Quindi la Spagna avrà finalmente un governo
L'astensione del Partito Socialista permetterà a Mariano Rajoy di formare un governo di minoranza: Podemos si sfrega le mani, si prevede comunque una certa precarietà
Lunedì 24 ottobre il Re di Spagna Filippo VI proseguirà i negoziati con i leader dei vari partiti in vista della formazione di un nuovo governo. I colloqui termineranno martedì con Mariano Rajoy, primo ministro uscente e leader del Partito Popolare (PP), di centrodestra, che entro la fine del mese – se tutto andrà come previsto – chiederà un voto di fiducia e grazie all’astensione dei socialisti formerà infine un governo di minoranza.
Il Comitato federale del Partito socialista spagnolo (PSOE) ha deciso infatti per l’astensione, permettendo così la formazione del governo, con 139 voti a favore e 96 contrari e ha scelto così di non mandare il paese a votare per la terza volta in pochi mesi. In Spagna le trattative per un nuovo governo si trascinano da mesi: alle elezioni politiche dello scorso giugno, così come alle precedenti dello scorso dicembre, il PP aveva ottenuto i maggiori consensi ma non era riuscito a formare una maggioranza per governare, in parte perché l’ex segretario generale del PSOE Pedro Sánchez era contrario a sostenerlo. Sánchez si era dimesso il primo ottobre dopo essere stato isolato da parte del suo partito, che lo riteneva il responsabile delle sconfitte elettorali subite nell’ultimo anno e mezzo e in parte anche dello stallo politico successivo.
Dopo la fine dei colloqui con il Re, Ana Pastor, presidente del Congresso dei Deputati, dovrà decidere se convocare l’assemblea plenaria per il voto di fiducia mercoledì pomeriggio o giovedì. Ci saranno due votazioni: l’articolo della Costituzione spagnola che stabilisce le procedure per la formazione di un nuovo governo, il numero 99, dice che il re proporrà un candidato alla presidenza del governo, il quale esporrà il proprio programma politico e chiederà la fiducia della Camera: per la nomina è necessaria la maggioranza assoluta. Se non sarà raggiunta ci sarà una nuova votazione dopo 48 ore e a quel punto basterà la maggioranza semplice, in pratica senza contare gli astenuti (sarà sufficiente che i “sì” superino i “no”). La seconda e ultima votazione si svolgerà sabato o domenica pomeriggio, comunque prima della mezzanotte del 31 ottobre, termine ultimo per evitare lo scioglimento anticipato delle camere e la convocazione di nuove elezioni. All’inizio di novembre la Spagna potrebbe dunque avere un nuovo governo.
Il PSOE sta attraversando da mesi una profonda crisi e dopo le sei sconfitte elettorali in poco più di un anno – quelle delle elezioni locali del maggio 2015, quelle in Galizia e nei Paesi Baschi dello scorso 25 settembre 2016 e poi quelle delle ultime due elezioni politiche dove il PSOE ha ottenuto i peggiori risultati della sua storia – si è molto diviso sulla decisione di astenersi su un nuovo esecutivo Rajoy, suo storico avversario. Attualmente il partito è gestito dal governatore delle Asturie Javier Fernández, della stessa corrente di Susana Díaz, la governatrice dell’Andalusia che ha guidato la parte del partito favorevole al sostegno del governo di minoranza. Fernández dovrà convocare un congresso straordinario per eleggere il nuovo segretario generale entro la prima metà del 2017, ma nelle prossime settimane il problema più complicato per lui sarà dimostrare di essere all’opposizione del PP senza lasciarsi portare via questo spazio politico da Podemos.
Pablo Iglesias, leader di Podemos, ha infatti già dichiarato che l’astensione del PSOE al voto di investitura è un sostegno vero e proprio al PP, che il nuovo rapporto tra Socialisti e Popolari è in realtà una grande coalizione e che il suo partito è l’unica alternativa politica a questo blocco. Albert Rivera, leader del partito centrista Ciudadanos, riunirà il suo comitato esecutivo oggi, lunedì 24 ottobre: lo scorso agosto Rivera e Rajoy avevano trovato una specie di pre-accordo di 150 punti su un eventuale governo di centro-destra. Dopo la notizia sull’astensione del PSOE, il portavoce di Ciudadanos ha spiegato che il fatto che cominci la legislatura guidata da Rajoy, per il suo partito è l’opportunità di avviare quelle 150 riforme.
El País scrive che Rajoy sarà il presidente con il più basso sostegno parlamentare di sempre (137 deputati su 350, quelli del PP, a cui si potranno però aggiungere i 32 di Ciudadanos) e che questo lo costringerà a negoziare su ogni iniziativa. Il quotidiano definisce già la nuova legislatura come “molto incerta”. La prima legge da approvare sarà quella sul bilancio del 2017. Una volta investito, Rajoy potrebbe però avere dalla sua parte una nuova arma per fare pressione sulle opposizioni e proseguire con il proprio lavoro: la minaccia di sciogliere le camere e andare a nuove elezioni. E questo magari prima che il PSOE, dopo la rottura interna sul voto per l’astensione, abbia il tempo di ricompattarsi e ritrovare l’unità. Questa possibilità, andare cioè nuovamente a elezioni, non potrebbe però verificarsi prima del prossimo 3 maggio.