La bufala del questionario britannico
Alcuni giornali e siti di news, con la complicità di un nazionalismo da social network, hanno creato un caso diplomatico equivocando una cosa normalissima
Nella giornata di mercoledì c’è stata una piccola agitazione giornalistico-social intorno a un preteso “caso” che ha generato proteste e indignazioni che a una lettura più attenta si sono dimostrate esagerate e fuori luogo – basate su una notizia falsa – ma che hanno generato conseguenze interessanti e preoccupanti. Alcuni giornali e siti di news hanno dato molto spazio alla segnalazione di un questionario linguistico distribuito ai ragazzi da certe scuole britanniche per conoscere la loro lingua prioritaria, in un paese di estesa e varia immigrazione. Tra le lingue indicate – tantissime – anche molte declinazioni regionali di lingue nazionali, e per l’Italia il napoletano, il siciliano, il sardo, dialetti che è capitato che i figli di immigrati usassero più frequentemente.
L’elenco delle lingue è uno standard usato internazionalmente per i contesti più diversi: basti dire che le stesse lingue – compreso sardo, napoletano, eccetera – sono persino nelle scelte di lingua degli iPhone (Preferenze-Generali-Lingua e Zona).
Ma ignari di questo, alcuni giornalisti hanno confuso la normale richiesta linguistica contenuta nei moduli britannici con una classificazione “etnica” (che esiste, ma su “etnie”, appunto, classificate diversamente e in numero assai più limitato e generale) e hanno associato alla presunta scoperta scandalo e indignazione per quella che hanno sostenuto essere una sorta di “profilazione razzista” di cui non si capiva quali fossero peraltro gli effetti discriminatori.
Lo stesso ambasciatore italiano ha infatti spiegato che la distinzione ha un “obiettivo positivo”: e la scelta di quei particolari dialetti rispetto ad altri deriva da una valutazione storica di quelli più frequenti tra i bambini iscritti. Ma ne è montata – alimentata anche da meccanismi di piccolo nazionalismo – una polemica in cui mercoledì siti di news e utenti dei social si sono alimentati a vicenda (con grande risalto del “caso” in molti programmi radiofonici e televisivi della giornata), fino a ottenere – pare – delle scuse ufficiali dalle autorità pertinenti: scuse rispetto a una pratica che vige per molte altre lingue e nazionalità, per ragioni di maggiore efficienza delle scuole nel conoscere le esigenze dei bambini iscritti. Scuse che raccontano a che punto può arrivare la pressione intimidatoria di media e internet, e il timore di gogna online da parte persino di istituzioni importanti, che rinunciano a opporre le loro ragioni.
Il sito Valigia Blu e il Foglio hanno ricostruito la storia, attingendo a un post di Paolo Attivissimo che era stato il primo a cercare di spiegarla accuratamente.
Schedati, ghettizzati, emarginati, discriminati. È dura la vita degli italiani nel Regno Unito post Brexit, secondo alcuni giornali italiani. A scatenare l’indignazione quotidiana sono i nuovi moduli per l’iscrizione alle scuole, con le linee guida del ministero dell’Istruzione di Sua Maestà per gli allievi con una lingua madre diversa dall’inglese. Sotto la dicitura “Italiano” ci sono infatti “Italiano altro”; “Italiano napoletano” e “Italiano siciliano”. Scatta la polemica sui social e l’ambasciatore Terracciano, che probabilmente preferirebbe fare altro, scrive al Foreign Office. “Iniziative locali – rassicura però i cronisti italiani il diplomatico (nato a Napoli) che ieri ha incassato delle scuse da Londra – motivate probabilmente dall’intenzione d’identificare inesistenti esigenze linguistiche particolari e garantire un ipotetico sostegno”. Buone intenzioni però “involontariamente discriminatorie, oltre che offensive per i meridionali”.
(continua a leggere sul Foglio)
«Questo mercoledì politici e giornalisti italiani si sono indignati dopo essere venuti a conoscenza di “un questionario per schedare gli studenti napoletani – e siciliani – in Inghilterra”, come riporta il Corriere del Mezzogiorno. Il primo quotidiano ad accorgersene è stato il Messaggero che già da sabato si mostrava critico con “la burocrazia di Sua Maestà”:
«Lei è italiano, siciliano o napoletano?». Questa richiesta della burocrazia di Sua Maestà ha fatto storcere il naso a molti connazionali che vivono oltre Manica. E in tanti, dopo l’estemporanea iniziativa degli uffici pubblici inglesi del dopo Brexit, ancora si chiedono se si tratta di una forma di sondaggio voluto proprio per evitare che vi siano discriminazioni o una paurosa gaffe etnica».Sul Corriere della Sera ci si chiede se “siamo di fronte a una manifestazione di stupidità o di ignoranza”, o addirittura “molto peggio”. La notizia riportata dal corrispondente a Londra del Corriere è sicuramente preoccupante: “in alcune scuole del Regno Unito, all’atto dell’iscrizione, occorre passare dalle forche caudine della classificazione etnica”. E se a metà dell’articolo il giornalista conserva ancora qualche riserva: “dabbenaggine o ignoranza?”, nella conclusione del suo pezzo i dubbi sembrano essersi dissipati: “più semplicemente, forse, è solo scarsa o nulla conoscenza della storia da parte di chi rivendica il suo glorioso passato imperiale. Insomma, discriminazione per ignoranza”.
La notizia è confermata pure da Repubblica, che si domanda a fine articolo se dietro a questa “iniziativa per stabilire la provenienza etnica” dei bambini non ci sia “qualche funzionario britannico animato dallo spirito di Brexit”. Secondo il Sole 24 Ore, si tratterebbe di “moduli che in uno sbalzo di creatività s’inventano italiani-napoletani e italiani-siciliani”. Anche La Stampa si affida al sarcasmo: “In realtà mancavano soltanto il ritratto del Padrino e un piatto di spaghetti accanto alle scritte per rendere ancora più chiaro il tentativo «a fin di bene» di non discriminare”.
Come è comprensibile, da quando hanno saputo che “Londra isola i bambini italiani”, i giornalisti del Giornale sono sotto “choc”.