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  • Sabato 15 ottobre 2016

L’Arabia Saudita dipende ancora troppo dal petrolio

Nonostante le misure di austerità introdotte dal governo, che negli ultimi anni ha provato a far crescere l'economia con enormi investimenti pubblici

di Vivian Nereim e Zainab Fattah – Bloomberg

Il ministro della Difesa dell'Arabia Saudita Muhammad bin Salman prima di un incontro con il presidente francese François Hollande a margine del G20 di Hangzhou, in Cina, il 4 settembre 2016 (STEPHANE DE SAKUTIN/AFP/Getty Images)
Il ministro della Difesa dell'Arabia Saudita Muhammad bin Salman prima di un incontro con il presidente francese François Hollande a margine del G20 di Hangzhou, in Cina, il 4 settembre 2016 (STEPHANE DE SAKUTIN/AFP/Getty Images)

Il primo anno del programma dell’Arabia Saudita per ridurre la sua dipendenza dal petrolio potrebbe produrre l’effetto contrario. Secondo alcuni analisti una serie di misure introdotte per ridurre la spesa pubblica potrebbe portare alla recessione la parte di economia saudita non legati al petrolio: la conseguenza è che l’eventuale crescita complessiva dell’economia sarà largamente dovuta al picco della produzione del greggio.

Nelle ultime due settimane l’Arabia Saudita ha rafforzato i suoi tentativi di gestire le conseguenze del crollo del prezzo del petrolio: sono stati sospesi i bonus e ridotte le indennità per i dipendenti del governo, lo stipendio dei ministri è stato tagliato del 20 per cento e la Banca centrale del paese ha detto che sta immettendo circa 20 miliardi di riyal (4,8 miliardi di euro) nel sistema bancario per contrastare la contrazione della liquidità. L’austerità aiuterà l’Arabia Saudita a ridurre il deficit di bilancio, che l’anno scorso aveva raggiunto il 16 per cento del PIL del paese, ma probabilmente aumenterà il rallentamento dell’economia in un periodo in cui i consumi stanno diminuendo. Secondo uno studio condotto da Bloomberg quest’anno l’economia dell’Arabia Saudita crescerà dell’1,1 per cento, mentre sia Capital Economics che BNP Paribas prevedono per il paese la prima contrazione dal 2009. «Il peso sulle famiglie sta aumentando sempre di più», ha detto Jason Tuvey, economista responsabile del Medio Oriente della società Capital Economics di Londra.

Pessimismo

Il pessimismo crescente per le prospettive a medio termine dell’Arabia Saudita evidenzia le difficoltà che deve affrontare il principe Muhammad bin Salman, l’ideatore della nuova politica economica saudita e ministro della Difesa del paese, nel cercare di preparare il paese all’emancipazione dal petrolio senza provocare una reazione negativa da parte di una popolazione abituata alla generosità dello stato. Già prima di annunciare il suo programma “Vision 2030” ad aprile, il governo aveva aumentato il prezzo di carburante e utenze. Secondo alcune persone informate sulla questione ora starebbe valutando dei piani per cancellare progetti per oltre 18 miliardi di euro. Il Fondo Monetario Internazionale prevede che nel 2017 il deficit di bilancio saudita scenderà sotto al 10 per cento del PIL. Mercoledì 5 ottobre la Banca nazionale commerciale dell’Arabia Saudita, il più grande istituto di credito del paese per risorse, ha diffuso un rapporto in cui dice di prevedere che un andamento economico del terzo trimestre in perdita. Le «previsioni deboli» hanno spinto anche diverse aziende a non quotarsi in borsa.

I politici dell’Arabia Saudita stanno cercando di smorzare le conseguenze negative dell’austerità. La banca centrale ha ordinato agli istituti di credito di ristrutturare i debiti che i sauditi non sono più in grado di sostenere. Durante un’intervista con Bloomberg di aprile, bin Salman ha detto che il governo sta elaborando un meccanismo per erogare liquidità ai cittadini a basso e medio reddito che dipendono dai sussidi.

Contrazione

La probabile contrazione del PIL saudita non legato al petrolio di quest’anno interromperà un periodo in cui la sua quota nell’economia complessiva del paese è aumentata stabilmente, arrivando nel 2015 a superare il 55 per cento, secondo dati ufficiali. La crescita, tuttavia, era stata alimentata dalla spesa pubblica, che a sua volta dipendeva dalle entrate derivanti dalle esportazioni di idrocarburi per gli investimenti in progetti infrastrutturali e la creazione di posti di lavoro pubblici per i cittadini sauditi. Per questo motivo i tagli alla spesa sono stati così dolorosi. Se da una parte il PIL non legato al petrolio è cresciuto dello 0,4 per cento nel secondo trimestre di quest’anno, dopo la contrazione dei tre mesi precedenti, nel settore privato non c’è stata attività. «Con i tagli alla spesa pubblica e le riforme fiscali, per quest’anno non vediamo da dove possa arrivare la crescita nei settore non legato al petrolio», ha detto Monica Malik, economista capo della Abu Dhabi Commercial Bank.

Ad aprile bin Salman ha riconosciuto gli ostacoli a breve termine per la crescita dell’Arabia Saudita. «Nei primi anni non ci aspettiamo crescita perché sono gli anni delle riforme, ma per gli anni successivi ci aspettiamo una crescita molto alta», ha detto. I piani di bin Salman prevedono di aumentare il numero di cittadini sauditi che cercano un lavoro nel settore privato del 50 per cento entro il 2020, una quota maggiore rispetto al «valore di riferimento regionale» del 40 per cento. L’Arabia Saudita punta anche a vendere quote di molte aziende pubbliche.

Impatto duro

Se da una parte i benefici delle riforme strutturali si faranno sentire sul lungo periodo, il loro impatto nel breve sarà «duro», ha detto Simon Williams, economista capo responsabile dell’Europa centrale e orientale, Medio Oriente e nord Africa di HSBC Holding. Quest’anno l’indice di riferimento Tadawul All Share è sceso del 18,5 per cento, il terzo peggior risultato tra gli oltre 90 indici globali esaminati da Bloomberg. L’indice MSCI Emerging Markets è invece salito del 15,4 per cento.

Mohamed Abu Bash, il vicepresidente per la ricerca della banca d’investimento EFG Hermes, che vive al Cairo, ha detto di aspettarsi che il PIL saudita non legato al petrolio subisca una contrazione nel terzo trimestre e «probabilmente» anche negli ultimi tre mesi del’anno. «La recente decisione di congelare gli aumenti agli stipendi l’anno prossimo ovviamente avrà un effetto maggiore sulla crescita del 2017, in un clima che non era già dei migliori», ha scritto in un’email Abu Basha. L’aumento del prezzo del petrolio sarebbe d’aiuto, ma «50 dollari al barile non bastano ancora», ha detto Williams di HSBC. «Gli utili a questo livello non risuscitano l’economia, ma indicano soltanto il ritmo del peggioramento».

© 2016 – Bloomberg