla Camera il disegno di legge per ridurre gli stipendi dei parlamentari proposto dal Movimento 5 Stelle: è in corso la discussione del testo e degli emendamenti, ma è improbabile che si arrivi già oggi a un voto. Il DDL prevede la riduzione del 50 per cento della parte fissa dello stipendio dei parlamentari, la cosiddetta indennità, che da un lordo di 11 mila euro al mese scenderebbe a circa 5 mila euro (il netto quindi dovrebbe passare da poco più di 5 mila a circa 2.500 euro). La proposta interviene anche sulla diaria di 3.500 euro al mese che i parlamentari ricevono per affrontare le spese di soggiorno a Roma – che verrà assegnata solo ai parlamentari che non risiedono a Roma – e sui rimborsi spese, che, un totale di circa 2.500 euro al mese, che dovranno essere tutti rendicontati e non saranno più pagati automaticamente.
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Lunedì si vota la nostra proposta
Sono sicurissimo che il Pd voterà a favore!
Voi che dite? pic.twitter.com/of2XFYKeIR— Beppe Grillo (@beppe_grillo) October 20, 2016
Non si tratta di una proposta eccessivamente radicale: nel migliore dei casi, un parlamentare non residente a Roma che riesce a rendicontare il massimo delle varie tipologie di rimborsi possibili, passerà dal ricevere un totale di 11 mila euro al mese a circa 8.500 euro al mese. Secondo i calcoli fatti dai promotori della legge, il risparmio prodotto potrebbe arrivare fino a 87 milioni di euro all’anno, di cui 61 milioni provenienti dal taglio delle indennità a Camera e Senato e altri 25 circa dalla riduzione di diaria e rimborsi (ma questa componente è ovviamente difficile da misurare, visto che dipenderà dalle scelte dei singoli parlamentari). Beppe Grillo ha promesso di essere in aula e di assistere alla discussione, mentre il suo blog ha lanciato un appello per organizzare una manifestazione davanti al Parlamento.
Nel dibattito in corso oggi, circa 30 deputati grillini si sono iscritti a parlare per un minuto ciascuno. I loro interventi sono tutti molto simili e sono in sostanza delle invettive in cui chiedono ai loro colleghi degli altri partiti di votare a favore della loro proposta con toni in genere molto teatrali (sul blog di Grillo è in corso una diretta della discussione). Per il momento, le reazioni degli altri partiti alla proposta del Movimento 5 Stelle sono state abbastanza caute (non è facile prendere posizione contro un tema così popolare come la riduzione degli stipendi dei parlamentari): il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta, ha però parlato di un emendamento proposto dal suo partito che contiene un’idea originale: assegnare ai parlamentari un’indennità pari allo stipendio che percepivano al momento della loro elezione.
Domenica, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha detto nel corso della trasmissione “In mezz’ora”: «Il Pd non è contrario, è favorevole, ma come? Quelli del M5S hanno inventato una proposta che rischia di non funzionare. Io farei una controproposta: perché ai parlamentari invece dell’indennità piena non diamo l’indennità di presenza? Mi spiego: Di Maio ha il 37% di presenze in aula, diamogli il 37% dell’indennità. La verità è che i 5 stelle giocano a fare i più puri ma poi sono come gli altri». Secondo il sito Open Polis, Di Maio ha un indice di presenza del 31,75 per cento, meno della metà della media. In ogni caso, nonostante le parole di Renzi, non sembra probabile che il PD voti a favore della proposta.
Nei primi interventi parlamentari nel corso della discussione, gli esponenti del PD hanno concentrato le loro critiche su quella che secondo loro è la “strumentalità” della proposta del Movimento 5 Stelle. Secondo questa accusa, la proposta del Movimento 5 Stelle avrebbe lo scopo di rispondere alla critica secondo cui chi vota “No” al referendum del 4 dicembre non vuole abbassare i costi della politica (la riforma costituzionale porterà a una riduzione nei costi della politica sul cui esatto ammontare si discute molto, ma che dovrebbe aggirarsi in diverse decine di milioni di euro). In ogni caso, sembra improbabile che la proposta possa passare in fretta: diversi giornali scrivono che probabilmente la proposta sarà rimandata in commissione a causa di un vizio di forma e quindi l’eventuale voto in aula sarà rimandato.
Al di là delle eventuali scelte tattiche dei diversi partiti in vista del referendum, la proposta dei grillini risale alla nascita del Movimento ed è basata sull’idea molto diffusa che gli stipendi dei parlamentari italiani siano tra i più alti al mondo e debbano essere ridotti. In realtà, su questo tema, c’è pochissima chiarezza. Nel 2012, una commissione creata dal governo Berlusconi con lo scopo di indagare su questo tema, si arrese dicendo che era impossibile elaborare una media affidabile degli stipendi dei parlamentari in Europa. Nel suo lavoro la commissione incontrò infatti moltissimi ostacoli: alcuni paesi danno ai parlamentari l’indennità per pagare i collaboratori, altri no, alcuni paesi hanno aggiustamenti automatici all’inflazione, altri no, alcuni paesi hanno l’assicurazione sanitaria, altri no, alcuni paesi fissano lo stipendio lordo e altri fissano il netto, eccetera.
Dal lavoro della commissione e da altri studi sembra però di poter arrivare almeno a delle conclusioni parziali. Gli stipendi dei parlamentari italiani, considerando tutto e al netto delle tasse, ammontano a circa 11 mila euro al mese e sembrano più o meno in linea con quelli degli altri grandi paesi europei. Considerando il minor costo della vita in Italia rispetto a Francia, Germania e Regno Unito, è probabile che gli italiani risultino effettivamente più pagati dei loro colleghi, ma non si tratta di differenze notevoli. Il costo che appare fuori scala in Italia è quello del parlamento nel suo complesso, e in questo bilancio il costo per indennità e vitalizi dei parlamentari rappresenta una frazione del totale. In Italia il parlamento costa circa 1,4 miliardi ogni anno. Nel Regno Unito il costo è di circa 410 milioni di euro, in Francia di 800. Il Congresso americano è uno dei pochi a costare di più, con circa 1,8 miliardi di euro: dividendo il costo per il numero di abitanti del paese, però, emerge chiaramente come quello del parlamento italiano sia effettivamente uno dei più alti al mondo.