Perché abbiamo paura dei clown
Non è solo colpa di Stephen King e del cinema degli anni Ottanta: erano già inquietanti nell'Ottocento e c'è anche una fobia legata a loro
Da agosto negli Stati Uniti ci sono stati numerosi casi di avvistamenti di clown: sui social network sono stati pubblicati video che mostrano persone vestite da clown, armate di coltelli o con un atteggiamento minaccioso, mentre rincorrono o aggrediscono altre persone. I giornali americani si stanno occupando molto del fenomeno anche se è probabile che alcuni di questi avvistamenti non siano davvero avvenuti (come scoperto dalla polizia di recente) e che qualche video sia stato girato per scherzo. Se n’è parlato talmente tanto che all’inizio di ottobre McDonald’s ha deciso di limitare per un po’ le apparizioni del clown Ronald McDonald’s, mascotte della catena. Ancora non è chiaro se ci sia una correlazione tra le varie apparizioni di clown, o se più semplicemente persone diverse si siano divertite con lo stesso inquietante passatempo.
Forse non è un caso che questi avvistamenti siano avvenuti nel periodo del trentesimo anniversario della pubblicazione di It, il famoso romanzo horror di Stephen King in cui c’è un mostro che spesso prende la forma del clown Pennywise: uscì nel settembre del 1986, nel 1990 ne fu fatta una miniserie televisiva e al momento è in corso di produzione un film ispirato al libro, che dovrebbe uscire nel 2017. La storia di It non è l’unico motivo per cui molte persone ritengono i clown inquietanti, però è negli anni Ottanta che qualcuno si è inventato la parola “coulrophobia“, che in inglese indica la “paura dei clown”.
Da dove arrivano i clown
Già nel 2.500 a.C. i faraoni e gli antichi imperatori cinesi si facevano intrattenere da persone mascherate come i clown. Nei rituali dell’etnia di nativi americani Hopi c’erano personaggi simili ai clown che interrompevano le danze degli altri membri della tribù con scherzi grotteschi. Nell’antica Roma c’erano gli archimimi, che imitavano in modo buffo i defunti durante le cerimonie funebri, anche prendendone in giro i parenti. Nel Medioevo qualcosa di simile veniva fatto dai giullari, che quando si esibivano a corte potevano scherzare sui re e sui nobili, oltre che ridere di loro stessi o degli spettatori, come facevano anche alcune maschere del Carnevale.
I clown per come li conosciamo oggi esistono più o meno dall’inizio dell’Ottocento. Una persona in particolare ne inventò l’immagine contemporanea: era l’attore di teatro inglese Joseph Grimaldi, vissuto tra il 1778 e il 1837. Grimaldi era famosissimo nella Londra dell’epoca e fu il primo a usare un tipo di trucco simile a quello dei clown di oggi, con il cerone bianco su tutto il viso e le guance colorate di rosso, per imitare le facce degli ubriachi. Grimaldi, o meglio, il personaggio da lui interpretato, Joey, indossava vestiti molto colorati, faceva acrobazie e battute sulle mode del tempo.
Joseph Grimaldi (Cruikshank/Hulton Archive/Getty Images)
Il lato oscuro dei clown
Fin dai tempi di Grimaldi i clown erano associati a qualcosa di negativo. La vita dello stesso Grimaldi non fu molto felice: suo padre lo educò in modo tirannico; sua moglie morì di parto; suo figlio – anche lui un clown – morì alcolizzato a 31 anni; a causa dei numerosi infortuni che si procurò facendo acrobazie ebbe molti dolori fisici. Il pubblico sapeva queste cose di lui, tanto che una delle sue battute, basata su un gioco di parole a partire dal modo in cui in inglese si pronuncia “Grimaldi”, era «I am GRIM ALL DAY, but I make you laugh at night», cioè «Io sono tetro tutto il giorno, ma di sera vi faccio ridere». Secondo Andrew McConnell Stott, autore di una biografia di Grimaldi del 2009 intitolata The Pantomime Life of Joseph Grimaldi, l’idea che i clown facciano paura è in parte dovuta allo scrittore Charles Dickens, che curò il libro di memorie di Joseph Grimaldi e che nel romanzo Il Circolo Pickwick si ispirò a suo figlio per un personaggio. Entrambi i libri trasmettono l’idea sotto il trucco di un clown ci sia una persona con dei problemi.
Se Grimaldi ebbe una vita infelice, quella di un altro famoso pagliaccio dell’Ottocento fu ancora più inquietante. Jean-Gaspard Deburau (1796-1846) era famoso a Parigi per il personaggio di Pierrot, il clown muto con il viso bianco, le labbra rosse, le sopracciglia nere e l’immancabile lacrima. Nel 1836 Deburau uccise con il suo bastone da passeggio un ragazzo che lo aveva insultato per strada: alla fine fu dichiarato innocente, ma l’idea di omicidio iniziò a legarsi alla figura del clown. Ad esempio, nell’opera Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, andata in scena per la prima volta nel 1892 con la direzione di Arturo Toscanini, il protagonista è un clown che uccide la moglie che lo ha tradito.
Il lato oscuro dei clown venne temporaneamente dimenticato dopo la Seconda guerra mondiale, quando i pagliacci divennero personaggi di intrattenimento solo per bambini e non più per adulti. Negli Stati Uniti, a metà anni Sessanta, uno dei più popolari programmi televisivi per bambini era quello del clown Bozo – che in varie versioni è andato avanti fino agli anni Duemila – e nel 1963 fu inventato il personaggio di Ronald McDonald’s.
Alla fine degli anni Settanta però un caso di cronaca nera diffuse di nuovo un’immagine negativa dei clown. Tra il 1972 e il 1978 John Wayne Gacy, che faceva da intrattenitore alle feste per bambini come Pogo il clown, stuprò e uccise 33 ragazzi nella zona di Chicago: fu condannato alla pena di morte e fu giustiziato nel 1994. Quando fu arrestato, Gacy disse ai poliziotti: «Sapete… i clown possono farla franca». La stampa americana lo chiamava “Killer Clown”. Già nel 1968 Gacy era stato in prigione per aver molestato sessualmente un adolescente, ma nonostante questo ebbe poi la possibilità di lavorare con molti bambini.
Nel cinema Pennywise non fu il primo clown malevolo: già nel 1982 in Poltergeist c’è un pagliaccio pupazzo che prende vita e aggredisce Robbie, il ragazzino, trascinandolo sotto il letto.
Dagli anni Ottanta, grazie a Poltergeist, It e altri film horror, i clown sono sempre più associati alla paura piuttosto che al circo o agli spettacoli per bambini. In It, Pennywise è un mostro che si nasconde nelle fogne di una cittadina americana e il clown è solo una delle sue forme – a seconda del bambino che si trova davanti ne può assumere diverse: una mummia, un licantropo o un uccello preistorico – perché It di fatto è il male.
È difficile stimare quante siano le persone che davvero provano la “coulrophobia“. Nel 2008 l’Università di Sheffield, in Inghilterra, chiese a 250 bambini e ragazzi dai 4 ai 16 anni cosa pensassero dei clown: la maggior parte disse che non gli piacevano e addirittura ne erano spaventati. Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, la più importante classificazione delle malattie della psiche al mondo, la cui edizione attuale è più comunemente nota come DSM V, scrive che la paura dei clown nei bambini è compresa all’interno di una categoria più ampia, quella verso i personaggi mascherati, come le mascotte e le persone travestite da Topolino a Disneyland. Questo tipo di paura inizia quando i bambini hanno due anni, temono gli estranei e fanno fatica a separare la realtà dalla fantasia. Crescendo si smette di provarla, anche se pare che circa il 2 per cento degli adulti continui ad avere paura dei clown: è dovuta all’inquietudine di non capire le reali intenzioni ed emozioni sulle facce dei clown, coperte da maschere e trucco.
Per scrivere l’articolo di psicologia del 2016 On the nature of creepiness (cioè “Sulla natura dell’orrore”), pubblicato sulla rivista New Ideas in Psychology, gli psicologi del Knox College dell’Illinois Francis McAndrew e Sara Koehnke hanno chiesto a più di mille persone di fare una classifica di una lista di mestieri in base a quanto li trovassero inquietanti: i clown sono arrivati al primo posto – seguiti da imbalsamatori, proprietari di sex shop e direttori di pompe funebri. La conclusione dello studio di McAndrew e Koehnke è che essere spaventati come nei film dell’orrore è una risposta emotiva a una situazione in cui non è chiaro se si sia minacciati o meno. Una persona risulta inquietante quando non si capisce se sia da temere o meno.
Nonostante lo studio dell’Università di Sheffield però, a molti bambini i clown piacciono, soprattutto negli ospedali. Uno studio dell’Università di Macerata pubblicato nel 2013 sulla rivista Journal of Health Psychology dice i clown presenti nei reparti pediatrici degli ospedali contribuiscono a ridurre l’ansia dei bambini prima delle operazioni chirurgiche meno importanti. Secondo un altro studio, pubblicato nel 2011 sulla rivista Natural Medicine Journal e realizzato all’ospedale San Camillo di Roma, i bambini ricoverati per malattie respiratorie guariscono più in fretta dopo aver giocato con i clown. Recentemente anche Stephen King ha preso le difese dei clown, invitando le persone a non spaventarsi per via degli avvistamenti di pagliacci minacciosi negli Stati Uniti e ricordando che normalmente i clown sono benintenzionati e vogliono solo divertire i bambini e far ridere le persone.
Hey, guys, time to cool the clown hysteria–most of em are good, cheer up the kiddies, make people laugh.
— Stephen King (@StephenKing) October 3, 2016