Il guaio delle tv distribuite gratis in Messico
Il governo è accusato di corruzione e poca trasparenza nella gestione dell'operazione con cui ha regalato 10,5 milioni di televisori ai più poveri
Due anni fa il governo messicano del presidente Enrique Peña Nieto avviò un esteso programma chiamato “Moving Mexico”, finalizzato a modernizzare diversi settori dell’economia e della società messicane. Una delle iniziative più discusse fu la consegna gratuita di 10,5 milioni di televisori a schermo piatto alle fasce più povere della popolazione: un programma dal valore di 1,3 miliardi di dollari, che tra le altre cose aveva lo scopo di permettere a tutta la popolazione di poter continuare a vedere la televisione anche dopo il passaggio dal segnale analogico a quello digitale, che avvenne nel dicembre 2015. La consegna dei nuovi televisori digitali da 24 pollici fu accompagnata da accuse di corruzione rivolte al governo, di cui si è tornato a parlare nelle ultime settimane. Secondo alcune fonti del Wall Street Journal, l’intero processo sarebbe stato condizionato dall’assegnazione di un appalto senza concorso regolare e dal pagamento di tangenti ai funzionari pubblici incaricati di occuparsi del programma. L’intera faccenda, oltre a mettere in imbarazzo i coinvolti, potrebbe pesare ulteriormente sugli indici di consenso di Peña Nieto, il presidente del Messico più impopolare degli ultimi 25 anni.
Il programma di consegna gratuita dei televisori fu avviato con la pubblicazione di un bando. Il bando per la produzione e la distribuzione di circa due terzi degli apparecchi fu vinto dalla Comercializadora Milenio SA (venditore all’ingrosso locale) e dalla sua consociata Diamond Electronics SA (produttrice di televisori), e risultarono perdenti diverse aziende molto grandi e note che operano nel settore in Messico. Secondo quanto scritto dal Wall Street Journal, il problema è che le altre aziende non erano disposte a pagare le tangenti richieste dal governo per farsi affidare l’appalto di produzione e distribuzione delle televisioni, come invece aveva accettato di fare Diamond. Ci furono poi altre operazioni all’apparenza non del tutto trasparenti: per esempio il governo concesse delle deroghe a Diamond riguardo al pagamento delle tasse di importazione sui materiali per la produzione di televisioni; Diamond ricevette un finanziamento da una banca gestita dallo stato, necessario per fare l’investimento nel progetto. Inoltre, l’ultima parte del programma fu affidata senza passare da un bando.
Nel piano annunciato dal governo, la consegna delle televisioni alla popolazione avrebbe dovuto finire nell’estate 2015. Prima della scadenza, verso la fine di novembre, ci fu un ultimo ordine, con relativa consegna, che si rese necessario per completare il programma quando mancavano poche settimane alla conversione del segnale da analogico a digitale. Per quest’ordine non venne però fatto alcun bando: la produzione di circa 460mila apparecchi fu assegnata direttamente alla Diamond.
Il governo messicano ha negato tutte le accuse. Ha detto che le aziende produttrici di televisioni concorrenti di Diamond, tra cui Samsung Electronics Co., furono scartate dal bando perché i modelli da loro proposti non avevano le caratteristiche richieste. Il governo ha anche detto di avere tutti i resoconti della gara d’appalto che mostrerebbero la correttezza delle sue scelte. Gli oppositori di Peña Nieto hanno però accusato il governo di avere promosso un programma troppo costoso: acquistando lo stesso numero di decoder digitali da collegare a vecchie televisioni, hanno detto, si sarebbe ottenuto lo stesso risultato spendendo un terzo. Già in passato il Partito rivoluzionario istituzionale (PRI, il partito di Peña Nieto) era stato accusato di corruzione e scelte poco trasparenti. Negli ultimi anni il debito pubblico del Messico è cresciuto passando dal 38 al 50 per cento del PIL.